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Il mondo della stampa industriale si incontra a Inprint Italy

Il futuro della stampa industriale tra funzionalità, decorazione e imballaggio. I big internazionali e le PMI emergenti portano a Milano il meglio della tecnologia per la stampa digitale, la serigrafia, la stampa specialistica, l’inkjet e il 3D

InPrint Italy è l’evento dove scoprire il meglio delle applicazioni e delle soluzioni più innovative. Dal 15 al 17 novembre l’unica esposizione in Italia dedicata esclusivamente alle tecnologie di stampa industriale sarà al centro espositivo MiCo Milano Congressi, con circa 120 espositori, di cui più di 80 stranieri, provenienti da 12 Paesi. L’organizzatore, FM Brooks – che fa parte del gruppo Mack Brooks Exhibitions – ha costruito questa rassegna pensando a chi è alla ricerca di soluzioni personalizzate, sistemi sviluppati in cooperazione e progettati per generare nuove possibilità di business nella produzione di stampa industriale.

InPrint Italy porta a Milano tutto il mondo della stampa industriale accompagnando il visitatore nei tre macrosettori che lo compongono: funzionalità, decorazione, imballaggio.

La stampa funzionale è presente in quasi tutti gli oggetti di uso quotidiano. Il cellulare, la lavatrice, la lavastoviglie, la macchina, il computer, le tecnologie smart e l’elettronica di consumo sono stati infatti prodotti, anche solo in parte, per mezzo della stampa industriale. A InPrint Italy rappresentano questo settore aziende come la francese Ceradrop, che progetta e commercializza stampanti digitali pensate esclusivamente per l’industria della stampa elettronica e Smart 3D e in grado di offrire nuove opportunità per studi di fattibilità e lancio di nuovi prodotti. Arriva dagli Stati Uniti EPS, (acquisita da Xaar) specializzata in integrazioni inkjet industriali con una particolare attenzione alla stampa direct to shape. È invece italiana Seristampa, nota per la stampa di marchi ed etichette per le multinazionali di auto, moto, elettrodomestici, moda, ecc.

Altro settore di punta è la decorazione. La stampa industriale è infatti profondamente coinvolta nella creazione e decorazione di un pavimento, di una parte tessile, della carta da parati e persino dei mobili. Per i pavimenti, per esempio, la stampa digitale offre indubbi vantaggi su quella tradizionale: si può infatti stampare su un substrato da applicare sulla superficie finale, ampliando enormemente le opportunità e portando la produzione a essere on demand, senza il magazzino. Ciò significa che la produzione stessa diventa molto più efficiente, i prodotti possono essere realizzati su ordinazione e, non ultimo, i designer hanno maggior libertà di azione.

Esemplari, per esempio, le applicazioni che Canon Italia espone a InPrint Italy per pavimenti, tessuti, ceramiche, sugheri. Non sono da meno le dimostrazioni della belga Agfa per i tessuti e la pelle. La britannica Inca Digital dimostrerà le proprie capacità come azienda specializzata nello sviluppo delle soluzioni industriali di tecnologie inkjet, mentre la società tedesca Heildeberg non mancherà di stupire con il lancio di Omnifire 1000, macchina industriale direct to shape a getto d’inchiostro. Occhi puntati anche sull’italiana Metis, nota per i suoi scanner utilizzati anche per la riproduzione artistica e recentemente approdato a innovazioni importati nel 3D grazie all’intesa trovata con Kuei, altro espositore di InPrint Italy.

Il terzo asset applicativo della stampa industriale è rappresentato dall’imballaggio

Si pensi a tutto ciò che si consuma e al modo in cui è confezionato. Come è stato decorato? Cosa richiedono i marchi e i rivenditori per i loro imballaggi? Che funzionalità devono avere? Come nei media più recenti, il packaging ha un valore aggiunto per i settori del marketing e del processo di distribuzione. Un confezionamento intelligente aiuta il marchio a vendere più unità. Cosa deve offrire la confezione in funzione di ciò che mangiamo o beviamo? Un tipo di confezione innovativa vende di più. Con l’innovazione di inchiostri speciali per la serigrafia su prodotti di lusso e la tecnologia del «direct to shape», questo settore è sempre più interessante e positivo per l’industria. Tra gli espositori di InPrint Italy si segnalano almeno tre aziende italiane leader nella stampa decorativa: Martinenghi, con il suo «Michelangelo», la rivoluzionaria macchina da stampa digitale per corpi cavi (tubi, tubetti, lattine..); Sirpi, che da 50 anni sviluppa inchiostri per tutte le più svariate applicazioni a base acquosa, solvente e a polimerizzazione UV per la stampa di tantissimi supporti, Thallosjet specializzata in ricerca, produzione e commercio di prodotti per la stampa destinati ad applicazioni industriali e biomedicali.

