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Packaging: materiali ecocompatibili, design innovativi, tecnologie intelligenti

ll packaging del futuro unisce sostenibilità e tecnologia: materiali bio-based e imballaggi intelligenti, capaci di interagire con l’ambiente, migliorano sicurezza e impatto ambientale. Sfide aperte su costi e scalabilità, ma l’innovazione accelera verso soluzioni sempre più efficienti e circolari.

Il packaging di nuova generazione integrerà materiali sostenibili e tecnologie innovative. I nuovi materiali e le nuove tecnologie permettono all’imballaggio di percepire e reagire ai cambiamenti dell’ambiente in cui si trova e a eventuali variazioni intervenute nel prodotto confezionato.

Questo trend non trascura la sostenibilità declinata in nuovi materiali sempre più bio-based, riciclabili, riutilizzabili e biodegradabili.

Imballaggi e ambiente

La progettazione di un packaging sostenibile richiede un approccio olistico che comprenda protezione del prodotto, circolarità, attenzione per l’ambiente, fattibilità in termini di produzione dell’imballaggio stesso, macchinabilità sulle linee di confezionamento, fruibilità da parte del consumatore, informazione corretta e veritiera.

Molteplici organizzazioni internazionali hanno elaborato standard, linee guida e best practice che aiutano a rendere il packaging più sostenibile.

Tra i riferimenti più noti ci sono l’ONU con gli SDG – Sustainable Development Goals; la Commissione europea con regolamenti e direttive; ISO e ASTM con standard relativi all’imballaggio e all’ambiente; The Ellen MacArthur Foundation che patrocina l’economia circolare; Green Seal che sviluppa standard ambientali.

Particolarmente dettagliate sono le definizioni di imballaggi sostenibili messe a punto da Sustainable Packaging Alliance (SPA) – Australia e da Sustainable Packaging Coalition (SPC) – USA.

La prima fonda la sostenibilità del packaging su quattro principi: efficacia, efficienza, ciclicità e sicurezza.

L’efficacia è insita nella capacità dell’imballaggio di apportare valore alla società, contenendo e proteggendo efficacemente i prodotti lungo la filiera e supportando un consumo informato e responsabile.

L’efficienza è declinata in una progettazione che guardi all’utilizzo di materiali ed energia nel modo più efficiente possibile durante l’intero il ciclo di vita del prodotto. La ciclicità è basata su riciclo e riutilizzo.

La sicurezza sottolinea che gli imballaggi non devono presentare rischi per la salute umana e per gli ecosistemi.

La definizione di imballaggio sostenibile della Sustainable Packaging Coalition (SPC) – USA parte invece dalla necessità di ottimizzare la gestione delle risorse finite della Terra, a beneficio delle generazioni attuali e future.

L’imballaggio è sostenibile quando, in ogni fase del proprio ciclo di vita è utile, sicuro non danneggia salute e ambiente.

La sua progettazione è mirata al minor spreco possibile di energia e materiali dando quindi priorità a riciclo e fonti rinnovabili.

Il materiale è prodotto secondo best practice, impiegando tecnologie pulite; è trasportato e riciclato utilizzando energia rinnovabile, è recuperato e riutilizzato in modo efficace nei cicli biologici e/o industriali.

Infine, la sua sostenibilità copre l’intera catena del valore, includendovi anche quanto si aspetta il mercato in termini di prestazioni e costi.

I vantaggi della sostenibilità sono noti: adempimento di obblighi etici e morali, eliminazione degli sprechi, coinvolgimento dei consumatori trasformati da semplici acquirenti a soggetti attivi nel percorso di sostenibilità, creando un ampio impatto positivo.

Le difficoltà sono altrettanto note: produrre packaging di qualità è di per sé una sfida, garantire che sia progettato e prodotto secondo i criteri sopra citati aggiunge complessità.

