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Gli Oggetti Avanzati di Photoshop: qualche trucco su come usarli

Introdotti originariamente nella CS2, rappresentano tuttora una delle funzioni meno sfruttate di Photoshop. È praticamente impossibile non sbatterci il naso dato che l’uso del comando File>Inserisci li crea automaticamente, tuttavia li ho quasi sempre visti sfruttati male o, comunque, non al meglio del loro potenziale.

Uno dei vecchi aggiornamenti Creative Cloud di Photoshop, quello del giugno 2014 per l’esattezza, ha introdotto interessanti novità nella gestione degli Oggetti Avanzati, integrandoli con un’altra funzione scarsamente sfruttata come la Composizione Livelli, anch’essa migliorata nel medesimo aggiornamento (immagine b presente nella gallery).

La creazione degli Oggetti avanzati fino a CC…

Gli Oggetti avanzati si creano automaticamente ogni volta che si fa uso del comando File>Inserisci, l’elenco dei file «inseribili» è davvero lungo e comprende non solo file immagine propriamente detti ma anche file RAW (basta che li apra Camera RAW) e file Video e 3D, lo potete vedere nell’immagine c.
Questo ha sempre permesso di mantenere integre le caratteristiche del file inserito consentendo di lavorarci in maniera non distruttiva, seguendo un po’ la logica dei programmi di editing video come After Effects, giusto per nominarne uno.
Fino a Photoshop CC gli Oggetti avanzati venivano sempre e solo incorporati nel file PSD di lavoro, con un conseguente aumento di peso nel file finale: in pratica se nel documento di lavoro venivano inseriti tre file dal peso di 300 MB cadauno il file finale risultante era quantomeno di oltre 900 MB.
Certo, i vantaggi erano interessanti: l’Oggetto avanzato consente ridimensionamenti continui senza incorrere nello «spappolamento» dei pixel, inevitabile conseguenza delle interpolazioni ripetute dopo, per esempio, le trasformazioni libere, e se il file inserito è di natura vettoriale la rasterizzazione fa sempre capo ai dati originali.Oppure si possono applicare in maniera non distruttiva anche i filtri, che risultano sempre modificabili dato che vengono applicati in modalità parametrica.
O ancora: gli Oggetti avanzati si possono nidificare uno dentro l’altro come una matrioska, consentendo applicazioni a più passaggi in serie, sempre modificabili.

Insomma, ottima editabilità e versatilità, qualità non trascurabili per chi crea layout Web o video, o template, o prototipazioni virtuali, peccato per il peso del file finale che nei più complessi può tranquillamente andare oltre il Gigabyte (immagine c).

… E con CC2014

Il menu dove prima si trovata File>Inserisci ora propone due varianti:

  • inserisci incorporato…
  • inserisci collegato…

La prima è equivalente a quella storica, la seconda invece consente di mantenere il file nella cartella in cui si trova.

I vantaggi e gli svantaggi di questa situazione sono i soliti, chi lavora con i programmi di page layout come Indesign (o Illustrator, se proprio), li conosce già molto bene: un file collegato non appesantisce il file di lavoro, se non marginalmente, ma quando il file collegato non si trova più nel percorso in cui si dovrebbe trovare non si può più lavorare con tutte le informazioni di quel file, a meno di non ricollegarlo aggiornando il percorso.

Photoshop identifica le due situazioni con due diverse icone, visibili nell’immagine d presente nella galleria.

Naturalmente è sempre possibile creare un Oggetto avanzato direttamente, selezionando uno o più livelli dentro al pannello Livelli e selezionare la voce apposita nel menu Livello>Oggetti avanzati. Dal pannello Proprietà a questo punto potete gestirne lo status di collegamento o di incorporamento cliccando sugli appositi pulsanti.
Quando convertite in collegato un Oggetto avanzato creato internamente a Photoshop vi verrà chiesto di salvarlo de qualche parte in formato PSB, il consueto formato che viene utilizzato anche con gli Oggetti avanzati incorporati quando li si apre per modificarne il contenuto (solo che in quel caso sono file temporanei e i PSB hanno vita brevissima).
Qualora vi fosse la necessità di trasferire altrove il file PSD con tutti gli Oggetti avanzati collegati viene in soccorso la funzione File>Pacchetto, analoga a quella di Indesign: attenzione, è necessario salvare prima il file di lavoro altrimenti questa voce non sarà selezionabile (immagine e).