Ciò che accomuna i tre segmenti è la crescente necessità di rispondere alle mutevoli esigenze dei consumatori. I produttori richiedono tecnologie più innovative che consentano una produzione flessibile, la capacità di stampare con piccole tirature e il bisogno di adeguarsi alla personalizzazione di massa. A InPrint Italy tutto ciò si concretizza in tre giorni di esposizione, incontri e dibattiti, che non mancheranno di ispirare il settore manifatturiero grazie alla presenza di prestazioni innovative della tecnologia di stampa industriale e all’attenzione di riguardo per il promettente mercato italiano, apprezzato nel mondo per la stampa di tessuti, ceramica, legno, imballaggi e altri ambiti manifatturieri.

Per i visitatori sono aperte le iscrizioni gratuite, online: clicca qui!

Italia Grafica 70 anni | Enrico Monteverdi: stampa digitale, tecnologia mainstream?

Nella serata dei 70 anni di Italia Grafica abbiamo chiesto ai fornitori se la stampa digitale possa diventare tecnologia mainstream, e che posto occuperà, in futuro.

Pubblichiamo la prima video intervista, di Enrico Monteverdi di HP: non perdetevi le successive!

Secondo Enrico Monteverdi, Market Development Manager stampa digitale di HP, negli ultimi anni la stampa digitale sta accrescendo la propria rilevanza, passando da tecnologia complementare a sostitutiva. Ciò depone a favore di una sua ulteriore crescita, che in futuro comporterà ricadute benefiche sulla stampa in generale.

Saxoprint Easy Box: progettare e stampare confezioni personalizzabili

saxoprint-astuccio-a-cuscinoSaxoprint presenta Easy Box, che permette di creare packaging completamente personalizzati per forma, dimensioni e grafica. Si tratta di un vero e proprio configuratore per realizzare pack capaci di soddisfare e assecondare le necessità dei clienti più esigenti.

Commercianti, creativi, produttori e rivenditori devono soddisfare differenti esigenze quando scelgono un pack: da quella più naturale, ovvero proteggere il prodotto dagli urti e dalla polvere, a quelle più legate alla comunicazione, distinguersi dalla concorrenza, valorizzare al meglio i prodotti e, soprattutto, offrire al proprio cliente una piacevole «unboxing experience». Scartare una confezione e osservare per la prima volta un prodotto è un istante unico, importantissimo, in cui il cliente viene a contatto per la prima volta con l’oggetto che ha tanto desiderato.

È un momento cruciale, ricco di emozione durante il quale si apprezzano la cura e la fantasia con cui il packaging è stato realizzato. Un packaging emozionale regala un’esperienza d’acquisto indimenticabile e può fare la differenza in termini di comunicazione, influenzando sensibilmente le vendite.

Confezioni regalo, scatole protettive, box con maniglia per il trasporto, astucci pieghevoli con e senza coperchio, confezioni per cosmetici, cofanetti con e senza alette e molto altro: Saxoprint easy box, grazie all’assoluta libertà nella scelta del modello e delle dimensioni (altezza, larghezza, profondità), offre ai propri clienti infinite possibilità, per l’ideazione e la stampa di un packaging che seduce.

«L’Easy Box rappresenta una reale novità sul mercato: si tratta di uno strumento innovativo, che consente di progettare e stampare soluzioni di packaging completamente su misura. Grazie a easy box siamo oggi in grado di ampliare ancora di più la nostra offerta nel campo del packaging e di offrire ai nostri clienti una flessibilità mai sperimentata» ha dichiarato Fiorelli, Senior Account Manager.

