Home Blog Pagina 231

drupa 2016: intervista a Ralf Schlozer di InfoTrends

Manuel Trevisan ha intervistato Ralf Schlozer, direttore della divisione European on demand printing&publishing consulting service di InfoTrends.

«Drupa è un must, sono alla mia settima presenza e ha sempre un grande fascino. Per me è un’ottima occasione per conoscere il mercato, e per capire dove andrà. E ovviamente un momento di incontro e confronto con gli altri operatori del settore. Questa drupa in particolare ci sta mostrando come il settore sia capace di continuare a evolversi, reinventandosi, ci sono diverse tecnologie nuove; il packaging e il commerciale stanno evolvendo insieme, nel grande come nel piccolo formato, la stampa si sta imponendo come una parte di un processo più grande, con automazione e sistemi intelligenti.»

Quali sono secondo te i trend del mercato, sia a livello globale, che italiano?

«Questa un’industria guidata dalle persone, inventori, innovatori, imprenditori, ecco perché incontrare le persone è sempre interessante: scambiarsi idee, opinioni… al di là della tecnologia e delle valutazioni sul mercato. Il mercato italiano è senz’altro tra i primi, soprattutto nella stampa digitale e sulla stampa industriale. L’Italia è un grande esportatore di prodotti stampati.

«Sono stato ad alcuni eventi, dimostrazioni, recentemente, che mi hanno colpito. Gli imprenditori, almeno alcuni, cercano sempre di essere in prima linea, e per questo sono persone interessanti, che creano.»

Il successo della carta da parati, nelle parole di Mauro Jannelli

Mauro Jannelli

Le imprese italiane devono essere consapevoli dell’unicità culturale dei consumatori a cui si rivolgono. Una ricetta appresa perfettamente da Jannelli&Volpi che ha portato le sue carte da parati negli showroom più raffinati di ogni angolo del mondo.

Sembra proprio che le imprese italiane oggi non possano più limitarsi a un approccio timido verso i mercati esteri. Un po’ per via di un fronte interno asfittico che non riesce più ad assorbire l’offerta, e un po’ perché anche all’estero esistono ormai frotte di progettisti, ingegneri e creativi pronti a sviluppare le nostre stesse capacità in quasi tutti i settori della produzione e del design. Insomma, presto non potrà più bastare il semplice appellativo «made in Italy» ma occorrerà aggiungere nuovi sostanziosi ingredienti.

Una fase della lavorazione della carta da parati nello stabilimento Sirpi di Tribiano (MI).
Una fase della lavorazione della carta da parati nello stabilimento Sirpi di Tribiano (MI).

L’unico modo per poter accedere con successo alle piazze di questi mercati sarà quindi l’innovazione di prodotto?

Lo chiediamo a Mauro Jannelli, proprietario del gruppo Jannelli&Volpi, tre generazioni di storia nella carta da parati, settore che ha conosciuto una grande espansione all’estero e che oggi permette all’azienda di realizzare oltreconfine ben il 90% del fatturato.

La carta da parati è un articolo molto particolare. Ci racconta l’evoluzione di questo prodotto da semplice «coprimuro» a elemento d’arredo?
«Il prodotto carta da parati era di gran moda nel mercato nazionale a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, poi è caduto in declino di gusto e di immagine perché le pitture decorative e altri prodotti ne avevano preso lo spazio.

Il prodotto «Carta da parà» progettato da Stefano Panterotto, uno dei giovani designer ingaggiati da Jannelli&Volpi.
Il prodotto «Carta da parà» progettato da Stefano Panterotto, uno dei giovani designer ingaggiati da Jannelli&Volpi.

Negli anni 2000 è tornata a conoscere una crescita di immagine molto interessante anche sul mercato nazionale, pur avendo perso tutti i grandi volumi degli anni migliori. Oggi rispetto ad allora è un prodotto di nicchia, di design, considerato di fascia alta e quindi ben diverso da quella carta da parati italiana ed europea degli anni Settanta, che era considerata perlopiù una copertura delle mura domestiche. Ora si rivestono solo quelle parti della casa che necessitano di una valorizzazione in termini di design e decorazioni.
La crisi degli anni Novanta ci ha portato in anticipo rispetto ad altri settori a guardare all’estero come mercato di sbocco, e ora beneficiamo di un buon posizionamento della carta da parati italiana in molti Paesi del mondo. Dopo i tedeschi, dal punto di vista del volume, siamo tra i tre Paesi esportatori più importanti al livello globale».

Torniamo alla domanda d’apertura. Può ancora bastare l’innovazione di prodotto, o forse è arrivato il momento di «reinventarsi» per approdare all’estero?
«Penso che l’innovazione del prodotto sia un elemento necessario ma non sufficiente alla buona riuscita dell’impresa. Dico necessario perché non saremmo mai in grado di competere con le produzioni locali, siano esse cinesi, russe, tedesche o americane, se non con un aspetto tecnologico e innovativo rilevante. Dico anche che non è sufficiente perché occorre aumentare le nostre conoscenze in merito ai gusti e ai costumi dei mercati di riferimento. Serve infatti la capacità di adattare i nostri prodotti alla cultura locale, pur mantenendo quello stile che contraddistingue il prodotto made in Italy. Quindi esiste un’attività che io definirei un po’ “camaleontica” nel riuscire a essere se stessi pur adattandosi alle sfumature che giustamente caratterizzano ogni mercato locale».

Non teme la concorrenza di aziende dei Paesi minori che possono scovare manager occidentali bravi ed esperti, pagarli fior di quattrini e in questo modo risolvere il problema delle competenze?
«Fino a oggi, nel nostro settore, non si sono registrate situazioni di perdita di know how a seguito del distacco di manager, ma è certo che questo potrebbe rappresentare una minaccia. Il livello qualitativo e competitivo delle produzioni locali è cresciuto in modo molto rilevante nell’ultimo decennio, tale da aver già sostituito una parte dei prodotti italiani, soprattutto nella fascia media. Quindi diciamo che l’elemento di concorrenza relativo alla produzione autoctona ha già ridotto e in prospettiva ridurrà ancora i volumi delle nostre produzioni. In particolare occorre sottolineare che la recente crisi economico-valutaria in Russia, e quindi tutto ciò che riguarda le transazioni in Rublo, ha incrementato il costo e anche i prezzi finali dei nostri prodotti. Come vede, a volte giocano a sfavore anche questi fattori ambientali. E, quando ci sono, generalmente non hanno un rientro facile. Quindi non credo ci siano minacce così evidenti rispetto alla “fuga” dei manager, pur essendo comunque un fatto da non sottovalutare».

