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Canva: il servizio anti-stampa

Canva
Canva - Home Page

Ogni anno Canva fa registrare un incremento di utenti e servizi senza uguali: scopriamo pregi e difetti del web tool più utilizzato dai professionisti.

Questo articolo nasce dopo l’analisi di un trend in continua crescita all’interno della prestampa in cui opero; l’aumento dei file inviati dai committenti che non rispettano i requisiti minimi del mio workflow mi ha messo in allarme e avviato una serie di controlli che mi ha portato ad un unico “colpevole”: quasi tutti i PDF erano stati generati da Canva. Questo spunto vuol essere un documento condiviso per gli operatori e un monito per i creativi meno esperti.

Lo sviluppo di Canva

Quando nel 2007 la fondatrice, l’australiana Melanie Perkins, iniziava a porre le basi per Canva, nessuno avrebbe scommesso che in pochi anni sarebbe diventato un servizio usato da milioni di persone in tutto il mondo. La sfida, in parte vinta dal team di sviluppo, era quella di creare un software semplice e immediato, che rispondesse alla difficoltà di alcuni studenti nell’apprendere i fondamenti di Photoshop e InDesign. In principio Canva si posizionò proprio nella fascia di mercato dedicata agli appassionati e ai neofiti, come uno dei tanti software dedicato a chi, a corto di idee e software, cercava un applicativo gratuito per dar sfogo alla propria creatività. Lo sviluppo costante della piattaforma si è concretizzato in un portale che oggi si rivolge anche ai professionisti della stampa, che possono ordinare i propri lavori in classico stile web to print. Ad onor del vero, dopo l’analisi dei file creati da Canva, questo ultimo aspetto sembra decisamente essere la nota dolente di un servizio altrimenti impeccabile.

Cosa è oggi Canva?

Canva oggi è un portale che permette di creare grafiche per social e web partendo da set di elementi messi a disposizione dai numerosi database ad esso collegati. Non solo poster o flyer ma anche una serie di oggetti multimediali che comprendono, ad esempio, infografiche, video, piccole animazioni e immagini per social media. L’acquisizione recente di portali come Pexels e Pixabay, conosciuti per essere tra le banche fotografiche gratuite più utilizzate dai grafici e fotografi, ha lanciato Canva nel panorama della creatività come un unico tool che unisce la disponibilità pressoché infinita di elementi alla facilità di esportazione nei formati corretti a seconda della destinazione. La possibilità di avere uno spazio di archiviazione personale e la gestione multipiattaforma ne hanno rafforzato la leadership, tanto da mettere l’utente in condizione di passare a formule di abbonamento che aumentano la disponibilità di lavoro e offrono un ambiente unico e personalizzabile.

Il servizio di stampa, integrato negli ultimi anni, sta crescendo a ritmi elevati e, nonostante i prezzi non siano in linea con gli stampatori online, l’utente medio preferisce acquistare all’interno di Canva per un’esperienza globale che in pochi click ti porta dalla realizzazione della grafica alla sua realizzazione cartacea.

L'esportazione PDF da Canva
L’esportazione PDF da Canva

Quello che mi ha colpito è che il processo non è chiuso in se stesso: la possibilità di esportare gratuitamente un “PDF per la stampa” (sia in alta qualità che compresso), con crocini e margini inseriti automaticamente, permette all’utente di cercare una soluzione di stampa oltre Canva. Qualcuno di questi file è appunto passato per i miei workflow digitali e non con risultati poco rassicuranti.

L’analisi dei file

Eliminando le variabili riconducibili ad un uso errato del servizio, ho provato ad analizzare un PDF per la stampa partendo da uno dei template gratuiti offerti da Canva. La verifica preliminare di Adobe Acrobat non lascia spazio ai dubbi, gli errori sono molteplici sia di costruzione del PDF che di progettazione della grafica. Salta subito agli occhi la mancanza di intento di output all’interno del è questo è già un primo errore che può compromettere la riproduzione cromatica del progetto. Le immagini, spesso inserite nei documenti in riduzione e senza alcuna possibilità di conversione, non hanno profili incorporati. Nessuna opzione per la gestione della copertura di inchiostro, delle compressioni immagini o della personalizzazione dei marchi. Il PDF è esportato con versione 1.4, assolutamente non in linea con nessuno standard di stampa previsti dal PDF/X (ad oggi, la compatibilità con Acrobat 9/10 richiede un PDF 1.7+). I font incorporati sono Type 0. Ulteriori conferme arrivano anche utilizzando il preflight con strumenti dedicati come Enfocus e Callas: seguendo le specifiche GWG (simulando due ipotetici output, offset e digitale) in questo caso a mancare sono anche alcuni dati di struttura del PDF.

Gli errori riscontrabili nei PDF esportati da Canva non sono solo di natura tecnica. Le abbondanze, aggiunte automaticamente in fase di salvataggio, non sono omogenee e coerenti con la grafica (fig. 01). I colori selezionabili all’interno di Canva contemplano solo con codici esadecimali, non proprio un metodo ideale per chi si occupa di stampa. Nessuna opzione per la gestione delle tinte piatte ne colori Pantone, come prevedibile.

Conclusione

La conclusione è impietosa: benchè Canva possa essere un esempio di business vincente, non può considerarsi un software professionale per la realizzazione di progetti dedicati alla stampa. C’è da chiedersi quale sia la gestione dei flussi che portano alla realizzazione degli stampati: alle molteplici richieste di chiarimento, nessuna risposta è pervenuta da Canva che ad oggi non spiega ne quali attrezzature sono usate ne i metodi di elaborazione dei file. Il servizio è ben lontano dal soddisfare le richieste di un pubblico più tecnico, soprattutto quello che punta alla coerenza cromatica e alla riproducibilità nel tempo. Resta tuttavia un ottimo strumento per hobbysti o poco più: se siete a corto di idee per la prossima cartolina di Natale o avete bisogno di una grafica non personalizzata per l’utilizzo sui social network, forse Canva può fare al caso vostro.


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My Creative Toolkit, il portale per i professionisti della comunicazione

My Creative Toolkit

La trasformazione digitale è in atto. Mai come in questo periodo stiamo affrontando il cambiamento tecnologico con iniziative mirate e funzionali. In questa direzione, le richieste e la predisposizione a nuovi tools da parte dei tecnici della comunicazione, sono specifiche e assolutamente user oriented: c’è bisogno di strumenti pratici e a misura d’uomo, che aiutino nelle problematiche ordinarie.