L’utilizzo è semplicissimo: il cliente può selezionare da una delle sette categorie disponibili (astucci pieghevoli, scatole con coperchio, confezioni regalo, fasce esterne, astucci a cuscino e a busta, scatole triangolari, scatole a vassoio), uno dei 25 modelli di base e configurare le misure desiderate, che possono essere definite a piacere nel cosiddetto «formato libero». Grazie all’anteprima 3D della confezione configurata, il cliente può farsi un’idea realistica della forma finale e verificare che la confezione sia adatta alle proprie esigenze. Una volta terminata la configurazione, può essere scaricato gratuitamente il template corrispondente.

Una volta scelte la forma e le dimensioni che il pack dovrà avere, è necessario definire la grafica. Anche da questo punto di vista, assoluta libertà: la stampa offset è infatti possibile sull’intera superficie della confezione, rendendo di fatto completamente personalizzabile in ogni dettaglio la grafica, il colore e il testo.

Easy Box consente di scegliere tra la stampa di piccole tirature, a partire da 100 esemplari, fino a 10.000 unità.

La maggior parte degli astucci pieghevoli realizzati rispettano gli standard Ecma (European Carton Makers Association) e Fefco (Fédération Européenne des Fabricants de Carton Ondule). Entrambi i sistemi di classificazione sono sviluppati per fornire ai produttori di cartone, alle tipografie e all’industria una base valida a livello internazionale. È possibile selezionare direttamente il modello di base tramite il rispettivo codice Ecma o Fefoc.

Per visionare le peculiarità dei diversi modelli e per testare con mano la qualità e la varietà della soluzioni offerte è possibile ordinare direttamente sul sito un set di campioni disponibile in due versioni: una con logo Saxoprint e una neutrale. Quest’ultima è pensata per i rivenditori di stampati, che possono così mostrare ai propri clienti modelli e qualità di stampa.

Per maggiori informazioni, è possibile contattare il servizio di assistenza, disponibile dal lunedì al venerdì dalle 9:00 alle 19:00, dove un operatore dedicato guiderà il cliente passo per passo nella creazione dell’ordine, fornendo consigli utili e informazioni sempre precise e dettagliate.

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Sono disponibili i dati dell’indagine Audipress 2016

La ricerca Audipress, che monitora in maniera continuativa le abitudini di lettura in Italia, presenta uno scenario del consumo dei prodotti editoriali su carta o digitale che supera i 28 milioni di letture ogni giorno per i quotidiani (per 18.468.000 lettori), i 27 milioni di letture ogni settimana per le testate settimanali (per 15.837.000 lettori) e raggiunge quasi 30 milioni di letture ogni mese per le testate mensili (per 15.603.000 lettori).

La ricerca offre inoltre dati analitici che consentono di tracciare il profilo sociodemografico dei lettori e i loro comportamenti di lettura, permettendo di cogliere le caratteristiche proprie di ciascun segmento editoriale e dei vari target di popolazione.

Per l’edizione Audipress 2016/I sono state eseguite 47.308 interviste personali su un campione rappresentativo della popolazione italiana di 14 anni e oltre, condotte con il sistema Capi Doppio Schermo, lungo un calendario di rilevazione di 38 settimane complessive, dal 7 aprile 2015 al 27 marzo 2016.

Gli Istituti esecutori del field sono Doxa e Ipsos; il disegno del campione e l’elaborazione dei dati sono stati effettuati da Doxa; i controlli sono a cura di Reply.

Guarda l’infografica riepilogativa! presentazione-di-scenario_infografica

Audipress è l’indagine ufficiale di riferimento per la lettura della stampa quotidiana e periodica in Italia. Fornisce i dati di lettura dei quotidiani, dei supplementi di quotidiani, dei settimanali e dei mensili, oltre alle informazioni socio-demografiche dei lettori, per 125 testate attualmente in rilevazione. Dal 2014 l’indagine rileva la lettura complessiva della tesatata nelle sue diverse versioni, carta e/o digitale.

Per ulteriori dettagli metodologici si rimanda al sito.