Le Composizioni livelli integrate con gli Oggetti avanzati

Le Composizioni livelli fanno capo all’omonimo pannello presente nel menu Finestra e permettono di «fotografare» una determinata situazione di visibilità, posizione o stile relativa ai livelli del documento.
Per chi le conoscesse poco, in sintesi: posso posizionare un logo sulla pagina in diverse zone e salvare una composizione livelli per ognuno di questi posizionamenti, il livello utilizzato sarà sempre uno (quello del logo) ma Photoshop si ricorderà che posizione occupa e lo andrà soltanto a spostare.
Questo stesso ragionamento è applicabile alla visibilità (cioè l’iconcina dell’occhio nel pannello Livelli) e allo stile, cioè l’insieme di parametri presenti dentro alla finestra che potete richiamare da Livello>Stile livello>Opzioni di fusione. Da Photoshop CC2014 si possono usare negli Oggetti avanzati e gestire tramite il panello Proprietà, un po’ come in Indesign esiste il comando Oggetto>Opzioni livello oggetto. Questo è molto comodo perché consente di provare diverse configurazioni senza dover ogni volta riaprire l’Oggetto avanzato per cambiarne gli stati.

Nella nostra simulazione progettuale abbiamo creato un oggetto avanzato con tutte le grafiche dei segnalibri sovrapposte, abbiamo creato più duplicati posizionandoli come nell’immagine g e poi selezionandole ognuno abbiamo cambiato la Composizione livelli per arrivare alla situazione a destra.

Ognuno di quegli Oggetti avanzati di fatto può assumere una qualsiasi delle sette grafiche al suo interno quindi con pochi clic nel pannello Proprietà possiamo personalizzare la configurazione.

Qualora volessimo anche ridimensionare o deformare i segnalibri la natura di Oggetto avanzato consente una buona libertà di azione senza perdere qualità a causa dell’inerpolazione.







Per 20 studenti è arrivata l’ora di confrontarsi col mondo del lavoro

Giorgio Zangarelli presidente della sezione grafica cartotecnica di Confindustria Umbra.
Giorgio Zangarelli presidente della sezione grafica cartotecnica di Confindustria Umbra.

Il tema dell’alternanza scuola-lavoro è da tempo al centro di un vivace dibattito perché è uno dei punti di maggiore rilievo della Legge n. 107, detta «La Buona Scuola». Il settore grafico ne ha subito colto l’importanza e tramite l’Enipg (Ente Nazionale Istruzione Professionale Grafica) ha firmato un protocollo di intesa con il Miur (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) allo scopo di concordare le modalità con cui attuare quanto previsto dalla legge.

La sezione grafica cartotecnica di Confindustria Umbra ha recepito il protocollo interpretandolo come un’opportunità volta a rafforzare il rapporto tra scuola e mondo del lavoro.

Giorgio Zangarelli presidente della sezione grafica cartotecnica di Confindustria Umbra.
Giorgio Zangarelli presidente della sezione grafica cartotecnica di Confindustria Umbra.

«Abbiamo preso contatto con l’Istituto tecnico Franchetti Salviani di Città di Castello – ha detto Giorgio Zangarelli, presidente della sezione grafica cartotecnica di Confindustria Umbra – e con 10 aziende nostre associate è partito il progetto che nell’arco di un anno porterà nel mondo industriale 20 studenti, delle classi IV e V, per un totale di 240 ore. Mi piace sottolineare il fatto che l’iniziale timore rispetto al progetto di accoglienza di giovani studenti si è trasformato in piena soddisfazione per le aziende aderenti al progetto. Gli studenti, sotto la guida del Prof. Mariotti, hanno saputo ben inserirsi nel contesto aziendale portando benefici alle organizzazioni.

Sul totale delle ore previste dal progetto, alcune saranno dedicate a una formazione teorica svolta direttamente a scuola alla presenza di docenti e studenti proprio allo scopo di avvicinare ulteriormente i due mondi. Ogni azienda ha nominato un Tutor interno che segue lo studente e si interfaccia con la scuola; lo studente spende la propria esperienza nei vari reparti secondo le modalità decise in modo autonomo dall’azienda stessa.

Le aziende coinvolte nel progetto sono grafiche e cartotecniche e soprattutto su queste ultime si sono concentrati i nostri sforzi poiché quello del packaging sembra essere il settore con maggiori prospettive. Il progetto è iniziato a febbraio 2016 e si concluderà a febbraio 2017.»