Giriamo la prospettiva: voi come avete fatto a presidiare quei mercati lontani? Ricordo un’intervista del passato dove si parlava di Turchia e Medio Oriente, due opportunità ghiottissime per voi. È bastato collocare laggiù un ufficio di rappresentanza?
«Certamente anche noi, nel nostro settore, abbiamo fatto uso finora di questi uffici di rappresentanza, e comunque di agenti, come strumento di promozione del prodotto. Quello che noi oggi osserviamo come utile e necessario è la presenza di show-room creati e situati in location geograficamente vincenti, e quindi adeguate a fornire visibilità ai nostri prodotti e ai brand. Questa formula si è evoluta nel tempo e si appoggia molto spesso a partnership contratte con clienti nelle città più rappresentative come Parigi, Londra, Pechino, New York, Dubai, Francoforte, Mosca ecc. Quando noi trattiamo con un nostro concessionario, che a quel punto non raffigura più un ufficio di rappresentanza, chiediamo e caldeggiamo una collaborazione per poter allestire show-room condivisi nella presentazione del prodotto. E questa non è poca cosa perché si assegna un taglio di immagine di un certo tipo. Quindi non si tratta esattamente di un presidio aziendale di Jannelli&Volpi in quella determinata realtà locale, ma di una vera e propria collaborazione. E credo che questa sia, in una luce prospettica, la direzione giusta da seguire».

Quindi per avere successo in Paesi lontani da noi culturalmente ci vuole un business con caratteristiche locali. Voi come avete fatto a comprendere questi gusti “nativi”?
«Più che avere una risposta mi piacerebbe poter dire che si riesce sempre a raggiungere quest’obiettivo, anche se a volte non è così semplice. Torno a dire che non c’è una via unica a che occorre essere un po’ camaleontici. Noi cerchiamo di creare dei product manager, o meglio dei “product area-manager”, vale a dire persone che si specializzano visitando il luogo e approfondendo le conoscenze di quel mercato. In modo tale che nello sviluppo del prodotto, realizzato qui in Italia, riescano a trasferire la massima attenzione rispetto alle esigenze locali. Questo è quello che cerchiamo di fare. Inoltre completiamo questa ricerca con mirate azioni di marketing che valorizzino i design e i brand che ci sostengono. Ripeto, l’innovazione è importante e necessaria, però se dopo non si trovano gli strumenti in grado di dare luce ai prodotti innovativi attraverso attività di marketing adeguate, non si arriva mai a penetrare il mercato nel modo giusto».

E questi vostri product manager sono locali o italiani?
«Sono italiani. Da questo punto di vista credo sia molto importante mantenere questa “originalità”. Noi italiani abbiamo storicamente la capacità di trasferire e trasmettere una conoscenza, uno spirito e uno stile che non riusciremmo mai a ritrovare nei manager locali».

Però occorre saper parlare bene il turco o il cinese…
«Sicuramente l’aspetto della comunicazione è molto importante, ma è ancora più importante quello che ho detto poco fa sulla trasmissione di un “saper fare” che è tutta nostrana. Il massimo è trovare un italiano in loco che possa svolgere questa funzione, anche se sono convinto che si possa diventare un vero product manager vivendo laddove il prodotto nasce e si realizza».

Prima mi accennava alle iniziative di marketing. È chiaro che il consumatore mediorientale o asiatico richiederà un’esperienza di acquisto molto diversa da quella occidentale. Come fate a comprendere quali corde toccare?
«È ovvio che anche gli strumenti di marketing necessitano di una maggiore attenzione e cura rispetto ai tempi passati. Quindi occorre certamente l’innovazione di prodotto ma anche quella relativa al marketing. È importante però che sia sempre l’azienda a guidare questi cambiamenti, più che farsi guidare passivamente dalle esigenze locali. Devo inoltre aggiungere che in questi ultimi anni si sta verificando uno connubio interessante tra il mondo della moda e quello dell’interior design. È un fatto che molti stilisti famosi stiano approcciando con interesse il mondo delle carte da parati. Ne danno prova le crescenti attenzioni di importanti stilisti di moda, primo tra tutti Giorgio Armani. La linea Armani Casa, di cui il nostro gruppo è licenziataria, sta dando forte impulso alla carta da parati come complemento d’arredo.
Per Armani infatti vestire la casa è come vestire una persona
. E da questo punto di vista la sinergia che si è creata è già di per sé una vera e propria attività di marketing. Armani direziona o sceglie i nostri disegni, certo, ma è vero anche che conta moltissimo il suo nome. In sostanza, il brand Amani si impone molto facilmente sul mercato».

Anche voi state usando leve e canali di marketing come Facebook o Pinterest?
«Direi che più i mercati sono lontani, e più i social network e internet diventano strumenti utili e importanti. Il nostro è così facilmente visualizzabile che trova nelle immagini digitalizzate uno strumento di promozione molto facilitato. Occorre in ogni caso essere molto attivi e propositivi con questi mezzi. Sembra facile realizzare una pagina Facebook o Pinterest, ma occorre costruire e coltivare risorse umane che vivano in azienda e sappiano nutrire costantemente il social network dei valori giusti. Credo occorra investire molto in tal senso. Noi lo stiamo facendo da tempo. Abbiamo un discreto e attivo social network come Jannelli&Volpi dove siamo attivi già da qualche anno, e stiamo spingendo in tale direzione soprattutto con Facebook e Instagram. Un po’ meno con Twitter perché privilegiamo ovviamente l’uso evocativo e intelligente delle immagini. Ovvio, poi, che tutti questi strumenti convergano sui nostri siti internet, che rappresentano la vetrina ufficiale della nostra offerta».

In quali Paesi vendete maggiormente e qual è il vostro fatturato?
«Il fatturato del gruppo si aggira intorno ai 45 e i 50 milioni di euro, il 90% del quale realizzato all’estero. Per quanto riguarda i Paesi esteri, abbiamo seguito delle epoche storiche. Negli ultimi dieci anni è stato rilevante tutto il mercato ex Urss, che ha giocato la parte del leone, negli anni Novanta eravamo molto “americani”, mentre l’Europa è sempre stata molto rilevante, dal momento che copriva circa la metà del nostro fatturato. Se ragiono invece sul prossimo decennio, penso che andranno molto bene i mercati asiatici e mediorientali, mentre il mercato russo è stato spremuto abbastanza e potrà solo declinare un po’. Guardiamo con attenzione ai mercati sudamericani, all’India e alla Cina che sono territori vastissimi. E ancora agli Usa dove il made in Italy ha avuto e avrà sempre un riscontro positivo».