Brexit: l’Italia risulterebbe, secondo Standard and Poor’s, poco vulnerabile

Dopo l’esito del referendum inglese del 23 giugno scorso che ha sancito l’uscita della Gran Bretagna dell’Unione Europea, sono state parecchie le analisi sulle conseguenze economiche per il nostro Paese. A onor di cronaca è bene citare l’opinione ufficiale proveniente dal ministero dell’economia che, nelle ore successive alla notizia sull’inatteso risultato della consultazione referendaria, ha diramato una nota in cui emergono considerazioni tranquillizzanti circa gli effetti sull’economia reale: la solidità dei fondamentali delle nostre imprese infatti prevarrebbe sulla volatilità dei mercati finanziari. A tal proposito vale la pena ricordare il quadro relativamente confortante disegnato anche da Standard and Poor’s. L’agenzia di rating americana ha stilato una classifica dei venti Paesi più vulnerabili agli effetti della Brexit e in questo ranking l’Italia è appunto al diciannovesimo posto. Ovvero risulterebbe (insieme all’Austria) ben poco vulnerabile considerando svariati fattori come esportazioni di beni e servizi verso il Regno Unito in relazione al Pil nazionale, flussi bidirezionali di emigrazione, crediti del settore finanziario su controparti britanniche e investimenti stranieri diretti nel paese di Sua Maestà. Insomma l’Italia non correrebbe gravi pericoli perché il nostro interscambio di beni e servizi con la Gran Bretagna è intorno al 3% del Pil.

Inoltre, l’esposizione diretta delle società italiane in Gran Bretagna risulterebbe abbastanza limitata: il team di gestione della milanese Intermonte Advisory ha evidenziato come tale esposizione da parte principali società del FTSE MIB, misurata come percentuale del fatturato generato in Gran Bretagna, è piuttosto modesta e concentrata su alcune società, mentre l’esposizione indiretta, misurata come instabilità dei mercati legata alle conseguenze politiche dell’uscita del Regno Unito dall’Europa, sarebbe invece più elevata data la proverbiale maggiore debolezza del nostro debito pubblico. Insomma con la Brexit è previsto un ampliamento degli spread nel mercato obbligazionario, specialmente per gli emittenti periferici. Su tutto bisogna aggiungere, però, che l’effetto Brexit ha influenzato i primi giorni dello scorso luglio. Nel corso dell’estate è invece andato scemando dal momento che concretamente le ricadute non sono immediatamente visibili sull’economia inglese ed europea.

Una crescita rallentata

In ogni caso, l’esito del referendum britannico ha sollevato onde alte e lunghe, con conseguenze economiche e politiche che si estenderanno per molto tempo. Secondo le stime del Centro Studi di Confindustria elaborate a fine giugno, gli effetti della Brexit agirebbero sul rallentamento della domanda globale, che causa una crescita più lenta delle esportazioni italiane, l’aumento dell’incertezza tra imprese e consumatori determinando una maggiore prudenza nei comportamenti di consumo e nelle decisioni di investimento. Da considerare infine la caduta del prezzo delle azioni che riduce la ricchezza delle famiglie e accresce il costo del capitale di rischio. Secondo Confindustria le conseguenze si manifesteranno in modo più evidente nel 2017, poiché il bilancio del 2016 è fortemente influenzato dall’andamento già acquisito. Stando sempre al report del centro studi, l’impatto sulla crescita del Pil italiano, rispetto allo scenario che non contemplava la Brexit, è quantificabile in un decimo di punto quest’anno e in cinque decimi il prossimo. La valutazione di tale impatto risente della mancanza di precedenti storici e dei tempi incerti di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Inoltre, nel modello di previsione del CSC non è computabile l’impatto di un eventuale, ma probabile, peggioramento delle condizioni di accesso al credito praticate dalle banche italiane.

Vincenzo Boccia, neoeletto Presidente di Confindustria, all’Assemblea Assocarta

Vincenzo Boccia

Al momento il Presidente Boccia non ci ha rilasciato una dichiarazione, pubblichiamo qui un estratto del suo discorso.

«Grazie per l’invito: da voi mi sento quasi a casa, visto il settore dal quale provengo. All’industria della carta mi legano cuore e testa; testa, perché oggi come presidente di Confindustria rappresento tutti i settori; cuore, perché sono nato in un’azienda in cui carta e inchiostro sono fondamentali. La carta è sempre stata per me il luogo della riflessione e del pensiero e tornare in azienda mi serve proprio per “sniffare” un po’ di carta e inchiostro: se non odoro carta, non penso.