Aziende coinvolte: Artegraf s.r.l., Cartotecnica Tifernate s.p.a., Fisa Kartotecnica s.p.a., Grafiche Trotta Perugia s.r.l., Graphic Masters s.r.l., Grifa s.p.a., Utograf Editor s.r.l., Tecnocarta s.a.s., Tipolitografia Petruzzi Corrado & c. S.n.c., Vimer s.r.l., Fotolito Tiferno s.r.l

Photoshop: alcune scorciatoie utili (o critiche?) per le differenze con la loro versione inglese

Un comodo specchietto che chiarisce il nome di alcuni tasti usati su Mac in associazione al simbolo, la tastiera Win non crea problemi dal momento che riporta sui tasti le sigle in lettere, senza simboli.
Un comodo specchietto che chiarisce il nome di alcuni tasti usati su Mac in associazione al simbolo, la tastiera Win non crea problemi dal momento che riporta sui tasti le sigle in lettere, senza simboli.

 

Un comodo specchietto che chiarisce il nome di alcuni tasti usati su Mac in associazione al simbolo, la tastiera Win non crea problemi dal momento che riporta sui tasti le sigle in lettere, senza simboli.
Un comodo specchietto che chiarisce il nome di alcuni tasti usati su Mac in associazione al simbolo, la tastiera Win non crea problemi dal momento che riporta sui tasti le sigle in lettere, senza simboli.

Il potenziale problema dell’italiano medio oggi che usa Photoshop è la differenza che può esserci, e c’è, su diverse combinazioni di tasti che funzionano su tastiera americana ma su quella italiana no, o per lo meno, non con le stesse combinazioni.

Una prima risorsa per avere un elenco delle scorciatoie è chiedere a Photoshop di farlo al posto nostro, dal menu Modifica>Scelte rapide da tastiera… (Cmd/Ctrl Alt Shift + K) e cliccare sul pulsante Riepiloga.
Una prima risorsa per avere un elenco delle scorciatoie è chiedere a Photoshop di farlo al posto nostro, dal menu Modifica>Scelte rapide da tastiera… (Cmd/Ctrl Alt Shift + K) e cliccare sul pulsante Riepiloga.

Il comando Modifica>Scelte rapide da tastiera… (Cmd/Ctrl Alt Shift + K) crea un file html in cui ci sono quantomeno un po’ di combinazioni. Non tutte, ma è un inizio.

2

Per tutte le altre bisogna darsi da fare, un po’ cercando sulla guida in linea e un po’ sul web (o i manuali, quelli spessi). In questo numero desidero semplificarvi il compito, così miglioriamo le tempistiche di produzione per le operazioni più ripetitive, e se per caso le conosceste già tutte fatevi sentire con la redazione: siamo sempre alla ricerca di geni da sfruttare per la conquista del mondo. (Grafico).

I tasti di scelta rapida su piattaforma Mac e Win sono leggermente diversi, mettiamo quindi un po’ d’ordine in modo da leggere le scorciatoie in maniera corretta.

Il tasto Command (Cmd), chiamato anche Mela dai vecchi utenti per la presenza del simbolo sul tasto delle vecchie tastiere Apple, è l’equivalente del tasto Control (Ctrl) su Windows.

Nelle scorciatoie quindi sarà ricorsiva la dicitura Cmd/Ctrl per evitare ripetizioni inutili quando è la sola differenza tra le due piattaforme.

Il tasto Alt è il medesimo su entrambe le piattaforme, su Mac viene anche chiamato Opzione.

Il tasto Shift è il medesimo su entrambe le piattaforme, viene spesso chiamato Maiuscolo, e corrisponde alla freccia verso l’alto che permette, appunto, di fare le maiuscole temporaneamente. Da non confondere con il Blocco Maiuscole che si trova immediatamente sopra al Maiuscolo ed è dotato di una lucetta. [bullet 3]

Ok, si comincia…

  1. Crea nuovo livello: Cmd/Ctrl + Shift (+ Alt) + N

L’aggiunta del tasto Alt evita la comparsa della finestra di dialogo “Nuovo livello”, risulta quindi più veloce. Se tenete premuto Cmd/Ctrl cliccando sul pulsante “Crea un nuovo livello” nel pannello Livelli si aggiungerà un livello subito sotto a quello selezionato, anziché sopra come di norma.