Per prevenire un enorme spreco di risorse è necessario investire in ricerche davvero in grado di trasformare la realtà e che portino quindi a nuovi materiali realmente ottenibili e utilizzabili su scala industriale, superando gli attuali limiti alle forme e ai colori utilizzabili.

Ad esempio, il bianco candido è difficile da ottenere usando carta riciclata o bioplastiche.

Ulteriori ostacoli sono la ristretta cerchia di fonti di approvvigionamento dei materiali innovativi, le incertezze di un mercato dove molti dichiarano di essere disposti a pagare un di più per tutelare l’ambiente, ma questo proposito è raramente messo in pratica al momento dell’acquisto.

La non rispondenza tra la percezione di sostenibilità del prodotto da parte del consumatore e quanto è attestato dagli studi di LCA.

Plastiche degradabili

Dando per assodate le caratteristiche di riciclabilità delle diverse tipologie di materiali, l’attenzione di legislatori e ricercatori si è finora concentrata su soluzioni volte alla sostituzione della plastica ottenuta da combustibili fossili. Le strade percorse sono due plastiche biodegradabili e bioplastiche.

I consumatori e spesso anche le aziende non hanno ben chiare le differenze tra questi materiali.

Le plastiche biodegradabili si degradano in natura ma possono essere state ricavate da combustibili fossili o da bioplastiche.

Le bioplastiche hanno una base biologica e in dipendenza della loro struttura chimica possono essere biodegradabili o non biodegradabili.

Secondo la Direttiva n. 904 /2019/UE è biodegradabile la plastica in grado di subire una decomposizione fisica e biologica grazie alla quale si degrada entro sei mesi in biossido di carbonio (CO2), biomassa e acqua, ed è, secondo le norme europee in materia di imballaggi, recuperabile mediante compostaggio e digestione aerobica o anaerobica.

Sono compostabili i materiali che dopo la degradazione possono essere utilizzati come compost. La compostabilità è una forma specifica di biodegradazione che può avvenire in impianti di compostaggio industriale o domestico, in questo caso la biodegradabilità è una condizione necessaria ma non sufficiente.

La norma che specifica i requisiti e i procedimenti per determinare le possibilità di compostaggio degli imballaggi e dei materiali da imballaggio è la UNI EN 13432.

Per valutare la compostabilità di un materiale è necessario controllare i seguenti parametri: caratteristiche del materiale, biodegradabilità, disintegrabilità fisica, qualità del compost, assenza di effetti negativi sul processo di compostaggio, verificata con una prova di ecotossicità sul compostaggio in scala pilota.

Le plastiche degradabili non sono biodegradabili o compostabili, ma hanno tra i componenti additivi chimici che consentono loro di decomporsi più rapidamente di quanto farebbero materiali privi di tali additivi.

Le plastiche oxodegradabili sono definite dalla Direttiva n. 904/2019/UE. Sono materie plastiche contenenti additivi che attraverso l’ossidazione ne comportano la frammentazione in microframmenti o la decomposizione chimica.

I biopolimeri

La ricerca di potenziali sostituti delle plastiche tradizionali è da anni focalizzata su biopolimeri, materiali ricavati da fibre vegetali e materiali biofabbricati ossia prodotti da cellule viventi o microrganismi come batteri, lieviti e miceli fungini.

Lo sviluppo di biopolimeri ricavati da biomasse è un’opportunità strategica per il settore packaging.

Le fonti sono note: acido polilattico, polidrossialcanoati, polisaccaridi (chitosano), nanocellulosa, alghe (alginato, carragenina, agar), gli scarti di papaya, polvere di buccia di melograno, aloe vera.

Le molecole più studiate sono amidi e amilosio ricavati da mais, orzo, patate, grano e la cellulosa proveniente dagli scarti dell’industria dello zucchero.

Si intensifica anche la ricerca di materiali a base di caseina e dei materiali provenienti dalla canapa, in particolare filamenti ritenuti utili per la stampa 3D. Un ulteriore passo avanti riguarda la possibilità di riciclare i polimeri ottenuti da biomasse.