«Con il contributo al nostro attivo di bilancia commerciale e alla competitività sui mercati internazionali, il vostro settore testimonia il valore della manifattura come motore di crescita. Un valore che non solo va tutelato, ma che deve diventare il cardine delle politiche economiche per il rilancio del nostro Paese. E parto subito da un’informazione pratica: nel Gruppo Energia, delega che volutamente ho mantenuto direttamente sotto la mia responsabilità, dovremmo tener insieme tutti i diversi interessi interni a Confindustria e portarli a sintesi strategica. Dobbiamo costruire una piattaforma comune per far assorbire a Confindustria le idee che provengono dai settori energivori. L’industria energivora è un’industria primaria, di base: senza un’industria energivora competitiva, perdono pezzi anche tutte le diverse tipologie di industrie che sono sopra. Per questo noi sosteniamo la necessità di un intervento organico di politica industriale. La questione non è di una categoria o di un’altra, ma riguarda un’idea complessiva di competitività di tutte le imprese e del Paese.

«C’è una domanda cui dobbiamo rispondere: che Paese vogliamo essere? Per noi la risposta è chiara. La Germania di Schroeder molti anni fa, ha deciso di diventare un grande paese industriale e c’è riuscita. Noi invece siamo ancora qui a cercare di rispondere. Ho detto più volte che la questione nazionale, europea è una sola: è la questione industriale, che comprende tutto, perché significa intervenire sui nodi di sviluppo del paese – energia, fisco, produttività, infrastrutture ecc. – e lavorare, lo ripeto, in una dimensione di competitività del Paese. A maggio in Assemblea di Confindustria abbiamo rilanciato la questione produttività, che adesso è diventata una priorità anche dell’agenda di Governo. È la variabile decisiva per le imprese e il Paese. Per parte nostra, stiamo lavorando a un insieme di proposte di politica economica che intervengano sui fattori di sviluppo e non sui singoli settori, proposte che raccoglieremo in un documento da presentare al Governo entro settembre.

«Detta così sembrerebbe un’anomalia, invece è la chiave di volta, perché politica dei fattori significa affrontare la questione energetica non in una logica di categoria, degli energivori, di Assocarta, piuttosto che di altri, ma in una logica di interesse-paese partendo da una politica dell’offerta che aiuti a essere competitive le imprese italiane. Questo è il percorso che dobbiamo seguire insieme, tenendo a mente tre concetti: debito, deficit, crescita. Il debito non deve aumentare, il deficit va tenuto sotto controllo, facendo qualcosa che porti alla crescita. E siccome dobbiamo farlo in una logica selettiva, perché non abbiamo tante risorse, dobbiamo scegliere di inserire queste risorse dove possano far fare un salto al sistema industriale italiano nell’interesse del Paese e del Pil. Ci sono alcune cose fatte che hanno funzionato – vedi l’effetto occupazione con la defiscalizzazione legata al Jobs Act o i maggiori investimenti per la Sabatini – bene, vuole dire che abbiamo toccato i “nervi” giusti e il sistema ha reagito.

«Questo mette una luce diversa anche sul nostro voler rappresentare. Cosa significa saper rappresentare le imprese in chiave moderna da parte di un corpo intermedio qual è Confindustria? Significa appunto essere ponte tra gli interessi delle imprese e quelli del paese. Far comprendere che la questione energia è determinante perché rendere competitive le industrie energivore significa rendere competitivo l’intero sistema industriale italiano. Perché l’Italia che vogliamo noi è un paese industriale: dobbiamo esserne orgogliosi e saperla raccontare.»

Italia Grafica 70 anni | Stampatori&mercato: Claudio Rossi di Arti Grafiche Faenza

Per Claudio Rossi, Ceo di Arti Grafiche Faenza, gli investimenti effettuati negli ultimi anni sia in ottica offset che digitale, hanno permesso all’azienda di crescere e stringere partnership di valore. In ambito digitale, le attenzioni si sono focalizzate negli ultimi tre anni sull’acquisto di macchinari estremamente performanti, di nuova generazione.