  1. Riempimenti veloci

Il tasto Backspace (va bene anche Canc) viene associato al concetto di riempimento con tutte le combinazioni possibili. nde evitare confusioni con la barra spaziatrice (space) il tasto Backspace è quello definito come “Ritorno di cancellazione unitario”, quello cioè che usate per cancellare i caratteri all’indietro e che si trova sopra al tasto invio.

Alt + Backspace (riempie con il colore di primo piano)

Cmd/Ctrl + Backspace (riempie con il colore di sfondo)

Aggiungendo alle due precedenti anche il tasto Shift consente di riempire mantenendo la trasparenza del livello, quindi è come se venisse preventivamente bloccata la trasparenza dal pannello Livelli.

Shift + Backspace richiama la finestra di dialogo Riempi, accessibile dal menu Modifica. Questa scorciatoia risulta di gran lunga più logica di quella esplicitamente proposta da Photoshop stesso, ovvero shift + F5. I tasti funzione possono essere usati dal sistema operativo per altre cose, e solitamente il sistema operativo “vince” sugli applicativi, vanificando di fatto la scorciatoia se non vengono associati al tasto Fn.

Cmd/Ctrl + Alt + Shift (riempie con la Storia).

  1. Unione livelli

La lettera chiave qui è la E. A seconda che siano selezionati uno o più livelli contemporaneamente i comportamenti di queste scorciatoie possono differire leggermente nella denominazione.

Cmd/Ctrl + E: con un livello selezionato è Unisci sotto, cioè unisce il livello attivo con quello sottostante, se invece sono selezionati più livelli è Unisci selezionati.

Cmd/Ctrl + Shift + E unisce i livelli visibili.

Cmd/Ctrl + Alt + Shift + E applica visibili, è come se si selezionasse tutto con Cmd/Ctrl + A, si copiassero gli elementi uniti con Cmd/Ctrl + Shift + C e si incollasse con Cmd/Ctrl + V. Tutto quello che vediamo viene unito su un livello a parte lasciando separati tutti gli altri.

Cmd/Ctrl + Alt + E funziona solo con più livelli selezionati, non con uno solo, e assomiglia alla voce precedente con la differenza che unirà su un unico livello solo i livelli selezionati.

  1. Copia di un livello (Duplicazione)

Cmd/Ctrl + J formalmente è Crea livello copiato, di fatto duplica il/i livelli e/o gruppi selezionati, con tanto di maschere di livello e/o effetti annessi e connessi. Duplica insomma.

Alt + trascinamento: pulsante del mouse premuto e trasciniamo, se stiamo agendo correttamente il cursore si trasforma in un doppio triangolino mentre si trascina.

  1. Gerarchia di livelli

Cmd/Ctrl + Shift + +/-: qui l’uso del simbolo + per indicare la composizione della scorciatoia può creare confusione, con il tasto + si porta il livello (anche più di uno contemporaneamente) in alto nella gerarchia, con il tasto “-“ lo si porta in basso.

Sono l’equivalente della voce da menu Livello>Ordina

  1. Selezione di livelli

alt 0 (seleziona il livello superiore)

alt 9 (seleziona il livello inferiore)

  1. Metodi di fusione

Se volete cambiarli sui livelli basta Shift- per andare verso l’alto, e Shift+ per scorrerli verso il basso (se usate un notebook questa potrebbe non funzionare, usate Shift 0, quello in alto, non quello del tastierino numerico).

Se volete invece cambiarli sugli strumenti dovete aggiungere alle precedenti anche il tasto Alt.

  1. Selezione di canali

Cmd/Ctrl+ 2/3/4/5… seleziona i singoli canali secondo la sequenza presente nel pannello Canali

  1. Selezione e dimensione pennelli

“,” e Shift+, seleziona dall’elenco il pennello precedente e il successivo

Su Mac: Ctrl + Alt e click con trascinamento (sinistra/destra riduce/ingrandisce le dimensioni, con trascinamento alto/basso aumenta/riduce la durezza)

Su PC: Alt + Tasto destro del mouse in trascinamento.

  1. Filtri di nuova generazione

Correzione obiettivo: Cmd/Ctrl shift R

Camera Raw: Cmd/Ctrl shift A

  1. Trasformazioni

Cmd + T: trasformazione libera. Con l’aggiunta del tasto Alt si crea automaticamente un duplicato dell’oggetto che stiamo trasformando, con l’aggiunta del tasto Shift si ripete, se c’è, l’ultima trasformazione fatta.

