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Primo trimestre 2016: vola l’export delle macchine da stampa, converting e legatoria

Le esportazioni crescono del +18,5%, con le Americhe a tirare la volata e l’Asia che cede qualche posizione. L’import, invece, al +10,9%, vede in pole position i fornitori europei e asiatici.
Secondo i dati Istat, elaborati dall’Ufficio Studi Acimga, da gennaio a marzo di quest’anno sono cresciute a due cifre sia le esportazioni sia le importazioni di macchine per printing, converting, cartotecnica e arti grafiche, confermando lo slancio dell’industria italiana di settore.
Si consolida così il trend più che positivo dei mercati esteri: un dato particolarmente significativo per i costruttori che fanno capo ad Acimga, che fuori confine realizzano, mediamente il 70% del giro d’affari. «Questa tendenza» sottolinea al riguardo Marco Calcagni, Presidente dell’associazione confindustriale «testimonia la fase espansiva di una serie di economie importanti, a est come a ovest del mondo, ma anche e soprattutto la capacità dell’industria italiana di rispondere alle esigenze espresse nei diversi paesi e contesti. Siamo leader a livello mondiale sul piano tecnologico, commerciale e di servizio e abbiamo tutte le carte necessarie a consolidare il nostro primato.
«Molto interessante» considera Andrea Briganti, direttore di Acimga «anche l’andamento del mercato domestico, che si conferma in ripresa dopo un lungo periodo di scarsa dinamicità, incoraggiando le imprese a progettare il futuro con ottimismo.»
Uno slancio che non ha subito rallentamenti neppure nel periodo precedente drupa quando, come noto, di solito tutto si ferma in attesa di vedere in fiera le ultime novità. Al contrario, la vetrina internazionale delle tecnologie per il printing ha visto una grande affluenza di buyer italiani che hanno investito in progetti importanti. Drupa 2016 è stata una grande fiera, dove operatori di tutto il mondo hanno confermato l’interesse e la fiducia nelle proposte Made by Italy e firmato contratti per milioni di euro.

Export

Sale l’America, scende l’Asia Nel primo trimestre dell’anno in corso, le esportazioni totali dei costruttori hanno guadagnato il 18,5% rispetto allo stesso periodo del 2015, per un valore superiore ai 340 milioni di euro.
Sono cresciute del 22,1% le vendite in Europa, che rappresentano oltre la metà (il 57%) del totale, e di un ottimo +41,8% nelle Americhe. Calano, invece, del 10,5%, i contratti stipulati con buyer asiatici.
Gli Stati Uniti si sono affermati come il primo mercato di sbocco dei costruttori italiani (44,9 milioni), davanti a Francia (26,7 milioni), Germania (24,3 milioni), Regno Unito (24,2 milioni) e Turchia (23,2 milioni).

Import: il dominio europeo e la crescita dell’Est del mondo

Le importazioni complessive di macchine da stampa e converting sul mercato italiano sono aumentate del 10,9%, a più di 105 milioni di euro.
Sono cresciuti soprattutto gli acquisti dall’Europa (+10,8%), che fornisce l’84% del totale importato e dall’Asia (+12,3%). Meno brillante (+4,9%) il dato americano.
Guardando ai singoli paesi, vediamo che aumenta l’import dalla Germania (+27,4%), dalla Cina (+28,5%) e dai Paesi Basi (+35%). In questi primi tre mesi dell’anno sono invece calati gli acquisti di macchinari francesi (-13,2%).

Le shopper Saxoprint: qualità e personalizzazione per comunicare

Shopper SaxoprintLe shopper di carta di Saxoprint sono completamente personalizzabili, e sono la confezione ideale per prodotti e regali o apprezzato gadget per fiere ed eventi, perchè la shopper è anche uno strumento di promozione: attira immediatamente l’attenzione, è versatile nell’utilizzo e garantisce un alto grado di visibilità ai messaggi.

Paolo Fiorelli, Senior Key Account Manager di Saxoprint per l’Italia, dichiara «Per i prodotti di questa nuova categoria, abbiamo prestato particolare attenzione ai dettagli: manici resistenti, comfort di trasporto e la possibilità di stampare su tutta la superficie disponibile sono solo alcune caratteristiche particolarmente apprezzate dai nostri clienti.»

Grazie al comodo configuratore online, Saxoprint offre tante possibilità creative. Le shopper sono disponibili in 11 formati, da quello «mini» (10×5×10 cm) alla versione maxi (54×14×45 cm), fino a quella per bottiglie (10×10×36). È possibile scegliere tra cinque differenti materiali, con quattro varianti di manici in cinque colori diversi. Le shopper si distinguono per varietà, per resistenza e, nella versione con manico in carta ritorta per la stampa offset, che offre il massimo della qualità in termini di resa cromatica e dettagli. Inoltre, grazie al bordo risvoltato, sono ancora più confortevoli e non si corre il rischio di graffiarsi con il margine, spesso tagliente, della carta. Per chi ha bisogno di molto spazio per comunicare, è possibile utilizzare per la stampa della propria grafica tutta la superficie della shopper.

È possibile scegliere, inoltre, la tipologia di carta: dalla kraft marrone, che possiede naturalmente una grande resistenza e un aspetto naturale, alla kraft bianca, dalla bellezza discreta e senza tempo e dalla superficie non patinata, per una sensazione tattile piacevole e una stampa sempre rispettosa dei colori. La scelta della carta patinata assicura, invece, una riproduzione dei dettagli estremamente nitida in fase di stampa e una straordinaria brillantezza cromatica. Le shopper con carta patinata sono tutte plastificate ed è possibile scegliere tra una plastificazione lucida o opaca.

Per quanto riguarda i manici, Saxoprint offre un comodo manico in tessuto, uno in carta ritorta o il pratico fustellato, per soddisfare ogni esigenza estetica e di resistenza. Il manico in tessuto, di lunghezza variabile a seconda del tipo di presa (a mano o a spalla), è disponibile in diversi spessori, 4m m, 6 mm e 9 mm, con imbottitura in cotone e nei colori bianco, nero, blu, rosso e grigio. In particolare, il manico extra morbido da 9 mm con anima in cotone garantisce la massima comodità di trasporto. In alternativa, è possibile scegliere un manico fustellato di 90×30 mm, in cui la sagoma ovale dell’impugnatura conferisce un tocco di eleganza in più e il cui bordo rinforzato permette una presa comoda e salda. Il manico in carta ritorta è impiegato con successo ed è particolarmente adatto per le shopper del commercio al dettaglio stazionario.

La maggior parte dei formati sono offerti da Saxorpint con l’opzione di produzione «express», ovvero con completamento entro dieci giorni lavorativi dalla conferma dell’ordine.

Per offrire ai propri clienti la certezza di poter scegliere la shopper giusta per le proprie esigenze, Saxorpint mette a disposizione due «sample set», comodamente ordinabili dal sito, con tutte le opzioni disponibili di dimensioni, carte e manici.

Inoltre, per maggiori informazioni, è possibile contattare il servizio di assistenza, disponibile dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 19, dove un operatore dedicato guiderà il cliente passo per passo nella creazione dell’ordine, fornendo consigli utili e informazioni sempre precise e dettagliate.

Stampa 3D: l’esperienza di Eliofossolo nelle parole di Enrico De Guglielmo

Allargare i propri orizzonti: sposare la stampa e le scansioni 3D.
Per un’azienda grafica presente sul mercato da oltre vent’anni, che lavora nel piccolo e grande formato in digitale e offset, l’innovazione non è soltanto comperare nuove attrezzature per la stampa tradizionale.