Innovazioni in fatto di tecnologia, sia offset che digitale, per cataloghi, libri d’arte, editoria, sono la loro chiave di lettura del mercato. Oltre alle partnership con brand tra i più rilevanti in Italia: la forza di fare Gruppo, grazie al quale cresciamo anche sul mercato internazionale.

«È tempo di reindustrializzazione» secondo Luigi Nicolais, ex presidente del Cnr ed ex Ministro per le riforme e le innovazioni

Buono l’andamento del settore delle macchine per l’industria grafica e cartaria che ha registrato un 2015 soddisfacente, dimostrando come innovazione e tecnologia siano oggi cardini di competitività. La globalizzazione richiede infatti un nuovo modo di fare impresa in cui al centro ci sia la conoscenza.

L’industria manifatturiera italiana è tra le prime in Europa per importanza, al suo interno le imprese produttrici di macchine per l’industria grafica e cartaria hanno registrato, lo scorso anno, dati tra i più positivi del settore. È questo quanto emerge dall’Assemblea annuale 2016 di Acimga, l’Associazione costruttori italiani di macchine per l’industria grafica, cartotecnica, cartaria, di trasformazione e affini – parte della Federazione della filiera della carta e della grafica – tenutasi la scorsa estate a Milano.

Vitali e in crescita

Il comparto dimostra di crescere innanzitutto nel numero di addetti, 7.200 con un +3,6% rispetto al 2014, uno dei dati più elevati del settore manifatturiero, come sottolineato da Marco Calcagni, presidente dell’associazione. Ma i risultati sono particolarmente confortanti quando si analizzano gli investimenti che sono stati pari a 75,2 milioni di euro, con una variazione rispetto al 2014 del 4,8% quindi, anche in questo caso, un incremento piuttosto importante (figura sotto).

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Gli indicatori fondamentali mostrano numeri in positivo per quanto riguarda il fatturato totale, cresciuto del 10% e pari a 2.321 milioni di euro, mentre l’export ha mostrato un leggero calo (-1,3%) compensato però dall’andamento dell’import (+10,7%) e soprattutto del mercato interno, che è aumentato del 43%, a dimostrazione del fatto che il comparto è uno dei settori che ha investito maggiormente nell’ultimo anno. Di fatto, ha commentato Calcagni, il settore è vivo e sta crescendo in Italia con forti investimenti in tecnologia da parte di tutte le aziende che compongono la filiera. Il saldo commerciale, per quanto negativo rispetto al 2014 (-5,7%), è importante e si assesta sui 1.087 milioni di euro (figura sotto).

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I destinatari della tecnologia made in Italy sono innanzitutto i paesi del Nafta – North american free trade agreement– ovvero Stati Uniti, Canada e Messico, che hanno avuto l’incremento maggiore, +18,8%, insieme all’Asia orientale con un +13,2% e a sfavore dei paesi extra Ue in cui si è registrato invece un forte calo, -25,5%, motivato anche dalla scelta delle aziende della filiera di concentrarsi sul mercato locale (figura sotto). Sempre dal punto di vista delle esportazioni vi sono anche altri paesi in forte sviluppo, in particolare quelli del sud est Asia e in Europa il Portogallo.

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Che la tecnologia italiana delle macchine da stampa, grafica e carta sia tra le più apprezzate del mercato concorrono a provarlo anche i dati dei maggiori costruttori ed esportatori a livello mondiale che vendono l’Italia passata al secondo posto, seguita a breve distanza dalla Cina, e dietro solo alla Germania, per quanto il delta tra il primo e secondo posto sia ancora significativo. E anche la bilancia commerciale dei principali costruttori ed esportatori vede un podio cambiato di poco, con ancora la Germania al primo posto, l’Italia al secondo, ma il terzo occupato dal Giappone.