Mi parli delle vostre macchine, immagino che l’ambito digitale occupi uno spazio interessante…
«Le nostre tecniche di stampa sono diverse, le più usate sono la rotocalco, ma impieghiamo ancora alcune tecniche tradizionali, come la stampa a tampone, che è un po’ l’antesignana della flexo. Anche la serigrafia occupa uno spazio molto importante perché fornisce una buona matericità al prodotto. Infine abbiamo la stampa digitale che è in grande evoluzione e che utilizziamo in modo piuttosto importante.
La carta da parati si è un po’ mescolata negli ultimi tempi al settore delle finte pelli e della conciatura per fornire maggiore fisicità al prodotto. Quindi non ci basta solo stampare su una bella carta patinata. Dobbiamo anche rifinire e goffrare utilizzando un mix di tanti know how che vanno dalla concia delle pelli, alla carta regalo fino alla cartotecnica. Insomma, quest’azienda racchiude in sé un bagaglio di saperi tecnologici piuttosto importanti e stratificati. Un patrimonio che intenderemo valorizzare anche nel futuro».

La bellezza è sulla carta

Cilindri per la stampa rotativa su tessuto.
Cilindri per la stampa rotativa su tessuto.

Jannelli&Volpi, nel settore della carta da parati e dei tessuti d’arredamento, ha capacità di innovare e di presidiare in maniera intelligente i mercati esteri.
Fondata nel 1961 da Oreste Jannelli con la moglie e i cognati ha conosciuto negli anni Ottanta e Novanta la sua grande espansione sui mercati internazionali riuscendo a trasferire la grande tradizione italiana nel design al settore dell’interior decoration. Dal 2005 l’azienda è interamente di proprietà della famiglia Jannelli, con la presenza di tre fratelli che ne rivestono i ruoli principali: Mauro Jannelli (presidente), Lidia Jannelli (responsabile finanziario) e Paola Jannelli (responsabile marketing e comunicazione).
La sede dello showroom milanese di Jannelli&Volpi si trova in via Melzo 7 mentre Sirpi,
 la fabbrica produttrice, ha le sue basi produttive a Peschiera Borromeo (MI) e a Tribiano (MI). L’intero gruppo occupa 175 dipendenti e nel 2014 ha fatturato 42 milioni di euro.

drupa 2016: intervista a Frank Romano

Manuel Trevisan ha intervistato Frank Romano, che tutti conoscono, quindi non ha bisogno di presentazioni…

«Anche se sono in pensione, giro il mondo e insegno – così esordisce Frank Romano – questa è la mia undicesima drupa, e io viaggio spesso perché questo è il mio modo di tenermi informato, perché è solo così che posso aiutare le persone a interpretare i cambiamenti, le aziende a capire la tecnologia e le sue evoluzioni. Mi chiede perché questa drupa è speciale?… Io credo che ogni drupa sia stata speciale, perché ognuna aveva la sua identità: due drupa fa l’inkjet ha iniziato a farsi vedere, adesso ha iniziato ad avere un peso notevole, e ha sostituire l’offset.

«Ciò che più mi ha colpito di questa drupa… anche se io mi entusiasmo per tutto… è che l’inkjet si sta adattando alle dimensioni del foglio, B1 e B2, questo ci permette di fare con macchine inkjet ciò che prima facevamo con l’offset, per esempio le macchine inkjet usate con il cartone ondulato, per l’imballaggio, l’introduzione di inchiostri per il getto d’inchiostro, che non richiedono trattamenti speciali per la carta, né carte speciali, il che rende il processo meno costoso e i nuovi software basati su sistemi cloud… il cloud sta infatti dominando ogni ambito, e l’accesso ai servizi è facilitato. Ho anche notato che l’inkjet ha raggiunto alti livelli, permettendo quindi la transizione da una presenza esigua e digitale al vasto mercato della stampa e aggredirà la quota di mercato detenuta dall’offset.

«Ancora a questa drupa ho notato che una significativa parte della tecnologia inkjet usata per l’imballaggio flessibile e scommetto che alla prossima drupa l’inkjet aggredirà la flessografia.»

Cosa ne penso di Landa?

«Landa ha una tecnologia vincente, credo che alla scorsa drupa Landa stesso sapesse che la tecnologia non era matura, ma ha voluto stupire il mercato, presentandola; a questa drupa le macchine funzionano, producono campioni che la gente può portare via con sé; la qualità è impressionante: ha incrementato la velocità di stampa ai livelli dell’offset, può stampare su ogni supporto senza bisogno di trattamenti speciali.

«Io penso che Landa abbia bisogno qualche anno di test ancora, ma quando le sue macchine saranno sul mercato, saranno una forza!»

Il lettore medio non esiste

Assemblea della Federazione della Filiera della Carta e della Grafica

«Più lettura, più comunicazione, più cultura»

Si è svolta lunedì a Milano l’Assemblea pubblica della Federazione della Filiera della Carta e della Grafica che rappresenta i comparti industriali di Assografici (grafica e cartotecnica/trasformazione), Assocarta (carta) e Acimga (macchine per la grafica e cartotecnica); una filiera che rappresenta 19.400 aziende, con oltre 170.000 addetti, un fatturato 2015 di 23,5 miliardi di euro (pari all’1,4% del PIL italiano) e un saldo attivo della bilancia commerciale di 3,8 miliardi di euro.

«Più lettura, più comunicazione, più cultura», un titolo impegnativo ha evidenziato il Presidente della Federazione Pietro Lironi aprendo i lavori e soffermandosi sul filo conduttore che unisce i tre sostantivi. «Con la lettura si comunica, si scambiano idee, ci si confronta dialetticamente e la comunicazione oggi pervade ogni nostro istante senza limiti di spazio e di tempo. Con la cultura invece si formano le coscienze, si nutre il cervello, si fanno crescere le generazioni». Come impegnative sono state le iniziative messe in campo dalla Federazione nell’ultimo anno per diffondere l’utilità e l’importanza della lettura, azioni rivolte soprattutto al mondo politico, affinché le istituzioni possano assumersi una precisa responsabilità in questa direzione, adottando efficaci misure di incentivazione e stimolo.