Eliofossolo è un’azienda di Villanova di Castenaso, in provincia di Bologna, che fornisce dal 1992 i servizi che ci si può aspettare da una delle tante strutture di questo genere che sono sparse per tutta Italia: stampa digitale di piccolo e grande formato, stampe offset a colori e in bianco e nero, plottaggi, scansioni, rilegature, plastificazioni e così via. Lavori che esegue da sempre, con la consueta attenzione per lo stato dell’arte delle tecnologie che è indispensabile per rimanere sul mercato. Indispensabile, ma forse non sufficiente, ha pensato Enrico De Guglielmo, amministratore unico di Eliofossolo. Tanto da spingerlo a introdurre con decisione nella sua azienda la stampa 3D, dando vita sia a un nuovo servizio di manifattura additiva per la produzione di oggetti in gesso a colori, in ABS e in resina con marchio Stampa3D by Eliofossolo sia al prodotto Mini-Me, l’avatar perfetto® per realizzare riproduzioni di persone mediante la stampa 3D e a partire da accurate scansioni tridimensionali.

Ma quali sono esattamente le ragioni che hanno indotto Eliofossolo a questo passo?

Ne abbiamo parlato con Enrico De Guglielmo e con Cristian Parmeggiani, cofondatore di 3DZ, il rivenditore autorizzato di 3D Systems con sette sedi in tutto il territorio nazionale, che ha venduto all’azienda bolognese la più recente stampante 3D che ha adottato: il sistema ProJet 66o Pro che consente, mediante la tecnologia proprietaria ColorJet Printing, la stampa tridimensionale in CMYK di oggetti in alta definizione che può essere sabbiato, perforato, inciso, verniciato e placcato. I modelli ottenuti con questa macchina sono resistenti alle alte temperature e adatti anche per la fabbricazione digitale e per applicazioni di stampaggio.

I tempi che cambiano

«La nostra storia», racconta De Guglielmo «nasce nel campo della stampa tradizionale, dove abbiamo acquisito una ventennale professionalità. Ma i tempi sono cambiati e un imprenditore che non se ne renda conto è destinato a lavorare sempre di meno.
Con il supporto dei miei dipendenti, ormai un paio di anni fa, ho intrapreso questo nuovo percorso di riqualificazione per offrire al cliente soluzioni innovative e al passo coi tempi. Si è trattato di un investimento importante in macchine e formazione, in un momento storico nel quale il cliente era ancora digiuno sulle ampie potenzialità della stampa 3D».

enrico-deguglielmo3DZ ha offerto tutta la sua professionalità e gli strumenti adatti per consentire di dare forma alle nostre idee. Sono moltissimi gli ambiti, come sottolinea l’amministratore di Eliofossolo, che possono trarre vantaggi da questa tecnologia: dal mondo dell’architettura a quello della fornitura di gadget personalizzati, dai designer che hanno bisogno di toccare con mano il prototipo del progetto prima di entrare nella produzione ai progettisti industriali, fino ai privati che possono stampare le proprie idee in 3D.
«Ad oggi», prosegue De Guglielmo «possiamo dire di aver raggiunto più di un obiettivo: siamo ormai una realtà nella nostra regione come service di stampa 3D e abbiamo visto l’apertura di due service affiliati a Stampa3D by Eliofossolo, uno a Monza (in Brianza) e uno a Senigallia (Ancona). Prosegue anche il nostro progetto che abbiamo chiamato Mini-ME, l’avatar perfetto che realizza, tramite la scansione dal vivo di una persona, un avatar vero e proprio che riproduce con una fedeltà entusiasmante la figura così digitalizzata, producendo una statuina di gesso in milioni di colori. Può essere stampata in diverse dimensioni e, ovviamente, a diversi prezzi. Questo progetto prevede anche l’appoggio su diversi punti rivenditori, a Bologna e dintorni, e l’apertura di negozi affiliati, uno dei quali è a Senigallia (AN)».

Chiarezza e formazione

Eliofossolo è entrato da un paio d’anni a questa parte nel settore della stampa 3D, in un periodo in cui si cominciava a parlare in maniera più divulgativa della manifattura additiva grazie all’ingresso sul mercato di numerosi produttori di stampanti low-cost che hanno contribuito a diffondere l’idea di poter stampare oggetti, ma che hanno creato anche confusione sulla differenza tra quanto si può fare con modelli da poche centinaia di euro e quello che si può fare con le attrezzature professionali, tra le quali la ProJet 660 Pro di 3D Systems per esempio.
«Per avvicinare i nostri clienti tradizionali», afferma De Guglielmo «e anche nuovi potenziali, abbiamo organizzato diverse tavole rotonde su che cosa è e a cosa serve la stampa 3D, dando ampia diffusione all’iniziativa con investimenti pubblicitari e di comunicazione su riviste e portali di settore. Come relatori abbiamo scelto professionisti che utilizzano queste tecnologie nel loro lavoro e tecnici che hanno effettuato dimostrazioni in diretta. Questi eventi sono stati molto seguiti da un pubblico eterogeneo e proveniente da tutta Italia. Reputo interessante in questo senso anche l’aver realizzato una serie di corsi aperti a tutti, di avvicinamento e prima pratica sui programmi di modellazione 3D, corsi che si ripetono ciclicamente. Al momento attuale, disponendo già di macchine e tecnologie di ultima generazione, concentriamo l’investimento sulla comunicazione, per fare crescere sempre più l’interesse a quanto l’azienda è in grado di fare nel 3D, pensando sia al mondo del lavoro sia alla sfera della ricerca».

I punti di forza della ProJet 66o Pro

Una delle ultime attrezzature acquistate da Eliofossolo, come accennato, è la ProJet 66o Pro. «I suoi punti di forza» spiega Parmeggiani «si possono così riassumere: nessuno scarto di materiale, capacità di realizzare qualsiasi oggetto di qualsiasi forma grazie al supporto completamente rimovibile, elevata velocità di stampa (la tecnologia ColorJet Printing è la più veloce al mondo), realizzazione di modelli full color in quadricromia ed elevatissima produttività, in quanto questa tecnologia è in grado di realizzare tantissimi modelli anche completamente sovrapposti senza alcun dispendio aggiuntivo di tempo e materiale. Enrico De Guglielmo cercava una soluzione che fosse facile da utilizzare, che realizzasse campioni economici ma allo stesso tempo dotati di colore, visto che il suo business è quello della stampa tradizionale.

Cristian Parmeggiani co-fondatore di 3DZ.
Cristian Parmeggiani co-fondatore di 3DZ.

Si richiedeva inoltre che la macchina fosse in grado di realizzare qualsiasi geometria, sia meccanica sia estetica e che potesse essere impiegata in un ambiente da ufficio e non industriale. Tutte queste risposte le ha trovate nella ProJet 66o Pro, che è in grado di stampare in quadricromia con un dettaglio altissimo e che, grazie alla sua area di stampa da 254×381×203 millimetri, può garantire alta produttività sia su pezzi piccoli sia di grandi dimensioni. Un ulteriore crescita di Eliofossolo potrebbe avvenire attraverso l’acquisizione di stampanti da produzione, garantendosi così la possibilità di offrire un servizio di stampa 3D a 360 gradi per qualsiasi tipologia di settore e di impiego. Tali soluzioni consentirebbero a Eliofossolo di realizzare componenti impiegabili nella produzione e la realizzazione di serie di pezzi ad alte prestazioni meccaniche ed estetiche».