Per avere un esempio concreto, basta pensare alle piattaforme di e-learning, di didattica a distanza e di meeting. Quello che fino a qualche mese fa poteva sembrare lontano, oggi si chiama smart working (o meglio le sue varianti remote e flexible) ed è frutto di un rinnovato uso delle applicazioni esistenti e della loro distribuzione più capillare. E anche iniziative come quella promossa dal governo attraverso la piattaforma Solidarietà Digitale, è una chiara dimostrazione dell’importanza di questo nuovo modo di concepire il lavoro.

Ai sistemi esistenti si sono aggiunti diversi nuovi progetti e, tra quelli nati di recente, una menzione particolare va a My Creative Toolkit, un portale nato dall’ingegnoso Simone Checchia, graphic e web designer, che raccoglie oltre 100 tools free utili per chi si occupa di comunicazione stampata e digitale. Ci ha incuriosito la nuova sezione dedicata alla stampa e alla prestampa e abbiamo deciso di intervistarlo per scoprire i motivi della sua iniziativa.

Chi è Simone Checchia?

Sono l’ideatore di My Creative Toolkit. Creative designer con particolare attitudine al web, al branding e alla comunicazione visiva, da diversi anni lavoro in ambito digitale. Sono anche docente di User Interface design per un Adobe Training Center specializzato in FAD e sono tra gli amministratori di Roba da Grafici, la più grande community italiana sul design. I suoi articoli e contenuti sono seguiti, infatti, da oltre 150.000 designer.

Come nasce il progetto My Creative Toolkit?

My Creative Toolkit nasce per risolvere dei problemi, quelli che i professionisti della comunicazione vivono quotidianamente: la ricerca di strumenti e risorse, possibilmente gratuite, da utilizzare per i propri progetti (anche a scopo commerciale). Con My Creative Toolkit sarà possibile abolire i centinaia di segnalibri nei propri browser e tutte quelle utility dimenticate nei meandri delle varie cartelle.
Ma anche per fare chiarezza rispetto alle licenze d’utilizzo e per risparmiare la risorsa più preziosa: il tempo.  Un unico strumento, quindi, una sorta di “coltellino svizzero per comunicatore”, completamente in italiano, in grado di aiutare con pochi e semplici click.

My Creative Toolkit
My Creative Toolkit

Cosa raccoglie il portale?

Il sito web raccoglie strumenti di ogni tipo: font, mockup, fotografie stock, illustrazioni, icone, software. Ma anche risorse per chi lavora in settori paralleli alla classica comunicazione digitale: videomaker, UI/UX designer, Social Media manager.

L’obiettivo di My Creative Toolkit è raccogliere esclusivamente risorse gratuite accessibili a tutti o, in alcuni casi, freemium (tool gratuiti che offrono ulteriori benefici in caso di acquisto). Ogni strumento riporta il link alla pagina della sua licenza, dove è possibile informarsi sui diritti di utilizzo (uso commerciale, personale, con o senza attribuzione).

Quali sono le richieste o le segnalazioni più importanti che arrivano dagli utenti?

L’apporto che la community sta dando a questo tool è incredibile e, ormai, fondamentale. Sono gli utenti che arricchiscono My Creative Toolkit, segnalando (via mail, FB o IG) gli strumenti che utilizzano quotidianamente.

Grazie al contributo della community, la crescita del portale è stata esponenziale. in una decina di giorni sono stati raddoppiati i tool presenti e ogni giorno arrivano nuove segnalazioni.

La community viene ingaggiata anche e soprattutto tramite le pagine social di My Creative Toolkit dove, ogni giorno, viene eletto un “Tool del Giorno”, approfondito e mostrato nel dettaglio.

Quali sono i tool più utilizzati?

Sicuramente le categorie più cliccate sono Stock Photo, Illustrazioni, Font, Mockup e Icone. Le risorse presenti in ciascuna di queste categorie sono decine. Ecco le più quotate:

  • Unsplash: un sito web che offre oltre 1,5 milioni di fotografie stock (uso commerciale)
  • unDraw: una raccolta di illustrazioni flat personalizzabili nel main color direttamente online e scaricabili come SVG o PNG (uso commerciale)
  • Google Fonts: la libreria di caratteri di Google. Sono oltre 800 e sono disponibili sia per l’integrazione web tramite CSS che per il download sul proprio pc (uso commerciale)
  • Mockup World: centinaia di mockup gratuiti di prodotti , stampa e dispositivi (uso commerciale)
  • Flaticon: una libreria con oltre 2,5 milioni di icone vettoriali di ogni tipo (con attribuzione, freemium)

In ambito “stampa”, quali sono i tools presenti in catalogo?

Questa sezione è tra le ultime arrivate, anche a causa delle poche risorse gratis presenti in rete. La sezione chiamata  “stampa e alla prestampa” è tra quelle che stiamo curando da vicino e che vogliamo espandere sempre più. I primi ad essere stati inseriti in elenco sono  i plugin gratuiti Esko, azienda belga specializzata in packaging e flussi di lavoro, che offre diversi tool free. Tra questi, AI-CUT è uno strumento per Illustrator in grado di inserire i crocini e di organizzare per livelli il disegno tecnico per il packaging. Indispensabile per i progettisti e i creativi. Da poco abbiamo integrato le app di Me4Print che permettono il preflight dei PDF in totale autonomia e con strumenti gratis, frutto di una collaborazione con Enfocus e il loro software Connect. Ma siamo aperti a qualsiasi altro software, non ci dispiacerebbe ospitare qualcosa legato al color managment e all’imposition. Noi non aspettiamo che nuove proposte!

Preflight con le app di Me4Print
Preflight con le app di Me4Print

Quali evoluzioni avrà il progetto?

L’aggiornamento e l’inserimento di nuovi tool è una nostra priorità quotidiana. Ad oggi, ogni giorno vengono caricati dai 5 ai 10 nuovi strumenti gratuiti. Puntiamo a costruire un enorme portale, un hub da seguire quotidianamente per ricevere sempre nuovi assets per i propri progetti.

A brevissimo integreremo una newsletter e un chatbot in grado di inviare il “Tool del Giorno” ed altre risorse gratuite ai nostri utenti!