Con una panoramica economica sui settori rappresentati dalle Associazioni che costituiscono la Federazione il Presidente ha completato il quadro in cui operano oggi le imprese. Analizzando i singoli settori ha evidenziato che a fronte della forte caduta di fatturato e addetti dell’industria grafica, dal 2007 in poi e proseguita negli anni più recenti, si evidenzia nel 2015 una discreta ripartenza del settore cartario e cartotecnico-trasformatore e una forte crescita del settore delle macchine grafiche e per il converting.

Dal lato della domanda, fra 2007 e 2015, i consumi di prodotti culturali (libri e giornali) si sono ridotti del 35%, scendendo sotto l’1% della spesa complessiva delle famiglie italiane, mentre gli investimenti pubblicitari sulla stampa si sono più che dimezzati (-56%)! Questo in un paese, l’Italia, che sta al terzultimo posto UE per tassi di lettura. Per questo la Federazione ha proposto al Governo due iniziative di politica fiscale, per stimolare i consumi di prodotti culturali e la pubblicità sulla stampa: poter detrarre dalla dichiarazione dei redditi le spese per l’acquisto di libri e prevedere la detassazione della pubblicità incrementale.

Possiamo vivere nel mondo una vita meravigliosa se sappiamo lavorare e amare, lavorare per coloro che amiamo e amare ciò per cui lavoriamo. Lev Tolstoj

Dopo l’apertura del Presidente, tre ospiti hanno animato il dibattito, coordinato da Cristiano Militello, noto inviato di Striscia la Notizia, attore, cabarettista e conduttore televisivo e radiofonico. Paolo Mieli, giornalista, storico, scrittore, è stato Direttore del Corriere della Sera, de La Stampa e Presidente di RCS Libri; Andrea Favari, Amministratore Delegato de il Giornale, Società europea di edizioni spa e Christian Rocca, Direttore di IL, mensile de Il Sole 24 Ore.

IMG_0437

«Dietro a internet c’è la carta: chi produce, lo fa per la carta, e poi “quelli” del web rapinano i contenuti e li pubblicano gratis su web. La carta, quindi, non ne riceve beneficio, anzi, fa la “donatrice di sangue”» ha esordito Paolo Mieli, che ha ricordato che in passato la carta si trovò a combattere con un altro mostro, la televisione, e dopo la crisi degli anni 70-80, si è ripresa; anche allora si pensava che la TV avrebbe distrutto la carta, ma non fu così. La speranza è, ovviamente, che anche questa volta la carta non soccomba, come si dice da anni… ma ancora questo non è avvenuto.

Il web è superficiale, frettoloso, va benissimo per aggiornarsi in tempo reale, ma la depositaria degli approfondimenti resta la carta. Paolo Mieli si auspica che la filiera, oltre al bonus cultura, trovi forme di vita che non richiedano il sacrificio di “qualcun altro”, e che siano durature nel tempo, perché gli incentivi favoriscono solo i furbetti.

Anche perché, termina, nessuno si è mai sostenuto con il web: non ci sono esperienze di editori, se non casi sporadici, che sopravviva grazie al web.

Cosa stanno facendo “i vicini europei”? Christian Rocca ha portato l’esperienza del Guardian e di Le Monde.

Il famoso quotidiano britannico ha adottato la strategia del Digital First, ovvero produzione di contenuti di alto livello solo per internet: hanno avuto grande successo e sono sbarcati anche negli USA come primo produttore di news al mondo. La qualità era altissima, ma hanno fatto debiti per milioni di sterline. È un modello che non si regge in piedi dal punto di vista economico.

Le Monde, che fino pochi anni fa era sull’orlo del fallimento, è stato comprato da un gruppo di imprenditori francesi e in cinque anni, puntando sulla qualità dell’offerta giornalistica per la carta e sulla sobrietà dei contenuti hanno risollevato le sorti del quotidiano.

Qualità, brand, storia e tradizione sono secondo Rocca le chiavi per vincere. «Il futuro dei giornali è guardare il passato, tornare a come si era prima dell’avvento del web».

Il Sole 24 ore ha puntato sugli abbonamenti online, e già da tre anni c’è il sito a pagamento. «Ma il target è diverso: i nostri abbonati usano il Sole per aggiornamento professionale, sono avvocati, bancari imprenditori… quindi disposti a pagare per contenuti di qualità – dice Rocca, che conclude, senza alcun dubbio – certo è che i contenuti fatti per il web non devono avere una qualità inferiore rispetto a quelli per la carta, altrimenti non ci sarebbe nessuno disposto a pagarli».

Quali posso essere, dunque, le soluzioni per uscire dall’empasse?

Favari ha portato l’esempio del caso della sua testata, che ha copiato da un giornale tedesco: produrre nuove edizioni di libretti, tascabili, su diversi temi. Ogni settimana stampano 10.000 copie, 48 pagine che vengono vendute a 2,50 €: l’iniziativa si è rivelata un successo.

«Credo sia importante essere coerenti con la propria storia e il proprio lettore, noi de il Giornale, che siamo “forti” sulla storia, stiamo cavalcando questo filone, per esempio con la tanto discussa edizione del Mein Kamp, uscito con una collana di libri storici, che hanno dovuto ristampare»; e conclude «visto che è molto difficile inventarsi qualcosa di nuovo, ma è più facile adattare alla nostra realtà qualcosa che già esiste, esorto tutti a fare proposte in questo senso: cosa possiamo replicare in Italia, che è già stato fatto altrove?»

Un’altra proposta, di Rocca, per uscire da questa stagnazione, è fare pubblicazioni indipendenti per micro nicchie (B2C, nda): in Germania proliferano queste esperienze, su qualsiasi aspetto della vita quotidiana, c’è così la rivista per l’allevatore moderno, o la rivista sulle birre artigianali, solo per farne due esempi. «In Italia, che io sappia, non ci sono molti casi simili». Anche in questo senso la qualità deve essere alta, sono riviste con contenuti validi, ma anche fatte bene, da collezionare, con una bella carta e ottime finiture, «perché dobbiamo fare in modo che un allevatore esca di casa solo per comprare il prodotto fatto per lui». I numeri di ogni pubblicazione sono bassi, ma se mettiamo tutte queste pubblicazioni, insieme, fanno massa critica. Il lettorato è in cerca di prodotti fatti bene, di qualità, ed è disposto anche a spendere di più. E conclude «dobbiamo smetterla di dire che facciamo prodotti per il lettore medio, perché il lettore medio non esiste: il lettore medio cerca e si accontenta dei contenuti del web. Perché come dice Joseph Topolski, noto commentatore americano, rappresentante degli editori, le sorti dei giornali in carta non verranno mai sollevate dalla tecnologia, ma soprattutto, “il problema dell’editoria è che si pubblicano troppe schifezze”.

Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro. Umberto Eco

drupa 2016: intervista ad Amit Shvartz di Scodix

Amit Shvartz, responsabile marketing di Scodix, parla con Manuel Trevisan di drupa, come un’opportunità senza eguali di incontrare clienti, potenziali, ma anche amici, e di condividere la propria prospettiva del futuro.

«Il futuro della stampa si gioca in più dimensioni, non solo stampa ma anche nobilitazione: ciò che non è bello, non avrà futuro, ciò che non è bello, scomparirà. Per questo noi di Scodix ci dedichiamo a rendere i prodotti stampati speciali: dalle grandi alle piccole tirature, e siamo economicamente vantaggiosi.

La novità di questa drupa è la nobilitazione digitale nel mercato del cartone pieghevole: Scodix 106, che lavora a 4.000 fogli/ora.

Il mondo del cartone pieghevole quindi cambia: nel tempo che impiegheresti per fare il set up di una macchina analogica, con la nobilitazione digitale hai già “stampato” milioni di prodotti.

Questo per me è il successo per Scodix oggi. A drupa 2016 abbiamo più di 200 clienti che stanno muovendosi verso il finishing digitale: Scodix sta cambiando il loro business.»

E quando gli chiediamo di parlarci dell’Italia…

«We love Italy! È il Paese del design, della bellezza: abbiamo già installato sistemi Scodix dal nord al sud, e per noi è un mercato strategico. Gli stampatori italiani capiscono ciò che è bello, cercano il bello, e per questo noi di Scodix troviamo terreno fertile per i nostri sistemi: lavoriamo bene in Italia, grazie al nostro partner, Heidelberg, e siamo certi che il business crescerà.»

drupa 2016: intervista a Paolo Fronduti di MC System

Paolo Fronduti è il marketing communication manager di Mc System, ed è bello sentire nella sua voce l’entusiasmo di lavorare con un team giovane che ha re-ingegnerizzato una macchina office di Xerox per stampare il colore bianco. Questo e altro lo ha raccontato a Manuel Trevisan per Italia Grafica.

drupa 2016: intervista a Luca Lesi, AD di Kba Italia, fresco di nomina

«L’ingresso di Kba nella mercato offset+digitale è la vera novità di questa drupa. Insieme alle aspettative per la crescita degli ink Led UV» racconta Luca Lesi a Manuel Trevisan.

Un’altra novità è senza dubbio la presenza, in fiera, della nuova XD Led Uv della Flexotecnica, che entra così nel mercato: ha doppia pila di uscita e sistema integrato di lavaggi.

 

Lesi mostra nel video le teste inkjet Xerox della nuova Kba: tagliata su misura sulle esigenze del cliente e parla della VariJet digitale bobina per editoria, packaging e cartone ondulato accoppiato con teste Fujifilm 7 colori.

Digitale: scenario tecnologico, macchine, materiali, finishing

Secondo i dati di mercato il numero di macchine installate e i volumi stampati sono in crescita, e dal 2009 a oggi sono numerose le aziende di stampa che hanno spostato la produzione totalmente in digitale, preferendo affidarsi a servizi online per le produzioni che continuano a richiedere l’offset. Tuttavia il motivo che ha spinto molti a cambiare metodo produttivo, o affiancare queste produzioni, non è stato il conto economico, ma una generale qualità e affidabilità consolidata.

Quando ci sono dei cambiamenti le opinioni delle persone si dividono in modo inequivocabile, citando Umberto Eco, tra apocalittici e integrati. Per i primi la stampa digitale avrebbe ucciso la convenzionale facendo perdere qualità e guadagni, i secondi, invece, vedevano l’inizio di un mondo della stampa dinamico, su misura per ogni singolo cliente. Ed ecco che oltre 20 anni dopo la convenzionale data di inizio della stampa digitale mi sento di affermare che i primi sono stati smentiti, e i secondi tardano ad avere ragione, per lo meno in Italia.
La stampa digitale di piccolo formato è quanto di più vicino possa esserci ai sistemi di stampa offset 35×50, di solito elettrofotografica e in divenire inkjet, colore o bianco/nero, capace di stampare un’ampia gamma di supporti per finissaggio, grammatura e composizione con una capacità produttiva di almeno 50 pagine dall’A4 in su. In questo modo ogni stampante può diventare una macchina da stampa digitale a foglio e per questo motivo bisogna analizzare più a fondo ogni aspetto del prodotto stampato più che della macchina. Intanto l’unità di misura è fuorviante perché la velocità in A4 è espressa per grammature a 80 g/m2, mentre le macchine da stampa digitale devono garantire una produttività almeno pari su tutte le grammature e poter lavorare in modo continuato sia nel carico carta, sia nel carico consumabili.
È ovvio quindi che si inizi a pensare con sempre maggiore interesse a cosa succederà a drupa 2016. Reputo che ci siano già delle chiavi di lettura tecnologica sugli sviluppi futuri e credo che ci saranno molte conferme e presentazioni con rilasci a breve periodo. Negli ultimi due anni Canon, HP, Kodak, Konica, Ricoh, Xerox hanno rinnovato, allargato e inserito nuovi modelli di macchine da produzione nel piccolo formato per il settore arti grafiche a tecnologia elettrofotografica e alcune presentazioni nell’inkjet transazionale/direct marketing. È quindi lecito pensare che ci sarà un forte lavoro di consolidamento delle tecnologie con innovazioni software e di prestazioni e alcune importanti presentazioni nel comparto inkjet.