Prime operazioni di «pulitura» di un pezzo stampato in 3D. Le post-lavorazioni sono fondamentali come nella stampa tradizionale per ottenere un buon prodotto.
Prime operazioni di «pulitura» di un pezzo stampato in 3D. Le post-lavorazioni sono fondamentali come nella stampa tradizionale per ottenere un buon prodotto.

Eliofossolo aveva bisogno di una struttura con professionisti e competenza che potesse aiutarlo a partire in un mondo che per lui era del tutto nuovo. La collaborazione con 3DZ, fornitrice della stampante, non si è conclusa con la vendita del prodotto: l’azienda ha continuato a supportare Eliofossolo anche nell’affrontare le svariate richieste dei clienti e nella ricerca di nuove collaborazioni commerciali, come tutt’ora sta facendo con l’interessamento verso il clonescan3D, lo scanner 3D per la digitalizzazione di persone e oggetti in grande scala.

Eliofossolo ha investito nella stampante 3D in quadricromia ProJet 66o Pro con tecnologia ColorJet Printing di 3D Systems, ideale per l’animazione, i negozi di modellismo professionale, la progettazione e lo sviluppo dei prodotti di consumo, ma anche per la produzione digitale, artistica e altro ancora.
Eliofossolo ha investito nella stampante 3D in quadricromia ProJet 66o Pro con tecnologia ColorJet Printing di 3D Systems, ideale per l’animazione, i negozi di modellismo professionale, la progettazione e lo sviluppo dei prodotti di consumo, ma anche per la produzione digitale, artistica e altro ancora.

Pixartprinting lancia la sfida su Zooppa: vince la migliore idea di evoluzione del logo aziendale

Con il progetto Pixartprinting needs a Thrill – The ultimate logo contest, Pixartprinting sbarca su Zooppa.com, social network globale per il talento creativo. Letteralmente alla ricerca di un brivido, di un’esperienza elettrizzante il W2P veneziano sceglie per la prima volta il crowdsourcing creativo con il contest, disponibile fino al 1 settembre 2016. «Dal 1994 siamo partner tecnologico per la stampa di migliaia di clienti che si affidano al nostro shop online. Ogni giorno più di 8.000 progetti grafici vengono caricati sulla nostra piattaforma per essere stampati su vari supporti e spediti in tutta Europa e ora anche negli Stati Uniti» commenta Andrea Pizzola, direttore marketing e vendite Pixartprinting. «Non solo forniamo stampati di alta qualità, ma attraverso le nostre attività di marketing siamo fonte di ispirazione costante per la community di utenti. Questa volta l’enorme network di grafici e creativi, che da anni sceglie la nostra azienda come partner, diventa protagonista e viene coinvolto nella creazione di un nostro progetto: una nuova idea di evoluzione del logo.»

Lo spirito e l’obiettivo del contest è trovare idee originali e innovative su cui costruire un nuovo logo che sia contemporaneo e in grado di esprimere i caratteri distintivi dell’azienda, la sua continua crescita e la sua tensione verso l’innovazione e l’evoluzione. L’idea premiata sarà la base da cui Pixartprinting partirà per la realizzazione del nuovo marchio.

Come fonte di ispirazione i partecipanti sono invitati a utilizzare il sito aziendale in cui possono trovare tutti i riferimenti relativi al posizionamento e alla vision, ma le direttive sono molto chiare: non lasciarsi condizionare dall’esistente e spaziare con la propria creatività. Non è richiesto necessariamente un progetto definitivo, si può partecipare anche con un bozzetto purché corredato da spunti e materiali grafici utili a comprenderne il potenziale creativo.

Il concorso è aperto a grafici e creativi europei e americani, previa registrazione sul sito Zooppa.com ed è possibile accedervi dalla pagina dedicata creata dall’azienda.

La deadline per il caricamento della proposta è il 1 settembre 2016. Fra tutti i progetti in lizza, Pixartprinting sceglierà quello più in linea con i suoi valori, assegnando al vincitore un compenso totale lordo di 5.000 Euro, oltre alla possibilità di collaborare allo sviluppo del progetto. Come riconoscimenti a tutti i partecipanti Pixartprinting assegnerà un codice sconto del 50% per il prossimo ordine sull’e-shop.

A tutte le agenzie pubblicitarie: c’è tempo fino al 12 luglio per iscriversi a OpenartAward

Si chiuderanno il prossimo 12 luglio le iscrizioni per partecipare alla V edizione di OpenartAward, il premio alla pubblicità promosso e ideato dalla Openart di Napoli: dal 1999 punto di riferimento della formazione professionale della grafica e della comunicazione visiva.

Grazie al successo delle prime quattro edizioni, OpenartAward è diventato ormai uno tra i premi più ambiti nella categoria della pubblicità in quanto unico premio del settore «Istituzionalmente Riconosciuto» perché unico ad aver ottenuto i patrocini di numerosi enti istituzionali (Medaglia del Presidente della Repubblica, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dello Sviluppo Economico, Presidenza della Regione Campania, Comune di Napoli, Commissione Europea) ed è aperto a tutte le aziende che si occupano di comunicazione nel territorio della Comunità Europea.

Tra le alte, OpenartAward, tende a dare grande risalto alle agenzie partecipanti (un apposito ufficio stampa si occuperà di comunicare agli organi d’informazione le fasi del concorso) con la conseguenza, in ogni caso, di creare un ulteriore canale di visibilità alle comunicazioni pubblicitarie che le agenzie iscriveranno al concorso.

Inoltre, OpenartAward ha una rilevanza «didattico/formativa»: la giuria del concorso (unico premio del settore ad avere questa specificità) è costituita per intero da studenti ed ex studenti dei corsi di grafica e comunicazione visiva (una garanzia di imparzialità assoluta); questa caratteristica del premio crea un un ponte concreto tra il mondo della formazione e il mondo del lavoro dando la possibilità agli studenti di toccare con mano il lavoro dei professionisti e nel contempo consente a quest’ultimi di testare la propria creatività comunicativa su un campione molto particolare e attento alle evoluzioni delle tendenze della grafica, quale è, appunto, quello degli allievi dei corsi di grafica e comunicazione visiva.

OpenartAward è un premio assolutamente indipendente da qualsiasi organismo di settore, non ha alcun scopo di lucro (la partecipazione è assolutamente gratuita), e nasce, in origine, con scopi meramente didattici.

Non accede (e non vuole accedere, per mantenere massima trasparenza e indipendenza) ad alcuna sovvenzione pubblica o privata e le sponsorizzazioni tendono solo a coprire le spese organizzative.

Il premio OpenartAward è poi l’unico evento dedicato alla pubblicità in Italia di livello internazionale in quanto unico a essere aperto alla partecipazione di agenzie di comunicazione e marketing della comunità europea (grazie anche al patrocinio della Commissione Europea).

OpenartAward prevede anche una serie di iniziative collaterali tese a creare una sempre maggior esposizione delle agenzie, migliorare il contatto tra gli studenti e le aziende, tentare di far nascere un associativismo spontaneo che potrebbe favorire sinergie tra le agenzie di comunicazione e quindi ampliare il mercato dell’intero comparto.