 


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Canon UVGel Wallpaper Factory: automazione e personalizzazione per la carta da parati

Canon ha annunciato UVgel Wallpaper Factory realizzato in collaborazione con il partner Fotoba. Progettato per garantire massima produttività, qualità e per essere operativa tutto il giorno, questo sistema rappresenta una soluzione perfetta per la produzione automatica di carte da parati personalizzate. Il sistema UVgel Wallpaper Factory, in linea con le esigenze espresse dai clienti, è disponibile come soluzione end-to-end anche come aggiornamento per le stampanti roll-to-roll di grande formato della gamma Colorado esistenti.

UVgel Wallpaper Factory è un sistema per importanti volumi di stampa completamente modulare costituito dall’alimentatore motorizzato Fotoba Jumbo Roll (JRL) collegato alla parte anteriore della stampante roll-to-roll di grande formato Colorado. La stampante è collegata a Fotoba Cutter XLD 170WP e Rewinder REW 162 per il taglio automatico di supporti flessibili in dimensioni e lunghezze personalizzate. Inoltre, grazie all’unità di nastratura integrata, il processo di “stampa, taglio, riavvolgimento e nastratura” diventa semplicissimo. Il lavoro è concluso e i rotoli di carta da parati sono pronti per la consegna. Per i lavori di stampa standard, i due cassetti dei supporti della stampate Colorado restano sempre accessibili.

UVgel Wallpaper Factory può anche essere integrato nel flusso di lavoro esistente grazie alla struttura di interfaccia aperta delle stampanti Colorado, permettendo così di scegliere soluzioni di input e output da diversi fornitori. L’alimentatore di supporti ad alto volume in combinazione con la stampante Colorado garantisce una alta produttività. Grazie a un processo di stampa totalmente automatizzato, dall’ingresso del supporto fino all’uscita della stampa, la produzione è completamente affidata a UVgel Wallpaper Factory, eliminando la necessità di interventi manuali e fornendo un conseguente aumento dei volumi e ottimizzazione dei profitti.

La stabilità dimensionale e la consistenza del colore sono fondamentali nella produzione di carta da parati per poter garantire una corrispondenza precisa da pannello a pannello. Il vantaggio degli inchiostri UVgel è che non richiedono calore per l’asciugatura, quindi non si rischia alcuna distorsione del supporto nelle stampe prodotte dai dispositivi Colorado. Tutto questo permette di ottenere un prodotto finito di alta qualità. Anche per i grandi volumi di rivestimenti murali multi-pannello, la tecnologia UVgel offre il massimo controllo del dot gain e una consistenza del colore ottimale dopo il processo di stampa, anche se la produzione avviene su più stampanti e in momenti diversi. Ora, grazie alla tecnologia UVgel, ristampare gli ordini mantenendo la coerenza cromatica è più semplice che mai: un aspetto essenziale nel mercato della stampa di carta da parati digitale.

Gli inchiostri UVgel sono inodore e certificati Greenguard Gold da Agbb, e Type II da ASTM, quindi le carte da parati stampate sui dispositivi Colorado garantiscono un utilizzo sicuro anche in ambienti chiusi. E con l’esclusiva tecnologia FLXfinish, è possibile ottenere carta da parati personalizzata con una finitura opaca e vellutata.

“I nostri clienti ci confermano costantemente che la nostra tecnologia UVgel permette loro di esplorare nuove opportunità di crescita nel mercato della decorazione d’interni”, ha commentato Dirk Brouns, vice president, Large Format Graphics di Canon Production Printing. “Ecco perché abbiamo sviluppato il sistema UVgel Wallpaper Factory in collaborazione con Fotoba. Questa soluzione di workflow altamente automatizzata consente di stampare carta da parati di qualità in tempi più rapidi, ampliando così l’offerta che i nostri clienti possono garantire al mercato. Grazie ai feedback ricevuti sino ad oggi, siamo convinti che ciò rappresenti un punto di svolta per la produzione di carta da parati digitale ad alto volume.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando si tratta di sostenibilità, il 62% dei consumatori italiani ed europei preferisce gli imballaggi in carta

I risultati di una nuova ricerca di mercato europea rivelano che i consumatori, sempre più consapevoli delle proprie scelte di imballaggio, preferiscono quello in carta perché migliore per l’ambiente.

L’indagine, condotta dalla società di ricerca indipendente Toluna per conto di TwoSides su 5.900 consumatori europei, ha cercato di tracciare e capire le preferenze, le percezioni e gli atteggiamenti dei consumatori nei confronti del packaging.

Agli intervistati è stato chiesto di scegliere il materiale di imballaggio preferito (carta/cartone, vetro, metallo e plastica) in base a 15 attributi ambientali, pratici e visivi.

Tra i 10 attributi per cui il consumatore preferisce l’imballaggio in carta/cartone, il 62% lo sceglie perché ha miglior impatto ambientale, il 57% perché più facile da riciclare e il 72% preferisce la carta / cartone perché compostabile a casa.

L’imballaggio in vetro è, invece, la scelta preferita dai consumatori perché offre una migliore protezione dei prodotti (51%), oltre a essere riutilizzabile (55%) e il 41% degli intervistati preferisce il vetro per il suo look&feel.

Jonathan Tame, amministratore delegato di Two Sides, afferma: “Negli ultimi anni il packaging è stato inserito definitivamente nell’agenda dei consumatori, grazie a una cresciuta sensibilità ambientale. Il nostro sondaggio mostra che i consumatori di tutta Europa riconoscono le qualità ambientali degli imballaggi a base carta, anche se alcune best perfomances sono ancora sconosciute. Tra queste, in particolare, l’alto tasso di riciclaggio della carta “.

L’atteggiamento del consumatore verso l’ imballaggio in plastica è altrettanto delineato dall’indagine, con il 70% degli intervistati che afferma di aver adottato misure attive per ridurre l’uso degli imballaggi in plastica. L’ imballaggio plastico è altresì percepito come il materiale meno riciclato, con il 63% dei consumatori che ritiene il tasso di riciclaggio inferiore al 40% (il 42% degli imballaggi in plastica è riciclato in Europa).

L’imballaggio in carta e cartone è considerato il materiale più riciclato, con il 30% degli intervistati che ritiene il tasso di riciclaggio europeo superiore al 60%. Un tasso di riciclaggio percepito ancora lontano da quello effettivo pari all’85%, che si aggiudica anche il primato del materiale con più alto tasso di riciclo in Europa.

Il secondo materiale da imballaggio più riciclato è il vetro, seguito dal metallo. Con tassi di riciclaggio effettivi rispettivamente del 74% e dell’80%, anche la riciclabilità di questi materiali è poco conosciuta dai consumatori.