La conoscenza è competitività

I dati economici dimostrano anche la capacità innovativa delle imprese. In particolare le esportazioni riescono a mantenersi elevate laddove vi sono innovazione e tecnologia; questo perché «oggi il sapere e la ricerca rappresentano l’elemento centrale della competitività» commenta il professore Luigi Nicolais, ex presidente del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) ed ex Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, esaminando la situazione della ricerca e sviluppo in Italia e le prospettive che attendono in proposito il paese. «All’interno dell’economia moderna non c’è più staticità nell’attività dell’industria, soprattutto nei settori specifici dell’innovazione tecnologica» afferma «e chi è avanti non si può fermare, deve continuare a correre». Di fronte ai cambiamenti degli ultimi dieci anni che hanno modificato profondamente ogni ambito della nostra vita, da quello istituzionale a quello economico e politico, si è compreso come la competizione non può più essere basata sulla mera riduzione dei costi, soprattutto nei paesi europei. È accaduto quindi che alla generale operazione di delocalizzazione a cui si è assistito qualche anno fa, è recentemente seguito il fenomeno contrario del riallocamento nei paesi dove c’è un elevato contenuto di conoscenza tecnica e la capacità di offrire garanzie nella produzione. Questo nuovo paradigma «ci impone una competizione basata sulla capacità di riempire di conoscenza i nostri prodotti». La stessa cosa è avvenuta nelle università, «dove si percepisce ora una maggiore sensibilità nel rapporto con le imprese e dove finalmente c’è un’osmosi continua tra ricerca di base e applicata, ora non più viste come entità separate. Si è compreso che bisogna cambiare il modo di essere e riportare la persona al centro dello sviluppo».

Il tempo della reindustrializzazione

La nuova sfida per il mondo dell’impresa, quindi, è mantenere la competitività e per farlo serve una nuova industrializzazione che miri a sviluppare quelle che il professore chiama le attività “knowledge intensive”, nelle quali la conoscenza è elemento essenziale e centrale. Ciò significa cambiare prospettiva, «c’è bisogno di un’interazione tra produttori e utilizzatori di macchine, prodotti e materiali, mettendo insieme chi sta a monte e chi sta a valle di un processo di innovazione». Un esempio eclatante, in tal senso, è quello del settore tessile che è passato da uno sviluppo prettamente lineare dell’innovazione a uno radiale, in cui il produttore è collegato a diversi utilizzatori. «Questo è un cambiamento epocale, che verte sull’importanza delle interazioni tra persone e competenze diverse». O ancora il settore aeronautico – seguito negli ultimi tempi anche da quello delle automobili – che ha reinventato il modo di costruire gli aerei e vede oggi una produzione dei vari componenti decentrata in diverse sedi super specializzate, con una riduzione dei costi, e lo sviluppo di una rete globale e della figura dell’integratore di conoscenza o “knowledge integrator”.

La filiera della conoscenza diventa quindi un elemento centrale, anche per l’Italia. Perché sia davvero efficace per lo sviluppo del sistema paese è però necessario cominciare a coinvolgere le scuole; «occorre cercare di trasferire ai giovani la curiosità del trovare, creare una mentalità e una capacità critiche» ovvero realizzare politiche di formazione e ricerca unite a politiche industriali ed economiche. «Solo così la formazione, la ricerca scientifica e la reindustrializzazione porteranno allo sviluppo della competitività, a quello dell’industria e all’occupazione. Questi devono essere blocchi non più considerati come a sé stanti, ma collegati tra loro».

La centralità della ricerca

Competitività e innovazione significano anche R&S. «L’Italia è al primo posto per quanto riguarda la qualità dei ricercatori e i risultati scientifici conseguiti, ma l’ultima negli investimenti in ricerca» sottolinea Nicolais. Tanto più che «le pmi italiane per loro caratteristica hanno difficoltà nel fare ricerca e investire su progetti che non possono dare ritorni in tempi brevi. Per questa ragione la ricerca deve essere fatta a livello pubblico e le aziende devono potere accedere a tali risultati senza la necessità di affrontare un costo fisso troppo elevato». Occorre anche dire che le possibilità di finanziare progetti di ricerca e di sviluppo industriale oggi non mancano, né a livello nazionale – l’Europa ha previsto fondi strutturali che puntano alla competitività territoriale – né a livello europeo. In questo ambito, in particolare, «Horizon 2020 ha posto una grande attenzione all’utilizzabilità delle ricerche e alla loro applicazione pratica. Le matrici entro cui si muovono tutte le ricerche che rientrano nel modello di programma sono due, le tecnologie, che interessano diversi settori, e le sfide sociali». Non solo, in Europa, ricorda in ultimo Nicolais, si sta formando anche l’European innovation council per finanziare e gestire il mondo delle innovazioni e delle start-up. «Sarà pronto probabilmente per la fine del 2017 e avrà l’obiettivo di avviare, accanto ad attività di ricerca finanziata, anche attività d’innovazione, aspetto per il quale ci sarà la necessità di uno stretto legame con il mondo dell’impresa».