Il premio si svolge secondo questo calendario: le agenzie pubblicitarie possono iscriversi (gratuitamente) e presentare i propri elaborati entro il 12 luglio 2016, dopodiché la giuria procede alle votazioni i cui risultati saranno comunicati durante la premiazione che avverrà il 22 ottobre 2016 presso il PAN (Palazzo delle Arti di Napoli). Tutti i lavori partecipanti al concorso verranno esposti dal 19 al 23 ottobre nelle sale della stessa struttura (PAN) dove sono previsti anche una serie di incontri e seminari dedicati alla comunicazione. Verrà esposta anche una selezione di artwork di ex studenti Openart che si sono inseriti nel mondo professionale della comunicazione pubblicitaria.

Premiazione dell’Agenzia Arakne con il premio speciale offerto da “ArtistiInVetrina” riservato alle produzioni di cataloghi d’arte del 2015.
Premiazione dell’Agenzia Arakne con il premio speciale offerto da “ArtistiInVetrina” riservato alle produzioni di cataloghi d’arte del 2015.

Realizzazione di celle solari e circuiti elettronici in stampa

Un bell’esempio di collaborazione tra il mondo dell’industria e quello della ricerca scientifica. Prosegue la collaborazione tra l’Istituto Italiano di Tecnologia e Omet per la realizzazione di celle solari e circuiti elettronici stampati. E si concretizza con la creazione di una società per la vendita dei primi prodotti realizzati.

Quasi due anni fa, sul numero di dicembre 2014 di Italia Grafica, avevamo dedicato un servizio alle ricerche nell’ambito dell’elettronica stampabile effettuate dal Center for Nano Science and Technology di Milano (CSNT), nato nel 2010 e appartenente alla rete dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT). In particolare avevamo parlato del lavoro del gruppo ricerca di Mario Caironi sulla Printed and Molecular Electronics, che è riuscito a mettere a punto un procedimento che permette di stampare circuiti elettronici organici su supporti che spaziano dalla plastica alla carta. Non solo: all’interno del gruppo guidato da Caironi erano già a buon punto gli studi del ricercatore Marco Carvelli e dei suoi colleghi sulle celle solari organiche stampabili, che poteva contare sulla presenza in sede di una macchina flessografica Omet per le ricerche. Una forma interessante di collaborazione tra il mondo della ricerca e quello industriale (nella quale IIT è particolarmente versato) che abbiamo voluto approfondire, scoprendo che si è tradotta nella costituzione tra i ricercatori e Omet di Ribes, una società a responsabilità limitata per iniziare a commercializzare i primi prodotti messi a punto dal laboratorio.

Dal progetto alla startup

«Stiamo investendo da anni sull’elettronica stampata – ci racconta Antonio Bartesaghi – collaborando sia con università americane sia con l’Istituto Italiano di Tecnologica, fornendo le nostre macchine per la ricerca. L’obiettivo è quello di creare con un processo di stampa quello che fino a oggi è stato ottenuto con procedimenti diversi.

Antonio Bartesaghi, amministratore delegato di Omet.
Antonio Bartesaghi, amministratore delegato di Omet.

Il vantaggio che si otterrebbe, uso il condizionale perché la ricerca in questa direzione è ancora decisamente migliorabile nonostante abbia fatto passi da gigante negli ultimi anni, è di abbassare in maniera drastica i costi dell’elettronica con un impatto diretto sui costi dei prodotti di largo consumo e anche sulla possibilità di progettarne di nuovi, dagli schermi flessibili alla sensoristica con l’unico limite della fantasia applicativa».

Omet ha una conoscenza specifica dei processi di stampa con tutte le tecnologie presenti sul mercato e ha anche, da sempre, una buona propensione per l’innovazione. «Non soltanto partendo dalla conoscenza che abbiamo e che utilizziamo nei settori per noi tradizionali», precisa Bartesaghi «ma cercando di guardare oltre gli orizzonti consueti. Qualche tempo fa abbiamo pensato che se si potevano stampare circuiti elettronici, forse si sarebbero potuti stampare con lo stesso principio anche pannelli fotovoltaici. Attraverso un docente universitario del Politecnico siamo stati messi in contatto con IIT, una realtà che allora non conoscevo se non marginalmente. Abbiamo trovato un terreno fertile e ne è scaturito un accordo grazie al quale abbiamo fornito alla sede milanese dell’Istituto un nostro macchinario flessografico, sul quale i loro ricercatori assieme ai nostri tecnici hanno cominciato a lavorare sul fotovoltaico stampato».

Una collaborazione che ha cominciato a dare buoni frutti. «Non abbiamo ancora realizzato un processo industriale per questi prodotti», sottolinea Bartesaghi «ma siamo riusciti a stampare piccoli pannelli fotovoltaici che funzionano e generano effettivamente energia. Quando sono sottoposti alla luce artificiale la loro efficienza è paragonabile a quella dei pannelli tradizionali, mentre alla luce del sole hanno un’efficienza ancora non del tutto soddisfacente. Ovviamente la ricerca deve continuare secondo il tipico cammino dello sviluppo tecnologico, step by step. La cosa importante è che abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi che ci eravamo proposti di raggiungere nei tempi previsti».

Il ricercatore di IIT Marco Carvelli mostra le prime celle solari stampate con una macchina flessografica della Omet.
Il ricercatore di IIT Marco Carvelli mostra le prime celle solari stampate con una macchina flessografica della Omet.

Le applicazioni di questa tecnologia sono importanti, limitate soltanto dalla fantasia applicativa. Pensiamo ad esempio a un sensore di allarme che può essere alimentato da un pannello fotovoltaico stampato che riceve energia dall’illuminazione di interni, senza bisogno di cavi o di sostituire pile. O all’etichetta di un packaging che può riprodurre filmati, alimentata da una cella solare integrata nella confezione.

«Ribes», conferma Mario Caironi, team leader del Printed and Molecular Electronics del CNST di Milano «si occuperà in generale di stampa di materiali intelligenti. Il filone principale sarà il fotovoltaico in generale, operando sia nel mercato della conversione della luce solare sia in quello della conversione della luce artificiale. Uno dei primi settori sul quale ci concentreremo è quello dell’Internet delle cose, che ha bisogno di energia perché tutti i dispositivi devono essere alimentati. Le nostre celle solari possono sostituire o affiancare le batterie di questi dispositivi, aprendo nuovi scenari tecnologici perché questi oggetti possono essere energicamente dipendenti».

Mario Caironi, team leader del gruppo Printed and Molecular Electronics dell'IIT.
Mario Caironi, team leader del gruppo Printed and Molecular Electronics dell’IIT.

Se la ricerca va avanti per migliorare il prodotto, i tecnici di Omet e i ricercatori di IIT si sentono già pronti a entrare a tutti gli effetti sul mercato. «Dallo scorso novembre il progetto di collaborazione si è trasformato nella costituzione di una società nata per fornire i primi prodotti basati sull’elettronica stampata funzionali alle sperimentazioni da parte delle aziende che stanno mettendo a punto i prototipi per applicazioni concrete. Andiamo ancora avanti con la ricerca ovviamente, perché siamo arrivati soltanto ai primi step di quanto ci eravamo prefissati, ma dal momento che abbiamo già dei prodotti vendibili, abbiamo deciso di affrontare il mercato con una società a responsabilità limitata, partecipata sia da noi sia dai ricercatori che hanno partecipato al progetto in questi anni».