L’indagine ha rilevato che i consumatori europei sono disposti a modificare comportamento d’acquisto per essere più sostenibili. Il 44% è disposto a spendere di più per prodotti confezionati con materiali sostenibili e quasi la metà (48%) potrebbe evitare un rivenditore se quest’ultimo non dimostra impegno nel ridurre l’uso di imballaggi non riciclabili.

Jonathan Tame afferma inoltre che: “I consumatori, sempre più consapevoli delle scelte di imballaggio dei loro acquisti, influenzano le aziende, in particolare quelle del commercio al dettaglio. La cultura del “fare, usare, smaltire” sta lentamente cambiando “.

L’indagine Toluna ha anche esplorato le percezioni dei consumatori sugli sforzi dei rivenditori nella riduzione degli imballaggi non riciclabili, la consapevolezza della certificazione forestale e delle etichette ambientali e le preferenze nei materiali utilizzati per i sacchetti della spesa.

Per leggere il rapporto completo visita:

https://it.twosides.info/IT/il-packaging-agli-occhi-del-consumatore-europeo/

Apollo investe 300 milioni di dollari in Cimpress

Il colosso del private equity con base a New York, Apollo Global Management sta investendo 300 milioni di dollari (circa 275 milioni di euro) nel gruppo di stampa internazionale Cimpress che è stato fortemente colpito dalla pandemia di Coronavirus.

Cimpress impiega oltre 10mila persone in una dozzina di aziende in tutto il mondo, tra cui Vistaprint, Wir machen Druck, Druck.at, easyflyer, National Pen e BuildAsign. La società quotata al Nasdaq, fornitore di prodotti personalizzati di stampa, merchandising e marketing, ha spostato ufficialmente la propria sede dai Paesi Bassi a Dundalk, nella Repubblica d’Irlanda, all’inizio del 2019 per motivi fiscali.

Secondo un comunicato stampa di Cimpress del 29 aprile 2020, i ricavi, l’Ebitda e il flusso di cassa si sono sviluppati in linea con le aspettative fino alla fine di febbraio. Tuttavia, a causa dell’impatto della pandemia di Covid-19 sui clienti business di Cimpress in tutto il mondo, la domanda di prodotti stampati è diminuita da marzo 2020. Le vendite sono diminuite del 30% a marzo e di circa il 65% su base annua le settimane di aprile, sebbene l’impatto della pandemia sulle vendite differisca in modo significativo per società, Paese, linea di prodotti e settimana.

Poiché la durata e l’entità della pandemia non sono note, Cimpress ha adottato misure precauzionali a marzo e aprile 2020 per conservare la liquidità e mantenere il più possibile la continuità operativa, oltre a operare riduzioni significative dei costi.

Ma facciamo un passo indietro. Il 28 aprile scorso Cimpress ha modificato il contratto di un prestito garantito senior. In questo contesto, un contratto di appalto da 300 milioni di dollari è stato firmato lo stesso giorno con Apollo Global Management. Cimpress intende utilizzare tale importo per rimborsare una parte del prestito a lungo termine e per pagare le commissioni e le spese sostenute in relazione al finanziamento della modifica sopra descritta. Le azioni di Cimpress, che erano scese di quasi il 50% tra i primi di marzo e il 28 aprile, sono aumentate di circa il 23% dopo l’accordo con Apollo. La capitalizzazione di mercato della società è stata stimata in circa 1,7 miliardi di dollari il 28 aprile.

Apollo non è estraneo al settore della stampa. Solo di recente ha acquisito i fornitori di servizi fotografici online, Shutterfly e Snapfish, e li ha uniti in un’unica società. Apollo ora riceverà un mandato di sette anni per acquistare l’equivalente di poco meno del 4% delle azioni in circolazione di Cimpress e deterrà una partecipazione in Cimpress inferiore a tale valore.

Con attività che superano i 330 miliardi di dollari, Apollo è stato uno degli investitori più attivi nelle ultime settimane dopo che il Coronavirus ha messo in crisi i mercati e l’economia. Dall’inizio di marzo, Apollo ha investito oltre 10 miliardi di dollari in private equity e prestiti.

Misure di riduzione dei costi

Cimpress, come quasi tutti gli altri del settore, è attualmente sottoposta a forti pressioni e da marzo ha ridotto la pubblicità, risolto contratti a tempo determinato e aumentato o diminuito l’orario di lavoro dei suoi team di produzione e assistenza clienti in risposta all’improvviso calo delle vendite causato dalla pandemia.

Secondo le informazioni disponibili dal 29 aprile, i costi fissi devono essere ridotti di circa 140 milioni di dollari su base annua. Ciò include riduzioni significative dei costi di viaggio e di formazione, rigide restrizioni di assunzione e obblighi verso fornitori di servizi esterni. Cimpress intende inoltre sfruttare i programmi di sostegno del governo per ridurre al minimo una parte significativa dei costi del personale. Inoltre, Cimpress si è impegnata in modo proattivo con fornitori e proprietari per ritardare i pagamenti di oltre 20 milioni di dollari per fornire flessibilità finanziaria.

 

Istituto Salesiano San Zeno, aperte le iscrizioni per il corso di alta specializzazione I.T.S.

Un percorso formativo post-diploma che prevede almeno il 50% delle ore formative in azienda. Si tratta del corso I.T.S. presso l’Istituto Salesiano San Zeno di Verona Tecnico Superiore per l’innovazione dei processi e prodotti nell’industria della carta e del packaging sostenibile.

Un cammino di formazione che forma tecnici altamente specializzati, fortemente richiesti dalle aziende del territorio. In Veneto il tasso di occupazione al termine degli studi è del 98%. Il percorso è biennale, 1200 ore in aula/laboratorio e 800 ore in azienda. Con il rilascio, al termine del percorso e previo superamento dell’esame finale, di un titolo di studio di Tecnico Superiore EQF livello 5. Qui le date di presentazione dei percorsi formativi ITS.
Il corso prevede una selezione. Prima selezione: il 21 luglio 2020, seconda selezione il 22 settembre 2020.