Da diversi anni si lavora anche alla biofabbricazione, ossia alla produzione di biomateriali tramite organismi viventi, in grado di generare nuova materia sostenibile, dove si includono composti biosintetici e materiali bioassemblati.

I materiali biosintetici sono polimeri sintetici costituiti in tutto o in parte, da composti bio-derivati o bio masse e/o processati da un microrganismo vivente in genere tramite fermentazione. Le cellule trasformano molecole semplici in molecole complesse.

Un materiale bioassemblato è una struttura su macroscala che è stata coltivata in laboratorio direttamente da microrganismi viventi come micelio o batteri.

Esempi già applicati in ambito industriale sono la cellulosa batterica o gli imballaggi ottenuti a partire da micelio fungino.

La cellulosa batterica è un materiale sintetizzato naturalmente da diverse specie di Acetobacter attraverso la fermentazione batterica.

Ha la stessa struttura chimica della cellulosa vegetale e proprietà fisiche, chimiche e meccaniche altrettanto interessanti: elevata superficie, buona ritenzione idrica, elasticità, elevata resistenza e formabilità.

La purezza, la cristallinità e il contenuto di acqua molto elevati, sono le ragioni della sua ampia gamma di potenziali applicazioni e tra queste la possibilità di impiegarla come sostituto dei materiali di imballaggio in plastica monouso. Incorporando nella struttura alcune proteine di soia e rivestendola con un composto resistente all’olio, si ottiene un packaging per alimenti, trasparente, robusto, edibile, biodegradabile in due mesi.

Gli imballaggi ottenuti da micelio fungino sono già realtà. Il micelio cresce in laboratorio su substrati nutritivi a base di pula, lolla di riso o altri scarti vegetali. Il composto così ottenuto è poi inserito in stampi dove continua a crescere fino a raggiungere la forma prevista.

Il materiale risulta resistente e flessibile ed è finora utilizzato negli imballaggi da trasporto in sostituzione del polistirolo.

Industrializzare un processo biologico richiede tempo, renderlo scalabile è altrettanto complicato.

In alcuni casi i materiali di origine biologica diversi da quelli sopra citati poco si adattano alla standardizzazione necessaria comparto packaging.

Ad oggi alcuni biomateriali (bio-based o biofabbricati) sono trattati con finiture o additivati con filler non naturali per aumentarne le prestazioni e la durata. Questi trattamenti possono comprometterne il fine vita.

È fondamentale supportare le scelte di applicabilità dei materiali adottando strategie di ecodesign e analisi LCA.

Internet del packaging

Una seconda innovativa via percorsa dal settore packaging è l’imballaggio interattivo capace di raccogliere e trasmettere informazioni.

I sistemi IoP (Internet of packaging) tramite codici QR, sensori e chip RFID monitorano e regolano le interazioni tra mondo fisico e mondo digitale in azienda, lungo la filiera distributiva, e presso i consumatori.

L’evoluzione dei sistemi di interazione con il packaging si è nel tempo spostata dai codici a barre, ai codici QR, agli identificatori digitali passivi come RFID, fino a giungere ad universi digitali più complessi guidati da tag NFC.

I sensori Internet of packaging, se la sicurezza del prodotto lo richiede, tracciano le variazioni di temperatura e umidità durante la conservazione, indicano indebite aperture delle confezioni captando anomale esposizioni alla luce durante lo stoccaggio e il trasporto.

La radiofrequenza wireless garantisce la completa tracciabilità del prodotto lungo l’intera filiera distributiva, a beneficio di sicurezza, efficienza della gestione dell’inventario e delle consegne, riducendo le perdite e il danneggiamento.

L’interattività permette al consumatore di avere informazioni aggiuntive sul prodotto, sul suo utilizzo ed eventuali promozioni.