Il rischio della ricerca pura

Investire nella ricerca pura non è cosa comune a molte aziende. Un conto è mettere dei soldi nella ricerca e sviluppo sui prodotti che fanno parte del core business aziendale, come le macchine flessografiche o quelle per il converting, nel caso di Omet. Un altro è investirli in un progetto sul quale inizialmente ci sono solo vaghe possibilità di un ritorno economico. «L’investimento nella ricerca per noi è un obbligo ed è l’unico modo per garantire la continua competitività e la crescita dell’azienda sul mercato» spiega Bartesaghi. «A questo bisogna aggiungere che noi siamo per natura portati a investire dove ci sia vera innovazione, fare cose che gli altri non fanno. Ogni azienda che investe in ricerca e sviluppo sa che questa attività è fonte di un potenziale reddito e nello stesso tempo rischioso. Nel caso dell’elettronica stampata il rischio iniziale era più alto, perché non avevamo la certezza che si potesse realizzare veramente quello che avevamo in mente. Era un tentativo basato sulla fiducia che avevamo nelle nostre competenze e in quelle di IIT. Oggi invece siamo sicuri, alla luce di quello che abbiamo fatto fino a ora, che questa attività diventerà un ambito di ritorno di investimento e quindi di reddito».

Un prototipo delle celle solari stampate nei laboratori del CNST di Milano mediante flessografia.
Un prototipo delle celle solari stampate nei laboratori del CNST di Milano mediante flessografia.

Omet
Il Gruppo Omet, con sede a Lecco, è formato da due società: Omet e O-Pac. La prima è stata fondata nel 1963 ed è formata da tre divisioni (ognuna con un proprio stabilimento) che si occupano rispettivamente della produzione di macchine da stampa in fascia stretta e media per la produzione di etichette e imballaggi, di macchine automatiche per la produzione di tovaglioli e asciugamani usa e getta e di sistemi a movimentazione a cuscinetti. O-Pac invece, fondata nel 1989, produce salviettine umidificate per vari usi. L’intero gruppo impiega circa 287 persone in Italia e 48 all’estero nelle tre filiali di Cina, Spagna e Stati Uniti. Omet Lavorazioni Meccaniche, con sede nella città di Lecco, è il quinto stabilimento produttivo del gruppo e serve le altre unità di business per quanto riguarda le parti e le lavorazioni meccaniche in genere. Le divisioni di Omet che producono macchine per la stampa di etichette e imballaggi e per il tissue converting hanno realizzato più di 1.300 progetti in tutto il mondo.
Innovazioni a tutto tondo. Se quella relativa all’elettronica stampata è innovazione pura, in casa Omet non viene naturalmente tralasciato il filone di ricerca e sviluppo più tradizionale, legato alle macchine da stampa per etichette che per il gruppo di Lecco rappresentano una delle sua attività di spicco. L’ultima novità riguarda la iFlex (un dettaglio nella foto), una macchina entry-level che introduce per la prima volta nel mondo della stampa flessografica un sistema di pre-registro assistito da laser denominato iLight e il controllo di registro iVision. Il primo è un sistema di pre-registro caratterizzato dalla presenza di un puntatore laser su ogni unità di stampa. I puntatori laser guidano l’operatore nell’allineamento di tutti i cliché, accelerando il cambio lavoro e riducendo gli scarti. Puntatori laser di fatto identici sono posizionati sull’unità di fustellatura – uno perpendicolare al taglio, per un accurato registro longitudinale, e uno allineato con il materiale per il miglior risultato di taglio/stampa. iVision, invece, è un sistema di registro assistito da videocamere (una per unità di stampa). Le immagini scansionate dal sistema sono inviate al display iVision per il supporto alla regolazione del registro manuale prima che il materiale raggiunga la fine della linea.
Un circuito elettronico stampato, in questo caso con una tecnica diversa dalla flessografia. Un’altra delle sperimentazioni fatte nella sede milanese dell’Istituto Italiano di Tecnologia.
Un circuito elettronico stampato, in questo caso con una tecnica diversa dalla flessografia. Un’altra delle sperimentazioni fatte nella sede milanese dell’Istituto Italiano di Tecnologia.

Istituto Italiano di Tecnologia
IIT è una fondazione di diritto privato istituita congiuntamente dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dal Ministero dell’Economia e Finanze. Il suo obiettivo principale è di promuovere nel nostro Paese lo sviluppo tecnologico e l’alta formazione in ambito scientifico e tecnologico, ma la sua particolarità più interessante è rappresentata dal fatto che il suo programma mira a integrare la ricerca scientifica di base con lo sviluppo di applicazioni tecniche. E non solo sulla carta: la conversione in legge del decreto del 24 gennaio 2015 consente all’IIT di costituire o partecipare a start-up innovative e altre società, con soggetti pubblici o privati, italiani o stranieri. Come nel caso di Omet, ad esempio, che collabora in particolare con il Center for Nano Science and Technology che l’Istituto Italiano di Tecnologia ha aperto nel 2010 nelle vicinanze del Politecnico di Milano. Vi opera un centinaio di ricercatori (sono 800 quelli presenti nella sede centrale di Genova di IIT). Scopo dell’attività di ricerca del CNST è fare innovazione tecnologica partendo dalla ricerca di base. In particolare i campi di applicazione specifici sono la conversione fotovoltaica, i sistemi bio-mimetici e l’elettronica stampata. L’IIT ha al suo attivo di oltre 300 brevetti, che spaziano dai nuovi materiali alle nanotecnologie.

OneMorePack: serata finale e premiazioni by Grafica Metelliana

A Napoli serata conclusiva della terza edizione del premio ideato da Grafica Metelliana. Il OneMorePack 2016 è stato assegnato ai più innovativi imballi realizzati da professionisti e studenti che si sono distinti per cura dei dettagli, qualità e capacità di progetto.

La serata di premiazioni si è tenuta a Napoli, presso Agorà Morelli, durante la quale il packaging è stato assoluto protagonista. Il 23 giugno si è tenuto infatti l’evento conclusivo di OneMorePack, il premio ideato da Grafica Metelliana e giunto alla sua terza edizione.

Dedicato al design nel settore dell’imballaggio cartotecnico, il concorso si propone di individuare e promuovere i migliori packaging realizzati sul mercato italiano.

Il progetto nasce da una crisi settoriale, racconta Gerardo Di Agostino, amministratore delegato di Grafica Metelliana, «nel 2012 partecipammo alla fiera drupa per capire cosa stesse accadendo nel settore; già allora c’erano segnali della crisi degli stampati commerciali e al nostro rientro pensammo di mettere in atto un progetto per farci conoscere». Fu così che da un’intuizione di Marco Pecoraro, direttore commerciale dell’azienda, nacque il premio OneMorePack, che prese il via nel 2014.

Due le sezioni in gara, professionisti e studenti

I primi si sono sfidati in quattro categorie – Food, Non food, Visual e Label – con lavori realizzati per il mercato nazionale o estero; tra loro la giuria ha individuato anche quattro menzioni speciali. Mentre nella sezione a loro dedicata, oltre quaranta studenti di Istituti superiori e Università con indirizzo design si sono cimentati nella realizzazione di una soluzione pensata per una linea di profumi destinata al mercato italiano; l’obiettivo era la realizzazione di un sistema di packaging cartotecnico e un’etichetta.

L’idea che sottende il premio è di puntare al packaging, divenuto nel corso di questi anni, come lo definisce Di Agostino, «punto di forza del mercato» e grazie al quale la stampa può reinventarsi. In questa terza edizione, in particolare, emerge l’importanza dell’innovazione tanto nei supporti quanto nelle lavorazioni. I progetti dei professionisti sono caratterizzati da «packaging nobilitati, con un’attenzione nella ricerca e selezione delle carte e delle soluzioni cartotecniche» commenta l’ad. Mentre i lavori degli studenti si dimostrano a loro volta «sempre più attenti alle logiche del mercato reale».