Cmd + Ctrl + Shift + C: scala in base al contenuto su Mac, e no, non è un errore che siano presenti sia Cmd che Ctrl.

Cmd + Alt + Shift + C: sala in base al contenuto su Win.

  1. Documento

Cmd/Ctrl + Alt + I apre la finestra di dialogo Dimensione Immagine.

Cmd/Ctrl + Alt + C apre la finestra di dialogo Dimensione Quadro.

Il «colore giusto» non è più un’opinione

Potenziali risparmi in fase di avviamento con la misurazione in linea.

Potenziali risparmi in fase di avviamento con la misurazione in linea.

Gli stampatori di imballaggi devono rispondere a un continuo aumento delle esigenze qualitative dei print buyer e dei proprietari di marche importanti, specie per quanto riguarda la fedeltà e la costanza dei colori nel corso della tiratura e tra le diverse tirature. Per assicurare questa costanza è importante che i dati di controllo cromatico siano acquisti non solo in fase di avviamento o a fine tiratura, ma nel corso della tiratura. A tale scopo, la tecnologia offre oggi moderne apparecchiature per il rilevamento dei dati di colore in linea sulla macchina da stampa. In questo modo lo stampatore è in grado di tracciare direttamente la qualità di produzione e anche il print buyer ne ricava un beneficio in termini di miglioramento qualitativo con dati immediatamente fruibili.

Le frequenti misurazioni nel corso della tiratura ottenute con il sistema in linea, oltre a portare significativi vantaggi allo stampatore grazie a un accurato rilevamento della qualità di stampa in tempi rapidi, danno al cliente finale la certezza di una qualità colore accresciuta a costi contenuti e con rapporti affidabili tramite la raccolta di dati sicuri.

L’effettivo aiuto della tecnologia

L’introduzione e l’evoluzione degli strumenti di misurazione del colore – densitometri e spettrofotometri – ha eliminato la soggettività dalla determinazione del «colore giusto»; tuttavia, è fondamentale saper usare correttamente tali strumenti per ottenere un controllo sistematico e affidabile del processo di stampa. In passato, lo strumento più usato era il densitometro che forniva valide misurazioni per i colori di quadricromia utilizzando determinate serie di filtri di densità. Nell’industria del packaging, però, ove si usano correntemente i colori speciali (spot colour) ottenuti mediante inchiostri espressamente formulati per imitare i colori di marca o colori uguali a uno specifico campione, la misurazione densitometrica diventa critica e inattendibile dato che i filtri all’interno dello strumento non sono calibrati per i colori speciali: si ottengono così i valori di densità, ma non è possibile determinare l’uguaglianza colore tra la stampa e la prova. Di conseguenza, cresce l’uso dello spettrofotometro – oggi presente in tutti i reparti di stampa, specie nell’industria del packaging – che permette di misurare con precisione qualunque colore determinandone la densità e la composizione cromatica.

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Le misurazioni si effettuano normalmente in fase di avviamento macchina per verificare l’uguaglianza tra i primi fogli stampati e la prova colore fornita dal cliente ed effettuare eventuali operazioni correttive. Ulteriori misurazioni sono possibili nel corso della tiratura mediante il prelievo di fogli campione a intervalli prestabiliti. Nella stampa in banda le misurazioni si effettuano su ogni bobina in fase di avvolgimento finale.

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Lo Standard ISO 12647

L’ente internazionale di standardizzazione ISO ha messo a punto nel corso degli anni numerosi standard per sistematizzare la riproduzione del colore e tra questi sembra essere particolarmente utile l’ISO 12647 Graphic Technology che riguarda in particolare il controllo di processo delle selezioni retinate nelle prove colore e nelle stampe in produzione. C’è infatti una specifica sezione di questo standard che stabilisce la percentuale di una tiratura che deve essere entro le tolleranze specificate dei valori raggiunti per considerare la tiratura «accettabile». Il numero dato dallo standard è 68%, che corrisponde in modo approssimativo a una deviazione standard, assumendo che la distribuzione dell’errore sia Gaussiana. Non è facile accettare questo assunto, ma il punto importante è che ISO ha riconosciuto che il processo di stampa contiene una data variazione ed è quindi impossibile aspettarsi che il 100% di una tiratura cada entro una tolleranza ristretta. Da ciò dipende la necessità di effettuare numerose misurazioni nel corso della tiratura.