L’integrazione di tecnologie come IoP (Internet of Packaging)

IoT (Internet of Things), edge computing, cloud, intelligenza artificiale, migliora l’efficienza dell’intera catena del valore del packaging.

IoP (Internet of Packaging) e Internet of Things (IoT) raccolgono i dati, i sistemi 5G garantiscono connessioni costanti e alte velocità di upload e download, l’intelligenza artificiale, che si auto-alimenta, si corregge e si consolida, estrae ed elabora le informazioni facilitando il processo decisionale.

Il sistema deve essere dotato di misure di sicurezza informatica per proteggersi da hacker, phishing , furti e intercettazione passiva dei dati, interruzione distribuita del servizio causata dal tempestare di richieste il sistema, fino a renderlo irraggiungibile, clonazione e virus.

Il dover integrare soluzioni di imballaggio intelligenti con componenti informatiche basati su tecnologie obsolete ma ancora funzionanti, è uno degli ostacoli all’adozione diffusa di questi sistemi.

Altri ostacoli sono alti costi di applicazione di queste tecnologie agli imballaggi e talvolta difficoltà nel riciclo degli stessi.

La mancanza di standard universali e la necessità di disporre di personale specializzato in grado di implementare, monitorare e gestire il sistema, sono ulteriori barriere all’ingresso.

Il ruolo dell’intelligenza artificiale

L’Intelligenza artificiale aiuta il progettista a fondere gli imballaggi tradizionali con i miglioramenti digitali, creando manufatti visivamente sorprendenti e tecnologicamente avanzati con funzionalità interattive, tocchi personalizzanti o messaggi di sostenibilità. Il design dell’imballaggio rafforza così il proprio il ruolo di strumento di fidelizzazione al marchio.

I dati raccolti tramite Internet of Packaging possono essere utilizzati per la progettazione di nuovi imballaggi con il supporto dell’intelligenza artificiale.

Gli obiettivi da raggiungere sono quelli già citati: miglioramento dell’esperienza utente declinata attraverso funzionalità, sicurezza, inviolabilità del contenitore, processabilità sulle linee di confezionamento, riduzione dell’impatto ambientale, monitoraggio in tempo reale lungo l’intera filiera.

Il punto di partenza sono i materiali compatibili con i prodotti e le linee di confezionamento, i dati che li contraddistinguono, il contesto socio – culturale dove il prodotto sarà distribuito, il grado di personalizzazione atteso negli acquisti presso il punto vendita o online.

In questo ultimo caso l’intelligenza artificiale, oltre a inviare messaggi al cliente, aiuta a creare etichette e confezioni “su misura” che rendono speciale l’unboxing potenziando la visibilità del marchio qualora il destinatario decidesse di condividere l’esperienza sui social.

Se abbinata a sensori sulle linee di produzione l’intelligenza artificiale può contribuire a rilevare difetti o contaminazioni durante il confezionamento. Emergono inoltre le grandi potenzialità del design generativo che consente ai progettisti di creare migliaia di alternative in modo rapido ed efficiente per poter scegliere le soluzioni migliori. Per esempio selezionando la migliore opzione che bilanci estetica, funzionalità e sostenibilità.

Altri algoritmi ottimizzano il layout dei prodotti nelle confezioni sfruttando al meglio lo spazio e riducendo gli sprechi di materiale.

L’intelligenza artificiale lavora anche sui processi di approvvigionamento: previsione della domanda, ottimizzazione degli inventari, gestione delle scorte di magazzino e nei processi logistici, riduzione delle emissioni associate al trasporto.

Il disporre non solo dei dati tecnici, ma anche dei dati relativi all’interazione tra contenitore e consumatore induce il progettista a ragionare su fattori che superano i confini fisici della confezione. Si ottengono così imballaggi che oltre a svolgere il loro abituale ruolo trasmettono un senso di esclusività e di connessione con il marchio.

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