L’edizione 2016 di OneMorePack è solo l’ultimo passo di un percorso iniziato tre anni fa, conferma Emily Louise Simonis, presidente della giuria. «I lavori premiati quest’anno mostrano una grandissima attenzione al dettaglio, alla qualità e alla capacità di progetto. È molto interessante notare l’evoluzione avvenuta in questi tre anni, durante i quali si sta cercando di uscire dalla crisi e, soprattutto, di trovare un nuovo modo di lavorare».

Un percorso che deve tenere conto di una precisa strategia, indispensabile per giungere a un risultato capace di interpretare tutte le declinazioni in cui sarà tradotta una marca, come hanno spiegato Elio Carmi e Alessandro Ubertis, dell’omonima agenzia Carmi e Ubertis di Milano, raccontando cosa sia il packaging design e riportando la loro personale esperienza.

Guarda i vincitori!

I premiati

A salire sul gradino più alto dei rispettivi podi sono stati, tra i professionisti, Corrado Del Verme (agenzia Santomiele graphics) con «Scatole ‘Officina del gusto’» per la categoria Food; Maurizio Di Zio e Fabio Di Donato (agenzia Studio 55) per la categoria No food con il progetto «Un sacco di rispetto»; Stefania Saracco (agenzia Junglelink) con «Milo» per la categoria Visual e Debora Manetti (agenzia Studio Kmzero) con «Label confetture e marmellate» per la categoria Label.

Mentre tra gli studenti si è aggiudicata il primo posto Lavinia Bonomi – Università degli studi di Genova, facoltà di architettura – che ha vinto uno stage di tre mesi presso un’agenzia di comunicazione.

Infine i premi delle quattro menzioni speciali sono stati assegnati ad Alice Tacconi per la Miglior innovazione, a Michele Bondani per la Miglior comunicazione, a Umberto Lui per la Miglior funzionalità, e nuovamente a Maurizio Di Zio e Fabio Di Donato per la Miglior sostenibilità.

drupa 2016: intervista a Stefano De Marco di Tecnau

 

Manuel Trevisan intervista il responsabile vendite e marketing di Tecnau.

Cuore italiano, mente italiana, che dal 2011 si è presentata sul mercato estero con l’acquisizione di Lasermax Roll System.

 

Scambio elettronico di ordini: ecco come ottimizzare il flusso

Il miglioramento delle performance degli etichettifici passa anche dalla condivisione d’informazioni tecniche, logistiche ed economiche con fornitori e clienti. Quando, quanto, cosa e come condividere.

Internazionalizzazione, innovazione, informatizzazione sono le tre «I» che hanno cambiato i rapporti tra etichettifici, clienti e fornitori. L’aspetto più rilevante è la crescente condivisione d’informazioni tese a ottimizzare innovazione, produzione, logistica. Da sempre le aziende impiegano i dati come volani per il miglioramento interno, ora l’attenzione si è spostata sulla filiera e il potenziamento passa dal mettere in comune informazioni pubbliche o strettamente riservate. I sistemi EDI (Electronic Data Interchange) sono stati in parte sostituiti da internet, dalla rete Gdsn (Global Data Synchronisation Network) e in modo crescete dal cloud. Gli EDI consentono lo scambio di documenti normalizzati tra sistemi informativi ed ERP (Enterprise Resource Planning) di diverse aziende.
La normalizzazione, ossia l’uso di un linguaggio che funge da interfaccia tra sistemi informativi diversi, permette lo scambio elettronico di ordini, documenti di trasporto, fatture, inventari e così via.

La rete Gdsn

Anche la rete Gdsn è un sistema di integrazione end-to-end, ma a differenza dell’EDI si avvale del Web: premette alle aziende di avere un unico punto di accesso alle informazioni di prodotto, i dati sono sempre aggiornati e si sincronizzano dopo ogni modifica. Il sistema è formato da una rete di archivi di dati e dal Global Registry. Quest’ultimo permette lo scambio di dati standard tra partner commerciali aderenti al sistema, assicurando che i dati condivisi siano unici e conformi alle regole mondiali.
I prodotti (Trade Item) sono identificati tramite un codice GS1 detto Gtin (Global Trade Item Number) mentre le aziende e i luoghi fisici sono identificati da un GLN (Global Location Number).
La combinazione di Gtin, GLN e Target Market (l’area geografica dove vale una particolare anagrafica) permette di condividere le informazioni sul prodotto garantendone l’unicità nella rete. Le informazioni di prodotto sono aggiornate in modo coerente tra i partner commerciali; i dati sono convalidati dagli standard che ne garantiscono l’accuratezza; l’unicità degli item è garantita dal Global Registry che identifica univocamente ogni unità pubblicata e le informazioni necessarie per il suo reperimento.

Tutti i perché sì del cloud

La “nuvola” è una trasformazione epocale che sta progressivamente estendendosi all’intera informatica: sta infatti cambiando il modo di programmare, gestire le infrastrutture internet, usare le applicazioni e progettare questi servizi. In passato i software si acquistavano, scaricavano e installavamo, ora si utilizzano direttamente sul Web previo abbonamento; le piattaforme di sviluppo software si installavano su un server, oggi si “affittano” per il tempo strettamente necessario; lo stesso accade per le infrastrutture complete (server, storage, database). I servizi cloud coprono tre grandi ambiti: SaaS (Software as a Service), PaaS (Platform as a Service), IaaS (Infrastructure as a Service).

Negli SaaS i software sono erogati come servizi, si pensi ai programmi fruibili attraverso la piattaforma Google Apps; gli PaaS trattano i servizi per sviluppare, testare e distribuire un’applicazione per esempio la Cloud Platform di Google; gli IaaS erogano l’intera infrastruttura IT (processori, storage, servizi di rete) per esempio gli Amazon Web Services.

Il cloud è privato quando l’infrastruttura e la piattaforma appartengono a una unica azienda che eroga servizi solo alle proprie consociate e unità produttive; è pubblico quando i servizi sono erogati via internet da un service provider a diversi clienti. Ci sono anche soluzioni miste, tra queste community cloud con servizi erogati da un’azienda o un service provider a un gruppo ristretto di organizzazioni che condividono alcune caratteristiche per esempio livelli di sicurezza, norme legali, obiettivi, l’infrastruttura può essere gestita da una delle aziende del gruppo o da un provider esterno. Nel cloud ibrido i servizi sono costruiti su infrastrutture che utilizzano la modalità privata per alcuni aspetti (per esempio la conservazione dei dati) e la modalità pubblica per altri (per esempio le interfacce di accesso).

All’etichettificio non resta che capire quale tra le suddette soluzioni è più consona alla propria organizzazione, quale il più economico ed efficiente, quale partner tecnologico dovrà fornire i servizi cloud. Le ragioni per passare al cloud sono tante e variano da azienda ad azienda. Le piccole imprese possono non avere le risorse necessarie per gestire in modo ottimale un server per servizi il backup, altre possono ritenere più economico ospitare i propri file e servizi nel datacenter di un provider che costruirne uno proprio; aziende che hanno già investito in infrastrutture possono voler rendere più efficiente il proprio datacenter adottando le caratteristiche di un cloud privato.

Una delle piattaforme cloud in forte crescita tra le piccole e medie aziende europee che stampano packaging è FileCamp. Creata nel 2010 per migliorare la condivisione di file e la gestione degli asset digitali è stata progettata per professionisti e aziende che lavorano nel settore della grafica e dei media. Ora vanta più di 25mila utenti in trenta Paesi, ha uffici in Svizzera, Danimarca e Stati Uniti.