Fotolia_1231128_L

La leadership del toner

La tecnologia di stampa elettrofotografica a toner secco è un maturo e affidabile processo di produzione e tutti i principali marchi stanno lavorando sull’attenuazione e soluzione di alcuni problemi tipici di questa tecnologia, con l’introduzione, trasversale su tutti i marchi, di novità intrinseche.
C’è stato un generale abbassamento delle temperature di fusione del toner, riducendo così gli shock termici sul supporto e portando a una drastica riduzione delle deformazioni che ne derivano. Questo è possibile grazie alle nuove formulazioni dei toner, su cui ogni casa pone il proprio brevetto, e una migliore conservazione del calore sui fusori durante la produzione. In questo modo è possibile allargare la produzione su un numero maggiore di supporti, compresi quelli plastici ed extra cartacei, aumentando le possibilità di offerta ai clienti.
La conseguente riduzione delle deformazioni del supporto mantiene più precisa la geometria dell’immagine a tutto vantaggio della precisione di registro bianca/volta e una maggiore precisone in finitura e taglio. Questa generale diminuzione della temperatura non incide sulla velocità di produzione su supporti differenti per spessore – a cui di solito si deve fare riferimento per valutare la reale capacità produttiva di una macchina – su molti modelli non cambia, se non in alcuni, alla massima grammatura disponibile.
Come si sa tutte le tecnologie a toner a foglio prevedono il movimento del supporto per trascinamento a rulli e cambio lato pinza in voltura, cosa che determina un aumento dei controlli durante la stampa in bianca/ volta, in particolare sui supporti più leggeri. Alcune case hanno introdotto squadre meccaniche di registro e quasi tutte hanno un sistema di misurazione automatico o semi automatico dei supporti per ottenere una perfetta centratura. Questi sistemi sono presenti da diverso tempo sulle macchine ma la loro efficienza è stata aumentata e resa più immediata e stabile, grazie anche a una migliore costruzione dei gruppi di trascinamento e un più massiccio uso dei sistemi di misurazione ad hoc.
Per utilizzare al meglio queste tecnologie e ottenere risultati costanti e replicabili necessari per la produzione, in molti casi si lavora sulla specifica tipologia di carta, assegnando parametri dettagliati in funzione del formato, della grammatura, del tipo di finitura, andando così a realizzare delle librerie carta personalizzate a tutto vantaggio delle ripetibilità nel tempo. Spesso è proprio la mancata attenzione a queste semplici procedure a generare problemi di produzione e a creare lunghi fermi macchina per impostare le macchine prima di partire, specialmente quando si sta lavorando su carte di difficile gestione, come quella chimica.
Se il punto di fusione si è abbassato è grazie alle nuove formulazioni di toner, uno dei cuori tecnologici che caratterizzano l’intera capacità produttiva e il grado qualitativo di una macchina da stampa digitale. Come abbiamo già scritto l’hanno scorso (Italia Grafica n° 7, 2010) ormai tutti i toner sono polimerizzati e significativi passi in avanti sono stati fatti sulle dimensioni e sulla capacità di fondere in modo omogeneo già a 100 gradi in casi di singolo colore su carte sottili. Questa affinazione ha come vantaggio l’aumento del gamut colore sia nella gamma dei blu che dei verdi e di ottenere risultati più puliti anche nelle gamme dei marrone e degli arancione, in quanto il film dei toner è più sottile e quindi anche più luminoso, evitando il «fastidioso» lucido che per lungo tempo ha afflitto le stampa digitali a toner.
Sempre inerenti ai toner sono stati aggiunti nuovi gruppi stampa come bianco, trasparente, oro, argento; alcuni erano già presenti da tempo ma ora sono inseriti in macchine da produzione e quindi proponibili a un mercato più ampio in numeri e con tempistiche da “just in time”.

Sono stati aggiunti nuovi gruppi stampa come bianco, trasparente, oro, argento; alcuni erano già presenti da tempo ma ora sono inseriti in macchine da produzione e quindi proponibili a un mercato più ampio in numeri e con tempistiche da “just in time”.

Nuovi toner più fini permettono di ottenere anche una migliore risoluzione di scrittura e aumentare la risolvenza sui supporti. Per fare questo molti gruppi di scrittura stanno passando dall’emissione a laser singolo o doppio alla tecnologia Vcsel, Vertical Cavity Surface Emitting Laser: è un laser semiconduttore con un’emissione del raggio verticale rispetto alla superficie di scrittura che per alcuni produttori avviene ancora su specchi e in altri è diretta sul fotoconduttore. Questo tipo di laser emette un raggio con maggiore finezza e pulizia e i singoli diodi emettitori sono spesso montati in array per aumentare la definizione. In pratica si può costruire un punto di stampa utilizzando anche quattro laser di scrittura e ottenere una maggiore precisione, dettaglio e pulizia. Dal punto di vista manutentivo vuol dire aumentare la vita dei laser, una minore usura e rischio di stop qualitativo per deposito polveri. Questo novità ha portato tutte le macchina toner a scrivere a una risoluzione minima che va da i 1.200 dpi e può giungere fino ai 4.800 dpi, permettendo di scrivere retini di stampa più fini e puliti che sono paragonabili a una stampa a offset a 120 lpi e più e con diversi disegni di punto. Inoltre, in funzione del Rip/Dfe che pilota la macchina da stampa digitale è possibile modulare le risoluzioni in modo differente per le immagini bitmap e per le parti vettoriali di un file, sfruttando appieno le potenzialità di dettaglio delle macchine.
Molte macchine da stampa digitali stampano oltre i 300 g/m2 e in alcuni casi arrivano a stampare anche i 400 µ e oltre, mentre sul formato di stampa tutte sono allineate al 330×482 per arrivare in alcuni casi a 360×660, al 330×700, al 350×1.000, tutte in modalità produzione ad alta capacità di carico e in bianca/ volta automatico. Questo è dovuto a miglioramenti meccanici e a un controllo totale della resa cromatica sull’intero supporto, annullando così quelle spiacevoli riproduzioni disomogenee dovute all’eccessivo numero di giri del fotoconduttore e del fusore per scrivere un singolo foglio.
Un discorso a parte merita la tecnologia HP Indigo con elettro ink in quanto già sviluppata con un’ampia dotazione tecnologica in partenza e risultati qualitativi che hanno fatto il benckmark del mercato. La configurazione con bianco con possibilità di stampa a più passaggi, la possibilità di formulare tinte Pantone con il sistema HP IndiChrome, oltre a una produttività garantita, sono ancora importanti punti che la differenziano sul mercato anche se la distanza non è più così ampia.
Alla stessa stregua Kodak Nexpress che è arrivata a stampare il metro e a mettere a disposizione degli utenti parecchie opzioni di personalizzazione come la possibilità di stampare oro e una gestione del nero multidimensionale con il light black, o il Micr per le stampe di sicurezza (per un approfondimento sulle opzioni di HP Indigo e Kodak Nexpress vedi Italia Grafica n° 5 «Nobilitare per competere»).