Acimga lancia la campagna “Non vicini, ma insieme”

Con l’inizio della fase 2 Acimga, l’associazione di Confindustria che rappresenta i produttori di macchine per l’industria della stampa, del converting e del packaging, ha lanciato una campagna adv per l’Italia e l’estero per sostenere il settore.
“Non vicini, ma insieme”, il titolo della pagina pubblicitaria, che sottolinea in poche righe l’eccellenza delle macchine italiane, il servizio essenziale che il comparto svolge in filiere vitali per il Paese (food e pharma), ma soprattutto richiama il gioco di squadra che il settore ha sempre portato avanti e che lo ha reso tra i maggiori produttori ed esportatori al mondo di tecnologie. Un vero e proprio “Manifesto” identitario di orgoglio, ma anche un messaggio di ringraziamento verso tutti coloro che lavorano nel settore.
La campagna riveste un ruolo ancora più importante alla luce degli effetti del Covid-19 sul comparto. Secondo le stime di Acimga, infatti, il fatturato dei produttori italiani di macchine per la stampa, il packaging e il converting diminuirà nel 2020 del 20-25%. Ci sarà inoltre una riduzione del commercio mondiale per il settore, ma l’Italia manterrà la sua quota di mercato, confermandosi tra i primi 3 esportatori di queste tecnologie.
“Nella prima fase dell’emergenza coronavirus – spiega il direttore di Acimga Andrea Briganti – ci siamo molto concentrati sulla comunicazione verso i soci, con un Help Desk dedicato e un filo diretto con le istituzioni. Adesso è necessario pensare al rilancio. Nonostante molte aziende del settore siano rimaste attive durante il lockdown – grazie all’inserimento di un codice Ateco Acimga tra quelli ritenuti servizi essenziali – l’operatività delle imprese è stata comunque limitata a causa del Covid-19. Per questo abbiamo ideato una campagna semplice, ma efficace in italiano e in inglese, per ricordare a tutti ciò che siamo e che continueremo a essere: un’eccellenza italiana che lavora insieme per il Paese. Un servizio non solo di comunicazione, ma di sensibilizzazione degli stakeholder, sia istituzionali che di mercato, per far capire che l’Italia non si è fermata ed è pronta a offrire le sue soluzioni tecnologiche, come sempre. Il nostro grazie va ai tanti editori e direttori che hanno sposato la campagna, consci del valore di fare squadra per il settore e dell’importanza della comunicazione, soprattutto in questo frangente”.

La Federazione aderisce al Manifesto per un nuovo Green Deal per l’Italia

La Federazione Carta e Grafica ha sottoscritto il Manifesto “Uscire dalla pandemia con un nuovo Green Deal per l’Italia”, iniziativa con la quale il mondo delle imprese italiane, pesantemente colpito dalla pandemia del Covid-19, punta a rilanciare l’economia in chiave green. La sigla è stata apposta per la Federazione dal presidente Girolamo Marchi, insieme con 110 esponenti di importanti imprese e organizzazioni di imprese.

Un nuovo Green Deal è la via da seguire per una più forte e duratura ripresa perché valorizza le migliori potenzialità dell’Italia: quelle legate alle produzioni di qualità, sempre più green; quelle in cui ha raggiunto livelli di eccellenza, come il riciclo dei rifiuti, pilastro dell’economia circolare, l’efficienza energetica, le fonti rinnovabili di energia e l’innovazione digitale; temi, questi, a cui si ispirano i valori e l’attività quotidiana delle aziende della filiera della carta, della grafica, delle tecnologie per la stampa ed il converting. Accanto a questi, gli altri temi chiave della manifattura italiana: il modello di agricoltura sostenibile e delle altre attività della bioeconomia rigenerativa; le città, da rilanciare con un vasto programma di rigenerazione urbana in chiave green; l’importanza del capitale naturale, necessario per il rilancio di diverse attività economiche come il turismo; la transizione a basse emissioni e con carburanti alternativi verso la mobilità decarbonizzata, elettrica e condivisa.

I pacchetti di stimolo all’economia non devono aumentare le emissioni di gas serra e gli impatti ambientali, trasferendo ulteriori costi sul nostro futuro. Conclude il Manifesto: un nuovo Green Deal è la via innovativa da percorrere per la rinascita dell’Italia.

Il Manifesto con i primi 110 firmatari sarà inviato anche al Governo e ai Parlamentari di maggioranza e di opposizione, nonché ad esponenti delle Istituzioni europee. La raccolta di adesioni del mondo delle imprese e della più vasta opinione pubblica proseguirà sul sito.

Fedrigoni, una carta “virostatica” che ostacola il Covid-19

Una speciale carta “virostatica”, cioè per la sua natura chimica altamente sfavorevole alla sopravvivenza del Covid-19, per realizzare mascherine protettive. Si tratta dell’innovazione targata Fedrigoni, gruppo italiano tra i primi al mondo nella fabbricazione di carte ad alto valore aggiunto per packaging, grafica ed etichette autoadesive, che ha voluto mettere la propria competenza al servizio della lotta al virus.
Grazie all’esperienza decennale maturata nello sviluppo di carte tecniche e di filtraggio in campo alimentare e chimico-farmaceutico, l’azienda ha realizzato una carta in pura cellulosa FSC e cotone che risulta atossica, riciclabile, adattabile al volto e confortevole al tatto, ma soprattutto con una natura chimica sfavorevole al Covid-19, capace di rendergli la vita difficile. Una novità ancora più importante nella Fase 2, che prevede ogni giorno l’uso di milioni di mascherine monouso per strada, nei negozi e nei luoghi di lavoro: una richiesta a cui finora non si è riusciti a fare fronte. La nuova carta, particolarmente filtrante e resistente alla lavorazione, sarà commercializzata in tutto il mondo e verrà prodotta negli stabilimenti friulani del Gruppo Fedrigoni, a Cordenons (PN).
“Fedrigoni ha fatto la sua parte in piena emergenza, mantenendo operativi tutti i suoi stabilimenti e magazzini nel mondo pur nella massima sicurezza per i lavoratori – commenta Marco Nespolo, amministratore delegato del Gruppo – e vuole mettersi al servizio del Paese anche in questa seconda fase. Sfruttando la nostra competenza tecnica, unita alla capacità di rispondere rapidamente alle nuove esigenze, abbiamo sviluppato un materiale performante, economico per gli standard che rispetta e ottimo per la produzione di mascherine, perché la sua composizione chimica lo rende sfavorevole alla sopravvivenza del virus”.
Si tratta dell’evoluzione “intelligente” di una carta da filtro da banco (per la protezione dei banchi di laboratorio e per le separazioni di fase) che ha le proprietà dei prodotti a uso alimentare. I team di Ricerca e Sviluppo del Gruppo Fedrigoni hanno lavorato in sinergia per renderla disponibile nel più breve tempo possibile, realizzando un materiale che presenta ottime caratteristiche di vestibilità e resistenza alla lavorazione: è atossico, riciclabile, composto da cellulosa proveniente da foreste certificate e da fibre di cotone per essere più adattabile al volto e confortevole al contatto con la pelle. Ma soprattutto risponde ad alti standard di sicurezza, a un prezzo accessibile anche nel caso si decida, per maggior protezione, di utilizzarne più strati sovrapposti.
La nuova carta verrà fornita a converter, stampatori e aziende produttrici di mascherine, che le personalizzeranno e aggiungeranno gli elementi mancanti, come l’elastico riutilizzabile. Inoltre, il Gruppo Fedrigoni sta valutando di utilizzarla anche per la realizzazione degli strumenti individuali di protezione da fornire ai suoi 4.000 dipendenti, negli uffici e nei siti produttivi. Gli stabilimenti friulani dove verrà prodotta e tagliata hanno ottenuto di recente la certificazione BRC Global Standard for Packaging and Packaging Materials, che garantisce la conformità ad elevatissimi criteri di sicurezza, gli stessi richiesti alle carte ad uso alimentare.