Quali dati condividere

Oltre ai file grafici può essere utile condividere altre informazioni, badando però a non rivelare dati sensibili e a fissare sempre stringenti clausole di riservatezza.
È utile costruire una check list per identificare i rischi e valutare la probabilità che i “casi peggiori” si realizzino causando dei danni. Così facendo si arriva a ipotizzare la reale portata del rischio, a confrontarlo con l’impatto dei benefici attesi e a prendere la decisione giusta.
È importante ricordare che la condivisione di alcuni tipi d’informazioni può essere male interpretata e arrivare a essere considerata una violazione delle norme dell’antitrust.
Potrebbe nascere il sospetto che alcuni dati possano essere utilizzati per dare vita a un cartello, ossia a un accordo tra più aziende finalizzato a limitare o eliminare la libera concorrenza, tramite, per esempio, la fissazione di un unico prezzo di vendita di una data etichetta.
Le autorità antitrust hanno facoltà di controllare i sistemi di condivisione delle informazioni e i dati condivisi per accertare che non siano utilizzati a fini diversi rispetto all’intento originale. Se in passato la tecnologia era una barriera all’entrata, oggi le nuove tecnologie sono alla portata di tutti e ai partner di progetto non resta che negoziare specifiche, modalità e suddivisione dei costi.

Supplier Relationship Management nel settore etichette
SRM (Supplier Relationship Management) è la disciplina di pianificazione strategica per gestire le interazioni con i fornitori di beni e/o servizi. L’obiettivo è massimizzare il valore delle interazioni stesse.  Una relazione così impostata comporta un’aperta e mirata condivisione di dati, tecnologie, cultura per raggiungere obiettivi comuni: è solitamente riservata a pochi fornitori accuratamente selezionati e segue un percorso in cinque fasi, una sorta di roadmap percorribile per intero o solo in parte. Ad ogni fase corrispondono specifiche attività e i progressi sono quantificabili in base a parametri ben definiti.
Il primo passaggio è composto da «selezione iniziale, audit e assegnazione di campionature e piccoli lotti di fornitura». Attività tipiche di questa fase sono: condivisione di procedure amministrative e informatiche, capitolati e specifiche tecniche, prassi per l’assegnazione delle forniture, nell’intento di minimizzare gli errori derivanti dalla mancanza di un pregresso operativo comune. Vengono altresì verificati il rispetto dei tempi di consegna; sono discusse e chiarite differenze e discrepanze procedurali.
Si passa poi alla «fase sperimentale»: le forniture sono confermate, possono nascere occasioni per verificare la reattività e la capacità di problem solving. Prevalgono le attività di fine tuning nella collaborazione tra le due aziende.
Nella successiva «fase di intensificazione» aumentano comunicazione e feedback, si condividono informazioni sui costi, si cerca il modo per snellire i processi, eliminando gli eventuali colli di bottiglia e tutti i passaggi che non danno valore per potersi focalizzare sulla valutazione di progetti reciprocamente più vantaggiosi.
Si può poi pensare a una vera e propria «integrazione». In questo caso i processi delle due aziende sono del tutto armonizzati, si condividono asset, campagne di comunicazione, risorse umane.
L’ultimo passaggio prevede la creazione di joint venture per la ricerca e sviluppo, l’innovazione, la filiera degli approvvigionamenti, la logistica, i sistemi informatici.

Stampa digitale: cambiano gli orizzonti dello stampatore

La veloce trasformazione del mercato della stampa digitale in Europa.
I print service provider stanno guidando l’introduzione di nuovi prodotti e formati digitali. Ma quali di questi avranno più probabilità di diventare redditizi in futuro? La ricerca InfoTrends ci aggiorna sulle tendenze dei prossimi anni.

Rapida e invisibile, l’espansione del mercato della stampa digitale sta vivendo, specie in alcuni segmenti, prospettive di crescita davvero molto promettenti. Le basse tirature, la personalizzazione, il versioning e, soprattutto, la rapidità nell’esecuzione e nella fornitura delle commesse favoriscono alcuni business rispetto ad altri, sia sul versante B2B sia su quello B2C, come dimostra la ricerca InfoTrends presentata ai primi di giugno del 2015 durante la conferenza Dscoop Open di Dublino (ma ancora molto attuale, ndr) e relativa alle tendenze in atto sul grande mercato europeo. Tra questi trend ci sono alcuni interessanti incroci con settori del tutto esterni alla print industry, come per esempio quello dell’elettronica o della fotografia, che sono destinati a diventare nel tempo sempre più integrati e famigliari per clienti e consumatori. Ma andiamo a vedere gli highlight più rilevanti della ricerca.

Lo stampatore sta cambiando ottica

L’indagine InfoTrends, effettuata a metà febbraio 2015, mostra innanzitutto che la crescita più vigorosa e veloce è quella sostenuta dalle tecnologie digitali. Le 253 aziende grafiche intervistate su tutto il territorio europeo hanno infatti dichiarato che la parte più significativa del proprio giro d’affari è quella relativa ai prodotti realizzati con stampa digitale (49%), una percentuale molto più elevata rispetto al secondo protagonista classificato, la stampa tradizionale, che si arresta al 24,1%, quindi a meno della metà del primo. La terza scelta è invece per il wide format, che emerge solo per 17% dei rispondenti, mentre il packaging, il labelling e i servizi di creatività si attestano tutti e tre al 16,2%.
Fatta questa premessa sull’autorevolezza espressa già attualmente dal digitale, la ricerca passa poi a osservare tutta la potenza ancora inespressa da questa tecnologia, cioè quelle aree di espansione non ancora sfruttate appieno e quelle ancora del tutto inesplorate. L’indagine si rivolge quindi a poco più di cento responsabili d’aziende grafiche e domanda loro da che cosa sia dipesa la crescita del giro d’affari, qualora essa vi sia stata.
Le risposte mostrano un’interessante polarizzazione attorno a tre item significativi: l’espansione di servizi aggiuntivi verso il cliente (40,2%), gli investimenti in nuovi macchinari (39,2%) e quelli in software per l’automazione (38,2%). Anche gli investimenti realizzati nell’area vendite e marketing sono piuttosto rilevanti (35,3%) ma non vanno a toccare quegli elementi di innovazione di prodotto e di processo che tanto interessano la ricerca.
Significativo è inoltre il basso punteggio registrato da due delle scelte più sollecitate e quotate fino a poco tempo fa, cioè quella relativa alle specializzazioni di nicchia e quella focalizzata sulle politiche dei prezzi, entrambe statiche al 21,6%, sintomo forse di opzioni senza grosse possibilità di sviluppo.
Progresso e crescita vengono invece segnalati in un’altra parte della survey in cui si chiede agli intervistati quali trend generalisti impatteranno positivamente sul business nei prossimi cinque anni. E qui i benefici più importanti vengono riconosciuti nell’avanzamento del mobile marketing, nell’atteggiamento ecologista e sostenibile delle aziende grafiche, e nell’utilizzo di social media e marketing digitale, tutti sintomi di un’ormai mutata percezione del mondo da parte degli stampatori, assai più sensibili ai richiami dell’innovazione.
Una conferma parziale di quanto detto è anche nella risposta successiva, quella relativa alle iniziative che gli stessi stampatori metteranno in essere da qui a cinque anni per aumentare il proprio giro d’affari: ben il 52,2% afferma che si focalizzerà nella riduzione dei costi e nel miglioramento dell’efficienza produttiva, mentre il 40,3% espanderà l’offerta di nuove applicazioni e di servizi innovativi per il cliente.