Inkjet nel piccolo formato

A parte Fujifilm e sul formato 50×70, sul mondo foglio piccolo formato non è stato annunciato nulla a parte la VarioPrint i300 Imaging di Canon, e Xerox Rialto. Sono due soluzioni che per il momento hanno ben poco da offrire al mercato delle arti grafiche e, attualmente, si rivolgono al mondo transazionale e direct marketing. La macchina da stampa di Canon è quella che ha destato maggior impatto, dato che è grande (10 m di lunghezza per 2,4 m di altezza e 2,7 m di profondità): è in grado di produrre fino a 8.700 fogli A4/ ora e arriva a stampare fino al formato B3.
La Xerox Rialto è una macchina espressamente dedicata al mondo del transazionale e per compattezza e velocità si pone come macchina dipartimentale.
È la bobina che ha il maggiore fermento visto quello che è già stato mostrato agli Hunkeler Innovation days e a Graph Expo con soluzioni di stampa pronte per il mercato arti grafiche e possibilità di stampa su supporti non trattati. E questo fermento fa ben sperare per un ricaduta anche nel piccolo formato a foglio. Tuttavia il limite più consistente allo sviluppo della stampa con questa tecnologia risiede proprio nei supporti che, se non trattatati, diventano di difficile stampabilità per il settore arti grafiche. Sono già state fatte numerose sperimentazioni in merito ma i risultati o non sono stati validi per il settore o troppo onerosi per i costi di produzione. Di fatto la ricerca è sinergica tra produttori di teste e costruttori di macchine da stampa, il cui risultato è vero oggetto di attesa a drupa 2016. Per esempio, mentre scrivo, Komori ha appena presentato la Impremia IS29 UV sviluppata assieme a Konica Minolta e presentata a drupa 2012.

Supporti che passione

Il vantaggio unico di stampare su un’ampia gamma di supporti è la possibilità di soddisfare richieste altrimenti troppo costose, sia in termini di tempo sia di denaro.

La maturazione e l’acquisizione di fette importanti di mercato degli stampati hanno portato molte cartiere e trasformatori a sviluppare linee specifiche per la stampa digitale a toner o inkjet o a effettuare formulazioni che possano soddisfare il mondo offset e uno dei due inchiostri digitali. La varietà dei supporti è sempre più ampia e nell’ambito cartaceo è possibile stampare su metallizzate e perlescenti, facendo ulteriormente valorizzare la stampa con il bianco e i colori speciali, oppure scegliere carte floccate, tessuti adesivizzati, TNT, impregnate, poliestere, PET, polipropilene ecc.
Il vantaggio unico di stampare su una così ampia gamma di supporti è la possibilità di soddisfare richieste altrimenti troppo costose, sia in termini di tempo sia di denaro. Soddisfano l’esigenza primaria di flessibilità che molto spesso l’azienda di stampa tipica italiana si trova a dover affrontare per mantenere e allargare la clientela. Se Fedrigoni ha fatto da capostipite e da traino per il settore, ora quasi tutte le cartiere sono in grado di fornire un buon catalogo supporti dedicato al digitale. Le caratteristiche che questo tipo di supporti hanno è una minore quantità di acqua al proprio interno, in alcuni casi un trattamento superficiale più idoneo a ricevere polvere di toner o ad assorbire e stabilizzare meglio le gocce di inchiostro e un taglio e una fornitura ottimizzata per questo tipo di stampa.
Il connubio tra stampa e supporti plastici apre mercati e tipologie di produzione cui è difficile proporsi con la stampa tradizionale o con un vecchio sistema digitale. La stampa su trasparente, su materiali riposizionabili, su adesive plastiche, permette di servire anche il settore allestimenti, packaging di cosmesi, parafarmaceutico, abbigliamento, funzionale… tutti settori che cercano personalizzazioni, piccole tirature, qualità costante, continuità di produzione.
Tuttavia le accresciute caratteristiche delle macchine da stampa a toner permettono di stampare con soddisfazione sia qualitativa sia produttiva anche su carte offset e di fornire così un’ottima complementarietà di produzione. Come già in altre occasioni ho avuto modo di affermare, la conoscenza delle caratteristiche peculiari dei supporti è quella che ne determina la macchinabilità e la produttività; spessore e direzione di fibra devono interessare l’analisi della scelta di un supporto, ancorché la grammatura; lo spessore determina la temperatura di fusione o l’assorbimento della goccia prima che migri, la direzione di fibra, la capacità di girare in macchina e di non generare vibrazioni o inceppamenti che possono pregiudicare la produzione.

Finishing: il grande collo di bottiglia

Per quanto sia in crescita il volume generale della stampa digitale, le singole produzioni sono limitate nei numeri assoluti e poco appetibili per soluzioni di finishing automatizzato. A parte la collettazione che viene fatta in automatico da tutte le macchine di produzione con i normali finitori e la rilegatura a punto metallico a sella, il taglio, la fustella e tutto quello che serve per fare un prodotto finito è ancora in un’area di limbo tra manualità e semiautomatiche. Le uniche linee automatiche che sono utilizzate fanno riferimento alla realizzazione di libri finiti o segnature raccolte e cucite.
Tutte le possibilità produttive che i sistemi di stampa mettono a disposizione devono necessariamente passare al vaglio delle possibilità e dei tempi di finitura. Per prodotti come biglietti, inviti, pieghevoli esistono dei sistemi molto efficienti di taglio, cordonatura e piega, come le soluzioni Duplo e allo stesso modo ci sono linee di finitura a punto metallico o colla specifiche per formato e produttività per il settore digitale.
Sulla parte plastificazione e protezione le nuove formulazioni dei toner permettono di ottener eccellenti risultati, senza rischio di spellicolamenti e microbolle con plastifiche industriali. Con alcune macchine da stampa digitali è tale il controllo di temperatura che è possibile ristampare su stampati plastificati opaco per ottenere degli effetti tono su tono; o impreziosire lo stampato con lamine metallizzate che aderiscono al toner per offrire un prodotto di maggior pregio (vedi Italia Grafica n° 5, «Nobilitare per competere»).