Ma quante misurazioni sono necessarie? Per rispondere a questa domanda, John Seymour, noto matematico e scienziato del colore di QuadTech, ha analizzato il problema giungendo alla conclusione che il numero di campioni richiesto è matematicamente indipendente dalla lunghezza della tiratura. Comunque, risulta chiaro che la misurazioni sporadiche non consentono di rilevare variazioni di bassa frequenza nel processo di stampa e di effettuare correzioni in tempo reale; al massimo consentono di minimizzare le variazioni nelle produzioni future. Ne consegue che la misurazione in linea automatizza la raccolta di tali informazioni.

Vantaggi per lo stampatore e per il cliente

Gli aspetti positivi della misurazione in linea nel corso della tiratura: in primo luogo si minimizzano i tempi di avviamento e si abbattono i costi legati a tale operazione, dato che le misurazioni fuori linea in fase di avvio comportano numerose partenze e arresti della macchina per prelevare i fogli campione fino alla determinazione del visto si stampi; al costo dovuto al funzionamento della macchina a bassa velocità si aggiunge quello generato dagli scarti; inoltre, anche la messa a punto dell’inchiostrazione risulta problematica in questa fase (il diagramma in figura 6 dimostra il potenziale risparmio all’avviamento con la misurazione in linea). Per contro, la misurazione in linea fornisce allo stampatore una chiara indicazione della media di bilanciamento cromatico in corso di tiratura. Lo stampatore può sapere in tempo reale se è necessaria una correzione del colore senza dover fermare la macchina e tale correzione viene effettuata sulla base di un preciso valore numerico misurato. Con il sistema in linea si ottiene anche una chiara indicazione sulla stabilità del colore in macchina e sulle eventuali cause di instabilità non legate all’inchiostrazione che vanno individuate prima di continuare la tiratura. L’operatore può portare la macchina alla massima velocità produttiva, verificare che tutto sia sotto controllo e decidere di fermare la produzione solo nel caso di un’effettiva esigenza di correzione non attuabile con la macchina in movimento.

La misurazione in linea produce anche notevoli vantaggi quando il cambio d’inchiostri tra una tiratura e la successiva comporta la pulizia della macchina per eliminare i residui dei vecchi inchiostri; in questo caso si identificano immediatamente gli scostamenti della qualità cromatica prodotti dal cambio e si provvede alla correzione in corso di tiratura. Analogamente, è possibile intervenire in tempo reale nella stampa rotativa per correggere variazioni causate dal cambio bobina evitando così difettosità e scarti individuabili solo a fine produzione. I dati registrati nelle misurazioni in linea servono anche ad alimentare l’analisi statistica fornendo utili indicazioni al reparto prestampa che provvede alla realizzazione dei file, delle lastre e delle prove colore e al reparto allestimento che viene messo in grado di individuare nella produzione finale le parti realmente difettose destinate allo scarto.

Alimentando i sistemi di rapporto qualità del mercato in modo automatico, si comunicano al print buyer o al cliente finale informazioni esatte in tempo reale sulla qualità cromatica degli imballaggi forniti. Tale automazione accresce la fiducia nello stampatore, eliminando il rischio di errori dovuti a interventi manuali nelle misurazioni.

***Articolo liberamente tratto da un intervento di Michael Sisco della società americana QuadTech Incorporated, in occasione di API (Advances in the packaging Industry, Napoli).

 

3D-Paper: stampare in 3D con la carta

Un dettaglio di 3D-Paper, con la sua caratteristica texture e il colore in bilico tra quello del cartone e quello del legno.
Un dettaglio di 3D-Paper, con la sua caratteristica texture e il colore in bilico tra quello del cartone e quello del legno.

Un dettaglio di 3D-Paper, con la sua caratteristica texture e il colore in bilico tra quello del cartone e quello del legno.

Un dettaglio di 3D-Paper, con la sua caratteristica texture e il colore in bilico tra quello del cartone e quello del legno.

NextMaterials è uno spin-off del Politecnico di Milano affiliato al Consorzio Interuniversitario per la Scienza e Tecnologia dei Materiali (Instm). Uno dei materiali al centro di parecchie attività di ricerca applicata dello spin-off è la carta, presente in progetti che vanno dal packaging intelligente, con proprietà di mantenimento termico dei prodotti, ai depuratori ambientali e oggetti in cartone ondulato dal design innovativo. Si tratta di ricerche consolidate, già pronte per il trasferimento in ambito produttivo, ma accanto a queste c’è un prodotto che è già in fase di commercializzazione, sviluppato da NextMaterials in collaborazione con il Politecnico di Milano: 3D-Paper, un nuovo materiale composito per stampa 3D ad alta sostenibilità ambientale basato su carta riciclata in una matrice idrosolubile (prodotta senza sottrarre terreno fertile all’agricoltura), così da poter essere riciclato con carta e cartone.