Le nuove aspettative dei buyer

Mutando la prospettiva il risultato non cambia. Vale a dire che, anche osservando le cose dalla parte del cliente finale, la richiesta di cambiamento rispetto alle logiche dell’offerta e del servizio è sempre più urgente e indispensabile. Laddove infatti si chiede ai buyer europei (ben 509 gli intervistati) quali siano i criteri di scelta di un print service provider, le risposte si focalizzano sulla qualità dell’ouput di stampa (2,7 su una scala da 1 a 4), sul «valore» intrinseco espresso da uno stampato (2,6), sul suo prezzo finale (2,6) e sulla gamma di servizi aggiuntivi (2,5). Preferenze, queste, che si impongono per importanza su altri aspetti considerati negli ultimi anni dei must-have, quali per esempio la capacità di cambiare lavorazioni in fretta, il rapporto privilegiato con il cliente attraverso una persona dedicata, o ancora le credenziali di sostenibilità ambientale dell’azienda di stampa. Evidentemente la crisi e la competizione sul mercato stanno facendo focalizzare l’attenzione dei clienti su alcune caratteristiche di affidabilità ritenute ormai inderogabili, a scapito di altre considerate importanti, sì, ma meno stringenti.
Ancora più interessante è inoltre notare che i buyer intervistati in questa ricerca dichiarano di aver usato (ben il 72% del totale degli interpellati) materiale stampato per campagne di marketing integrato («qualche volta» il 46,6%, «spesso» il 19,6% e «sempre» il 5,7%), a dimostrazione del fatto che l’utilizzo di stampati con connessioni multicanale rappresenta uno dei business più promettenti del futuro.

Personalizzazione e integrazione

Naturalmente queste operazioni di «linkaggio» e ibridazione tra stampa e media avvengono più facilmente quando il lavoro viene realizzato con tecnologia digitale, soprattutto laddove il livello di personalizzazione è più alto e il dato da stampare è variabile. Ed è in questa direzione, infatti, che 299 aziende (cioè tutte quelle in grado di misurare i risultati delle proprie campagne media) hanno risposto, attribuendo il 9,9% di successo (su una scala da 1 a 10) a quelle operazioni che coinvolgono più canali contemporaneamente, come la stampa, l’e-mail, le landing page dei siti Web e il mobile marketing. Quest’ultimo dato è forse il più interessante tra tutti quelli emersi nella ricerca InfoTrends perché l’integrazione tra stampa e device mobili è una delle frontiere più attraenti per tutto il comparto della print industry.
L’interazione tra stampa e contenuti accessibili via «mobile» è oggi offerta da una serie di strumenti tecnologici come i QR code, il mobile messaging, gli Nfc e la realtà aumentata, tutte innovazioni caratterizzate da un comun denominatore, quello di essere facilmente stampabili. Sia su flyer, magazine, biglietti da visita e cartellonistica, sia sul packaging stesso degli articoli in commercio. Rendendo così il business della stampa «linkata» un vero driver per le sorti di tutto il mercato.
Il problema, al limite, è rappresentato dal fatto che la maggior parte dei consumatori è ancora all’oscuro dei possibili utilizzi di questi strumenti. Soprattutto sul fronte della personalizzazione dello stampato. In questo senso diventa fondamentale il ruolo degli stampatori nell’introduzione di nuovi prodotti e formati, facendo da guida e da apripista alla scelta dei consumatori finali.

La fotografia: un’occasione da non perdere

Proprio sul versante dei prodotti estremamente personalizzati esiste già oggi un grande business che sta sviluppando una serie di innovazioni di prodotto via via più interessanti. Si tratta ovviamente della fotografia, vero culmine della customizzazione di prodotto. Ogni pezzo è infatti unico e presenta un livello di coinvolgimento (engagement) del cliente superiore a ogni altra forma di comunicazione stampata. Anche qui il problema è quello di comunicare bene ai consumatori finali che cosa possono realizzare con le proprie immagini.
Il rapporto InfoTrends mostra grandi opportunità proprio in questa vasta area di applicazioni, caratterizzata dai numerosi segmenti che spaziano dai photobook fino alla stampa commerciale. D’altronde i dati parlano chiaro: il numero di stampe originate da immagini digitali scattate dagli utenti è in poderosa crescita, in particolare quelle realizzate con gli smartphone. InfoTrends parla di un incremento del mercato che parte dai 1,2 miliardi di euro del 2014 per arrivare a 1,5 miliardi nel 2019. Da notare che il mercato online rappresentava nel 2014 il 73% dei ricavi totali della stampa di immagini fotografiche. E secondo InfoTrends è molto probabile che nel 2019 si arrivi al 76%. Inoltre con l’aumento dell’uso di social network, la forma di comunicazione fotografica e la condivisione degli scatti stanno raggiungendo livelli impensabili fino a pochi anni fa, con interessanti ricadute anche sul fronte della riproduzione su carta di quelle stesse immagini.

Il grande successo dei photobook

Le applicazioni fotografiche più promettenti risultano oggi essere quelle dei photobook, dei calendari fotografici e dei canvas. I fotolibri nel 2014 hanno coperto il 24,3% del totale dei volumi fotografici stampati e la loro crescita attesa è per il 2019 intorno al 31,3%. I calendari rappresentano nel 2014 il 13,8% della torta e per loro è prevista una crescita fino al 15,5% da qui al 2019. Infine i photo canvas, un prodotto ancora poco conosciuto e apprezzato dai consumatori, hanno avuto nel 2014 una quota di mercato pari all’8,4% ma hanno davanti a sé una crescita molto sostenuta fino al 2019, stimata intorno al 14% del totale dei volumi venduti. Quest’ultimo prodotto ha dalla sua anche una progressiva diminuzione del prezzo medio unitario che passerà dai 42,9 euro registrati nel 2014 ai 38 euro del 2019.
Per il momento il prodotto che si sta differenziando maggiormente resta però il photobook, forse più maturo degli altri prodotti fotografici, sicuramente il più duttile e meglio predisposto alle trasformazioni di formato. Attualmente alcuni importanti operatori online propongono fotolibri in formati che partono dal «pocket» (15×11 cm) o dallo «small» (14×13 cm) per arrivare fino all’«XXL landscape» (38×29 cm), a dimostrazione di un’offerta sempre più variegata e dinamica anche all’interno dello stesso segmento.
Anche in questo caso la possibilità di integrare il prodotto photobook con applicazioni di Qr code o di realtà aumentata trova grandissimo credito, con vere e proprie potenzialità applicative, come la ricerca InfoTrends non tarda a dimostrare: alla domanda se l’inserimento nel fotolibro di QR code che rimandi a un filmato attivabile e visionabile su smartphone può risultare intrigante per il consumatore, ben il 34% dei rispondenti dimostra vivo interesse, il 26,1% mostra un buon interesse, il 13,8% un interesse moderato, mentre soltanto il 20,4% si dimostra per niente interessato e il 5,7% poco interessato.
La ricerca di nuovi formati e di innovative applicazioni per la stampa fotografica svolgerà, dunque, un notevole ruolo di apripista per altri prodotti editoriali che saranno in grado di coniugare i contenuti e una buona dose di gusto e creatività personale, rendendo lo stampato un prodotto altamente customizzato e di valore intrinsecamente elevato.