DSC_5607

Quindi… tutti uguali?

La situazione attuale degli stampatori ci dice che il mercato italiano è maturo e si sta sempre più allargando alla stampa digitale, che le macchine sono affidabili e che ci sono molteplici soluzioni da valutare. Le case produttrici di macchine da stampa digitale a foglio sono poche e presentano gamme che hanno alcuni punti in comune ma molti di differenza, per cui il confronto sul costo copia si ridimensiona in funzione delle prestazioni.
L’errore che spesso vien fatto è di non valutare le differenze e i vantaggi competitivi che una tecnologia può offrire rispetto a un’altra, ciò è dovuto anche al fatto che, a fronte delle molteplici proposte delle case produttrici, spesso non corrispondono le idee chiare dello stampatore. Troppe volte ci si limita a valutare i numeri diretti (costo macchina, costo copia, grammature) e non si entra nel merito di una scelta che prevede molti fattori, dal tipo di servizio e di prodotto che può offrire in più verso i propri clienti, ai tempi ridefiniti e in molti casi risparmiati per effettuare produzioni che altrimenti non farebbe o dovrebbe far pagare molto care. La flessibilità dei supporti, la forte riduzione dei fermi macchina, la stabilità in produzione anche su supporti difficilmente macchinabili, la planarità dei fogli in uscita, la riduzione degli scarti in finitura, le aumentate possibilità di valorizzazione dello stampato attraverso colori speciali sono i valori meno evidenti in termini di costo ma che più contribuiscono al successo sul mercato della stampa.
L’idea che produrre in digitale sia meno costoso che farlo in offset appartiene ormai a un’altra epoca, e soprattutto a una gamma limitata di volumi; sono modi di produrre differenti per tecnologia, in alcuni casi per qualità in entrambe le direzioni, ma in ogni caso destinati a un cliente che non si cura di come sono stampati ma di cosa ha in mano e se corrisponde a quanto richiesto. Spesso i volumi migrano da un sistema a un altro, molto spesso si mischiano prodotti stampati su media differenti e su sistemi di stampa differenti, perché è sempre valido per la stampa digitale di piccolo formato il rispondere a richieste just in time ed eseguirle on demand, termini che sono entrati nel gergo della stampa circa 20 anni fa.

L’errore che spesso viene fatto è di non valutare le differenze e i vantaggi competitivi che una tecnologia può offrire rispetto a un’altra, ciò è dovuto anche al fatto che, a fronte delle molteplici proposte delle case produttrici, spesso non corrispondono le idee chiare dello stampatore.

Per questo il metro di valutazione non può essere lo stesso della stampa offset se non per la mera resa visiva, perché cambiano i formati, le rese e le finiture, e così pure le richieste dei clienti. Il cliente non chiede qualche cosa in più che lo possa legare a noi, chiede di trovare nuovi modi per comunicare e che si possano integrare con altri mezzi, e per cogliere il suo interesse e non solo il suo portafoglio, ogni proposta tecnologica ha un suo valore che deve esser riconosciuta e integrata. Nella mia attività professionale ogni volta che presento una novità tecnologica sia di stampa sia di valorizzazione software la risposta che sento darmi più spesso è «non ho clienti che me lo chiedono». A loro ricordo che quegli stessi clienti non chiedevano stampe a 5 o 6 colori, vernice riservata, la stampa via Web, il formato PDF… ma appena qualcuno l’ha offerta loro, l’hanno colta e accolta. Non capirlo e continuare a misurare la stampa digitale di piccolo formato solo come un’alternativa alla offset significa passare da integrato ad apocalittico.

drupa 2016: intervista ad Adalberto Monti

Manuel Trevisan ha intervistato Adalberto Monti, consulente del controllo qualità dello stampato e da anni esperto nel mondo della stampa.

Ci parla dell’importanza dell’integrazione tra offset e digitale, la leva per aumentare la produttività.

RISO, rethink inkjet!

PUBBLIREDAZIONALE

Nuovo Logo HOME

Riso Kagaku Corporation è scesa in forze all’ultima edizione di drupa con uno stand che ha rimarcato l’impegno verso il mercato ancora importante della duplicazione con la nuova serie di duplicatori SF, ma ha consolidato l’impegno verso lo sviluppo, attraverso nuovi modelli e concept, della tecnologia InkJet proprietaria.

RISO FW-GDOltre alla gamma attuale, presentata in configurazioni per applicazioni verticali, Wrapping Envelope Finisher e Perfect Binder, ha dato spazio a due nuove famiglie di stampanti, rispettivamente da 120 e 160 ppm che saranno introdotte sul mercato italiano a partire dal prossimo autunno. La serie SF con innovative caratteristiche tecniche e un motore da 120 ppm con un design e funzionalità che la collocano in modo trasversale nel mercato Office Power e Light Production e la nuovissima serie GD con 160 ppm e cinque colori per una resa ancora migliore della qualità di stampa, adatta a una fascia di mercato con esigenze superiori, sia per volumi che qualitative con la possibilità di essere interfacciata con il nuovo RIP Fiery di Efi. Particolare interesse è stato destato da due modelli concept, ideati per la stampa transazionale: T2 a foglio con velocità di 150 ppm stampati in fronte/retro (300 facciate al minuto) e la T1 a bobina con luce di stampa da 520 mm e una velocità di stampa in quadricromia simultanea in F/R da 42 metri al minuto e in mono da 84 metri al minuto.

Concept per la stampa transazionale: T1 a foglio con velocità di 150 ppm stampati in fronte/retro.
Concept per la stampa transazionale: T1 a foglio con velocità di 150 ppm stampati in fronte/retro.
Concept della T2 a bobina con luce di stampa da 520 mm d una velocità di stampa in quadricromia simultanea in F/R da 42 metri al minuto ed in mono da 84 metri al minuto.
Concept della T2 a bobina con luce di stampa da 520 mm d una velocità di stampa in quadricromia simultanea in F/R da 42 metri al minuto ed in mono da 84 metri al minuto.

Alta la curiosità e l’interesse da parte di tutti gli operatori di settore e dei tanti intervenuti allo stand di Riso.

Per info: Massimo Mattavelli, Marketing Manager

RISOGRAPH ITALIA Srl

Via Archimede, 42 – 20864 Agrate Brianza (MB)

Tel. 039 656191 – www.risograph.it | marketing@risograph.it

FINE PUBBLIREDAZIONALE