Un’opportunità chiamata ricerca
Attuali misure a favore dello sviluppo di R&S a livello nazionale ed europeo.
In Italia:
-Patent box, incentivazione della collocazione in Italia dei beni immateriali attualmente detenuti all’estero
-Credito di imposta R&S, attribuito a tutte le imprese che effettuino investimenti in attività di ricerca e sviluppo (2015-2019).
In Europa:
  • a gestione diretta dell’Ue:
-Horizon 2020, per ricerca e innovazione (budget 80 miliardi di euro)
-Cosme (2,3 miliardi di euro), Life – Ambiente e clima (3,5 miliardi di euro) e 3rd Health Programme (0,45 miliardi di euro) per crescita sostenibile, occupazione e tematiche sociali
-Strumento europeo di vicinato e partenariato (15 miliardi di euro) per internazionalizzazione delle imprese;
  • a gestione delegata agli stati membri, fondi strutturali:
-Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) (183,3 miliardi di euro)
-Fondo di coesione (68,7 miliardi di euro).

Italia Grafica 70 anni | Il digitale, tecnologia mainstream?

Per Mauro Luini, Business Driver Digital Equipment di Heidelberg Italia, la tecnologia digitale è già mainstream in alcuni settori. Se un tempo era relegata alla sola stampa, oggi cresce anche nella nobilitazione e nelle tecniche diverse dal classico commercial printing.

 

Il nuovo foil Kurz per la nobilitazione di carte ruvide si chiama Alufin MTC

luxor-alufin-mtcLuxoro, agente e distributore esclusivo per l’Italia del Gruppo Kurz, annuncia il lancio sul mercato del foil Luxor®/Alufin® MTC, ultimo nato fra i foil della serie M, progettato specificatamente per essere utilizzato nella stampa a caldo di carte ruvide (come per esempio la carta Killer White), cartoncini e supporti speciali, come per esempio le carte laminate lucide.

«Il nuovo foil MTC si presenta a tutti gli operatori delle Arti Grafiche», precisa Marco Gaviglio, Business Manager Luxoro, «come punto di riferimento per applicazioni di nobilitazione su superfici speciali e critiche, andando a sostituire Luxor/Alufin HC, da tempo per lo stesso campo d’applicazione».

MTC è considerato superiore in termini di qualità al suo predecessore per la stampa su superfici ampie, ma anche per il livello di lucentezza per colori lucidi e opacità per colori opachi. Inoltre, può essere lavorato a temperature leggermente inferiori rispetto al foil HC.

«In base alla nostra esperienza», continua Marco Gaviglio, «riteniamo che la prima alternativa alla serie HC sia MTH, una foglia che garantisce una stampa più pulita rispetto ad altri prodotti. MTH è una soluzione già ben consolidata nel nostro mercato e può essere anche economicamente più vantaggiosa. La nuova serie MTC si differenzia dalla MTH per una gamma colori decisamente più ampia».

Le caratteristiche, dichiarate da Kurz:

  • Ottima adesione su un’ampia varietà di superfici: MTC risulta particolare adatto su carta ruvida, carta strutturata e cartone
  • Eccezionale copertura
  • Ottime proprietà per la stampa di ampie superfici
  • Elevata velocità di stampa
  • Ottima release
  • Rapido set-up
  • Ideale per le medie e ampie superfici di stampa
  • Dettagli molto fini possono essere realizzati con macchine rotative

I campi d’applicazione di Luxor/Alufin MTC comprendono la nobilitazione di biglietti augurali, etichette di vino, stampe su cartoni ed etichette ruvide e strutturate. Il loro utilizzo ben si applica anche con disegni ampi o in combinazione con rilievi complessi o con microembossing.

Il nuovo prodotto ha già visto la luce in Nord America e ora è disponibile anche negli altri mercati, Europa compresa.