Bracciale realizzato con una stampante 3D basata su tecnologia FDM e stampato con 3D-Paper/PVA, materiale ad alta elasticità e con un buon recupero della forma iniziale.
Bracciale realizzato con una stampante 3D basata su tecnologia FDM e stampato con 3D-Paper/PVA, materiale ad alta elasticità e con un buon recupero della forma iniziale.

Stampare in 3D con la carta

Una delle tecnologie più gettonate per la stampa 3D è indicata dalla sigla FDM, ovvero dalla costruzione di oggetti mediante la deposizione tramite uno speciale ugello che si muove sui tre assi di un filamento di termopolimero che viene fuso a una temperatura compresa tra 180 e 250 gradi, a seconda del materiale. Si tratta di una tecnologia inventata quasi trent’anni fa da Stratasys, che si è diffusa in tutto il mondo a livello consumer e di piccole e medie imprese solo negli ultimi anni, dopo la scadenza dei brevetti originali. Esistono oggi stampanti 3D basate sulla FDM a prezzi che partono da poche centinaia di euro fino ad arrivare a sei/settemila euro per i modelli più complessi. I materiali in filamento più usati sono attualmente l’ABS (il polimero termoplastico che viene usato per i mattoncini Lego), che non è biodegradabile, e il PLA (acido polilattico, derivato da vegetali quali il mais o la barbabietola da zucchero), che è biodegradabile ma non è riciclabile.

NextMaterials ha pensato così di sviluppare un filamento ad alta sostenibilità ambientale e dai suoi laboratori di ricerca è uscito 3D-Paper, un nuovo materiale composito per stampa 3D ad alta sostenibilità ambientale basato su carta riciclata in una matrice idrosolubile e a sua volta riciclabile con carta e cartone. Il materiale è perfettamente saldabile semplicemente bagnandolo con acqua, facilmente modellabile, lucidabile per sfregamento in miscela acqua/alcool etilico. I pezzi stampati possono essere colorabili con smalti a solvente per dare stabilità nel tempo ed è impermeabilizzabile. Le condizioni di stampa sono particolarmente semplici: temperature 180 °C, quella necessaria per stampare il PLA e alta velocità di stampa. Il che vuol dire che non è nemmeno necessario avere una stampante con piatto riscaldato, un accessorio presente solo sui modelli più costosi. Non sono nemmeno necessari supporti speciali sul piatto e la stampa può essere fatta con la ventola di raffreddamento spenta. Il materiale è stato oggetto di un brevetto depositato in contitolarità tra Politecnico di Milano e NextMaterials ed è commercializzato da Sharebot, il più grande produttore italiano di stampanti 3D con varie tecnologie di stampa, dalla FDM alla stereolitografia.

NextMaterials ha sviluppato due versioni del nuovo materiale: 3D-Paper/PLA e 3D-Paper/PVA. Il primo è caratterizzato da una matrice acido polilattico e ha un colore intermedio tra quello del cartone e quello del legno. È biodegradabile, impermeabile e colorabile, rigido e resistente. Il secondo è invece basato su una matrice di PVA (alcool polivinilico) modificato. Anch’esso ha un colore intermedio tra il cartone e il legno, ma a differenza di quello basato su PLA è caratterizzato da alta elasticità e da un buon recupero elastico. Il che vuol dire, per esempio, che è adatto per fare braccialetti che si allargano per infilarli assumendo al polso la forma iniziale. È saldabile per semplice bagnamento con acqua e levigabile per immersione in una miscela di acqua e alcool. Solubile in acqua e riciclabile con carta o cartone, può essere impermeabilizzato una volta stampato e colorato.