Stampatore, ma anche distributore. Una follia?

In tempi di crisi da Coronavirus, abbiamo ipotizzato una filiera editoriale in cui il ruolo del distributore librario viene assorbito dalla principale figura operativa e produttiva: lo stampatore. Una cosa possibile? Ecco l’esito della conversazione con tre autorevoli rappresentanti del settore.

La crisi del settore editoriale in tempi di emergenza, unita alla riapertura al lumicino delle librerie, ha riacceso un dibattito sulla bassa redditività dei piccoli editori che è tornato alla ribalta in tutta la sua drammaticità. In genere, infatti, più della metà del valore di un libro viene assorbito dalla parte finale della filiera, vale a dire dalla distribuzione e dalla vendita. Una percentuale che pesa anche per il 55-60% sul prezzo di copertina di un titolo.

Aggiungendo anche le spese di gestione e di produzione, all’editore resta quindi una percentuale molto piccola di quel valore, che non permette di fare investimenti importanti e a volte non mantiene nemmeno in vita l’azienda.

Differenze tra piccoli e grandi editori

Già molto prima dell’emergenza, lamentano molti addetti ai lavori, vi era una grossa cesura tra gli editori indipendenti e i grandi editori. Questi ultimi, oltre a controllare tutti gli snodi verticali della filiera e i maggiori marchi editoriali, sono spesso i titolari delle stesse reti di distribuzione.

Il principale tra questi è Gems, il Gruppo editoriale Mauri Spagnol, che è anche proprietario di Messaggerie Libri, una sorta di “asso pigliatutto” della distribuzione libraria. Occorre poi considerare che Messaggerie è anche proprietaria di Arianna+, il gestionale di teleordinazione più diffuso che consente a tutte le librerie del circuito e a tutti gli editori di conoscere il sell-in e il sell-out dei libri giorno per giorno e su tutto il territorio nazionale, nonché di ordinare i lotti di titoli su base periodica. Diciamo quindi che Gems, con Messaggerie e tutte le sue filiazioni, ha il maggior controllo non solo della distribuzione ma anche dei sistemi informativi e gestionali.

Si è quindi creato nel corso dell’ultimo decennio una specie molto particolare di monopolio/ oligopolio che mortifica il business dei piccoli editori, i quali non riescono a emergere perché non posseggono la forza commerciale per entrare nei circuiti maggiori. Per accedervi occorre infatti stampare un numero piuttosto elevato di copie, in modo tale da garantire una certa quota di titoli per tutte le librerie aderenti al circuito distributivo.

Un onere troppo grande per gli “editori indipendenti”, che spesso sono soltanto microimprese. E che quindi rimangono esclusi.

I COSTI REALI DI UN LIBRO

  • tra il 55% e il 62% = i costi di raggiungimento dei punti vendita (distribuzione, promozione, librerie, gestione delle rese);
  • tra il 15% e il 28% = i costi fissi, sommati ai costi redazionali (che riguardano, in buona misura, il costo del lavoro e la fiscalità);
  • 10% = i diritti d’autore;
  • 7% = i costi di carta e stampa;

Alla somma di tali percentuali (che oscilla tra l’87 e il 107%) occorrerebbe poi aggiungere il costo derivante dal ricorso al credito bancario (un 4% circa) e l’eventuale costo di traduzione di un titolo (un altro 8%).

Si arriva così a raggiungere una percentuale oscillante tra il 91 e il 119%.

È ipotizzabile dunque che la parte più consistente del costo (distribuzione, promozione e vendita), che sta a valle della produzione, è in linea teorica anche quella più comprimibile.

Domande per un settore in crisi

Insomma, in un periodo di crisi imprevedibile e mai sperimentato prima, tutte le aziende della filiera editoriale, a partire dai piccoli editori, stanno cercando di adattarsi rapidamente al cambiamento anche attraverso un potentissimo ripensamento delle logiche commerciali e distributive. E proprio in previsione di uno scenario totalmente rinnovato, che costringerà molte aziende ad abbracciare in qualche modo le opportunità offerte dalla digitalizzazione, ci siamo domandati se una filiera così lunga come quella del libro stampato non possa essere ripensata e accorciata. Se non ci siano quindi oggi le opportunità affinché essa possa essere “disintermediata”.

L’emergenza attuale non può infatti che essere di stimolo inducendo gli addetti ai lavori a riflettere con maggior chiarezza sulla lunghezza della filiera ponendosi anche alcune domande.

Ad esempio, la funzione del distributore librario è sempre così necessaria? E potrebbe uno stampatore illuminato riuscire a servire i piccoli editori tramite la spedizione dei libri presso le singole librerie, consentendo loro importanti economie di scala? Garantendo quindi al piccolo editore un costo complessivo assai minore rispetto a quello sostenuto con il distributore tradizionale?

Oppure, possono gli stampatori più avveduti riuscire ad abbracciare le logiche del delivery attuale, con i suoi bassissimi costi di spedizione? Un business su cui si basano ad esempio tutti i player del web to print con i loro potentissimi gestionali logistico-amministrativi?

Abbiamo quindi rivolto queste domande a tre protagonisti della filiera: un piccolo editore, un consulente editoriale e uno stampatore specializzato in libri. Ecco le loro reazioni.

Il parere dell’editore: Quodlibet

Una casa editrice che ha saputo fin dalla nascita adattarsi rapidamente al cambiamento è Quodlibet fondata a Macerata nel 1993 da un gruppo di allievi del filosofo Giorgio Agamben. Caratterizzata inizialmente da un catalogo orientato ai temi della saggistica e della filosofia, si è col tempo aperta alla letteratura, alla critica d’arte e all’architettura, divenendo una protagonista del mercato editoriale più colto e raffinato.

«Noi di Quodlibet siamo considerati medi, ma siamo stati piccoli», afferma Luca Giangrandi, referente commerciale di Quodlibet. «E conosciamo molto bene le logiche che governano questo sistema. Comprendiamo dunque anche la grandissima fatica fatta dalle librerie in questi ultimi anni per restare a galla. Coloro che lavorano bene e che continuano a tenere aperto sono i librai che guardano alla qualità, ai titoli particolari, sono coloro che studiano il catalogo, e che cercano libri che non si trovano dappertutto. La maggior parte delle librerie indipendenti sta andando in questa direzione. Che è impegnativa, perché occorre sempre trovare un buon compromesso tra la vendita di libri più “facili” e l’offerta di quelli di qualità».

«Il quadro generale, prima della crisi sanitaria da Coronavirus, non era disastroso come a volte si vuole fare passare», afferma Giangrandi. «Dipende un po’ dalle caratteristiche e dalle scelte del singolo editore. Il mercato è piuttosto vario, in termini di librerie e servizi, molto meno purtroppo per quel che riguarda la distribuzione».

«Comunque non credo che i piccoli editori abbiano smesso di promuoversi autonomamente. In Quodlibet, ad esempio, cerchiamo di accompagnare il lavoro di promozione degli agenti con una presenza fisica in libreria. Conosciamo di persona molti dei librai e li sentiamo spesso. Il motivo è che per arrivare al libraio, se prima si delegava totalmente alla promozione, oggi è necessario un rapporto umano e personale più ricco e completo rispetto al passato. E secondo me questo è un passo in avanti. Ovviamente non tutte le reti di promozione ti danno questa possibilità, la nostra per fortuna sì. Noi siamo passati a una rete di promozione con meno editori, più “leggera”, e questo ci consente di per avere più visibilità al momento delle prenotazioni. Ma anche di migliorare sensibilmente la comunicazione e di rinsaldare il rapporto fiduciario tra editore, promotore e librai».

«Occorre però sottolineare», dice Giangrandi, «che la filiera si è fatta leggermente più compressa e per alcuni editori non ci sono tante finestre interessanti per far emergere i propri titoli in mezzo a tante novità. Ecco allora che molti piccoli editori si promuovono con incontri diretti con le librerie indipendenti, con le quali ci si sente costantemente per proporre varie iniziative promozionali. E dalle quali, soprattutto, si accettano buoni consigli».

«Ma anche sul versante della vendita lo scenario è un po’ cambiato rispetto al passato», sostiene Giangrandi. «Solitamente una libreria è vincolata al conto aperto con Messaggerie, che fa arrivare i libri attraverso la sua rete di distribuzione. Se si sceglie di non aprire il conto con Messaggerie», spiega Giangrandi, «non si accoglie più il suo promotore e quindi non si ricevono informazioni da parte di certi editori, che sono perlopiù piccoli e indipendenti. Spetta allora a questi editori comunicare e promuovere le proprie novità e il proprio catalogo».

L’opinione del consulente: Lino Apone

«Sono molto scettico rispetto alla possibilità che uno stampatore possa sostituirsi a un vero distributore librario», dice Lino Apone, noto consulente editoriale. «Il sistema è infatti alquanto complesso», sottolinea. «Il distributore si occupa non solo della logistica ma anche della gestione del credito e gestisce anche il recupero dei resi. Si tratta dunque di un insieme di operazioni davvero complicato, che si è consolidato in questo modo nel tempo proprio perché si è dimostrato il metodo migliore», spiega Apone, «per non dire delle operazioni di vendita relative alla promozione dei titoli prima e dopo l’uscita dei libri stessi, che sono spesso curati da organizzazioni terze, che devono quindi lavorare con sistemi certi di acquisizione/gestione degli ordini, non improvvisabili».

«Sono stati tanti, in passato, i tentativi di bypassare la distribuzione libraria, e sono tutti naufragati malamente. Ed è proprio l’evoluzione del sistema ad aver generato lo scenario attuale. È dunque irrealistico pensare di modificarlo introducendo il semplice ingrediente dell’innovazione digitale e dei bassi costi di delivery. Dico “irrealistico” perché il sistema non sarebbe sufficientemente sostenuto dai valori economici in gioco».

«Quello della distribuzione è un costo variabile ma non eludibile», puntualizza il consulente editoriale. «I costi di accesso al sistema della distribuzione in libreria sono oneri fissi sui quali gli editori possono fare solo, e nemmeno sempre, piccolissime limature. Pensiamo soltanto alla complicazione dei resi, dei riordini e della loro rendicontazione economica. Un problema enorme che non è sostenibile da nessun attore della filiera che non faccia già il mestiere di distributore. Altro discorso può essere fatto per la distribuzione diretta dall’editore ai propri consumatori finali (privati o business)».

«Il rischio è quindi quello di avere un’idea strabica di questo settore», conclude Apone. «Se uno stampatore dovesse svolgere in maniera autonoma cioè con i propri mezzi il lavoro di promozione e distribuzione in libreria, sarebbe costretto a far pagare agli editori questo servizio molto di più di quanto avvenga oggi con la distribuzione tradizionale».

Parla lo stampatore: Geca Industrie Grafiche

«Capiamo che ci sia un’insoddisfazione e quindi un terreno su cui qualche attore potrebbe inserirsi per introdurre un modello alternativo a quello attuale. Ma quest’attore ancora non esiste», dice Luigi Bechini, marketing manager di Geca Industrie Grafiche.

«Credo che il primo problema sia quello della massa critica. I costi di gestione di un’attività distributiva si spalmano sulla spedizione contemporanea di tanti lotti di libri diversi che si spostano sullo stesso vettore. Occorre infatti considerare che un distributore non invia a ogni singola libreria i titoli di un solo editore, ma quelli di 20, 30, 40 editori alla volta. In parole povere, un distributore fa questo mestiere proprio perché, servendo numerosi editori, i suoi costi si diluiscono su tanti clienti», sottolinea Bechini.

«Noi non avremmo mai numeri così alti. Attualmente stampiamo per circa 250 editori medio-piccoli che però non hanno tutti una continuità settimanale di uscita. Ogni settimana produciamo novità, ma non per il 100% gli editori. Quindi, anche riuscendo a ottenere tariffe vantaggiose da parte degli spedizionieri e adottando contemporaneamente un sistema efficiente della gestione del flusso informatico, non riusciremmo a raggiungere l’efficienza di un vero distributore librario».

«In linea teorica un grande attore del settore della stampa industriale potrebbe strutturare al proprio interno un flusso gestionale di stampa e spedizione diretta dei libri alle singole librerie. Un nuovo servizio che parte da un nocciolo duro di clienti e che mano a mano cresce, rendendo sempre più efficiente e sostenibile economicamente il servizio stesso».

«Ma anche avendo una buona massa critica», conclude Bechini, «c’è il grosso problema della gestione del credito. Le librerie ordinano infatti i libri dal distributore in conto deposito. Quindi chiunque si occupi delle librerie si deve prendere carico anche dei resi. E qui la cosa si complica dal punto di vista gestionale e anche finanziario. Il reso significa che la libreria restituisce l’invenduto con una frequenza definita (settimane o mesi) e il distributore compensa con l’editore la differenza economica tra i libri distribuiti e quelli resi. Ebbene questo è un aspetto che, per come è strutturata oggi la distribuzione e la vendita nelle librerie, complica molto la faccenda. E rende molto problematico l’ingresso di un nuovo attore in grado di accorciare la filiera e generare così una maggiore disintermediazione libraria».

«Chi riuscisse a farlo», dice Bechini, «dovrebbe concentrarsi soprattutto sulla gestione del credito e sugli aspetti logistici e amministrativi legati alle rese, quindi creare importanti sistemi informativi, con governo dei flussi in entrata e uscita. Dovrebbe quindi avere molte risorse da investire in un’infrastruttura informatico-gestionale di un certo livello di complessità. E questa struttura dovrebbe comunque essere pagata in qualche modo, quindi i costi di distribuzione resterebbero in ogni caso rilevanti».

LA RICETTA DI GECA INDUSTRIE GRAFICHE           

Come intercettare le esigenze degli editori indipendenti e crescere felici.

Tra gli ingredienti vincenti dell’offerta di Geca Industrie Grafiche c’è senz’altro l’attenzione verso i piccoli e medi editori indipendenti e alle loro esigenze più tipiche, cioè le piccole tirature e la rapidità di esecuzione della commessa. Una focalizzazione che ha portato l’azienda a creare un sistema dedicato alle realtà editoriali indipendenti e che è composto da più elementi, legati tra loro non soltanto dall’efficienza produttiva.

«Circa sette anni fa abbiamo deciso di focalizzare lo sviluppo di Geca sui piccoli e medi editori, attraverso piattaforma online dedicata e una verticalizzazione dei processi produttivi. Dall’anno scorso abbiamo fatto un ulteriore passo, implementato un sistema produttivo che prima era accessibile nei fatti soltanto ai grandi editori», racconta Luigi Bechini, marketing manager dell’azienda. «Il centro nevralgico del sistema è l’impianto di stampa rotativa digitale Kodak Prosper 1000, che è molto veloce e offre un costo unitario basso fin dalla più piccola tiratura. Con questo sistema siamo in grado di fornire dalle 50 alle 3.000 copie nel giro di 5 giorni a un prezzo molto competitivo. E a volte ci riusciamo anche prima», sottolinea Bechini. «Le tempistiche che garantiamo sono infatti comprese in una forbice di tempo tra i 3 e i 6 giorni».

«Oltre alle performance numeriche c’è però anche una forte attenzione all’aspetto del “servizio”», continua il marketing manager. «Tutti i grandi stampatori hanno soluzioni simili alla nostra, ma per i piccoli editori c’è spesso poca garanzia in termini di servizio, dal momento che le commesse dei grandi editori solitamente hanno la precedenza sulle brevi tirature. In questo modo, capita spesso che i piccoli editori si vedono magari consegnare la produzione in tempi piuttosto lunghi».

«Abbiamo allora progettato una piattaforma nuova, Rotobook.it, dedicata solo agli editori di libri tascabili in BN, quindi focalizzandoci su un’offerta molto verticale. Abbiamo quindi strutturato un ciclo di produzione basato su tecnologia inkjet a bobina con una produttività molto elevata, pari a quella di 3 macchine offset. La Kodak Prosper 1000 ha una bobina piuttosto larga e permette una resa altissima sui libri tascabili. Inoltre la velocità molto elevata, unita alla linea di finishing Hunkeler Book Block Solution ci permette di erogare un livello di servizio estremamente elevato.

È soprattutto la linea Hunkeler che ci ha consentito di incrementare notevolmente la produzione, dal momento che prende la bobina stampata e la trasforma in forma libro in un unico passaggio e impiegando un solo operatore. Una cosa che, nella stampa tradizionale a foglio, si fa con tre impianti diversi, con 5 o 6 operatori e tempi irrimediabilmente più lunghi. Questo è il motivo, in sostanza, per cui il prezzo unitario del libro è così basso e competitivo».

«Con Rotobook un editore risparmia fino al 30 al 40%, con le tirature che vanno per la maggiore. Inoltre», conclude Bechini, «sulla nostra piattaforma rotobook.it, quando l’editore imposta il proprio preventivo, rendiamo visibile il margine di risparmio rispetto alle altre tecnologie. Ciò permette all’editore di capire subito, in fase d’ordine, oltre quale soglia convenga utilizzare il sistema rotativa inkjet, oppure passare all’offset o, ancora, stare sulla tradizionale stampa digitale a foglio».

«Questo tipo di servizio consente così agli editori un’estrema flessibilità e una grande tranquillità nella scelta della prima tiratura, per fare magari dei test di vendita per poi partire in un secondo momento con tirature più impegnative. Il vantaggio per loro è duplice: da un lato non prendono troppi rischi dal punto di vista dell’investimento di stampa, dall’altro realizzano solamente il numero giusto di copie di cui necessitano, eliminando così gli onerosi costi di magazzino e di gestione delle rese. E quando il libro ha successo, la ristampa è realizzabile in pochissimi giorni e arriva in libreria in tempi ridottissimi. E queste sono piccole economie che alla fine fanno la differenza».