Ricerca applicata

Grazie anche ai suoi stretti legami con il mondo della ricerca universitaria nel campo dei materiali, delle finiture e delle tecnologie connesse, NextMaterials mette a disposizione del mondo produttivo una serie di servizi estremamente interessanti. E utili, perché uno dei pochi strumenti per raccogliere denaro pubblico, indispensabile per trasformare un’idea in un prodotto quando non si hanno sufficienti fondi per ricerca&sviluppo, è rappresentato dai finanziamenti regionali, nazionali ed europei per la ricerca applicata finalizzati all’innovazione tecnologica. Partecipare ai bandi, anche in presenza di forti idee innovative, non è sempre semplice, in quanto per costruire un progetto di ricerca con possibilità di successo sono necessarie, una partnership industriale adeguata (spesso è richiesta la presenza di più aziende), una partnership scientifica con le necessarie competenze, non sempre presenti nel territorio, capacità di scrittura e gestione scientifica, capacità di costruzione e gestione amministrativa. Ecco quindi che NextMaterials offre al mondo produttivo, ma anche a quello della ricerca, una serie di strumenti che comprendono: ricerca, sviluppo e trasferimento tecnologico su commissione di materiali finiture e tecnologie ad alto livello di innovazione; costruzione e gestione di progetti di ricerca anche complessi in relazione a bandi regionali, nazionali ed europei; valorizzazione dei risultati più significativi della ricerca accademica, tramite brevettazione e valorizzazione preindustriale; realizzazione per conto di terzi di trattamenti di superficie in grado di fornire nuove funzionalità a prodotti di largo consumo. La attività attualmente maggiormente consolidate di dello spin-off, e pronte per il trasferimento, sono legate a varie arie di attività, tra le quali citiamo in particolare quelle legate in qualche modo al mondo della carta e del cartone: filtri in cartone ondulato in grado di abbattere batteri e particolato solido, depuratori ambientali e oggetti in cartone ondulato dal design innovativo, packaging intelligente con funzionalità di mantenimento termico.

Le lastre senza sviluppo Kodak Sonora registrano un aumento del 50% nel 2015 in termini di volume

Kodak_Sonora plateI clienti di tutto il mondo si sono resi conto dei benefici economici e ambientali delle lastre Sonora, che forniscono le funzionalità di stampa e la produttività delle lastre tradizionali, senza sviluppo e chimici. Kodak prevede un’ulteriore crescita costante in tutto il mondo dopo l’annuncio a drupa 2016 delle nuove lastre Sonora adatte per la stampa UV. Progettate per soddisfare le rigorose esigenze delle applicazioni di stampa UV sempre più utilizzate dagli stampatori di imballaggi e commerciali, l’aggiunta al portafoglio delle lastre Sonora consentirà agli stampatori di sfruttare il set esteso di opportunità connesse con tecnologia UV, comprese flessibilità e durata, elevata qualità di stampa e tempi di asciugatura più rapidi. Mentre le lastre senza sviluppo sono più strettamente associate alle applicazioni a foglio, i clienti Kodak stanno segnalando vantaggi significativi riguardanti l’uso delle lastre Sonora in modi nuovi e innovativi. Questi includono applicazioni a bobina, dove le lastre Sonora sono adatte per tirature fino a 200.000 copie, applicazioni di grande formato (VLF), tra cui manifesti e insegne stampate. Le lastre Sonora sono anche adatte alle applicazioni di imballaggi per un massimo di 50.000 copie con stampa offset e fino a 10.000 copie per tirature bervi con stampa UV. Attualmente gli impianti di produzione delle lastre Sonora si trovano negli Stati Uniti, Europa e Cina: più di 3.000 clienti in tutto il mondo stanno sfruttando i vantaggi di fornitura, supporto e servizio clienti più veloci.

«Eliminando le sviluppatrici, abbiamo migliorato l’efficienza dei nostri flussi di lavoro di prestampa. Il passaggio alle lastre Sonora XP ha migliorato la stabilità e la qualità della produzione di lastre in quanto fluttuazioni nei processi chimici sono ormai un ricordo del passato. Il cambiamento dimostra anche che il nostro processo di produzione è davvero ecologico. Il processo di produzione delle lastre non ha più bisogno di consumare energia elettrica per lo sviluppo, il risciacquo, la rigenerazione e le gomme, e non abbiamo più necessità di smaltire sostanze chimiche o di pulire la sviluppatrice». Gerhard Aichhorn, proprietario e manager, Samson Druck GmbH (Austria), e utilizzatore delle lastre Sonora.

Anche Michele Colasanto, CEO di Qualiprinters (Italia), dice :«Le lastre senza chimici Kodak Sonora stanno producendo un notevole risparmio energetico e ci permettono di tagliare i costi di manutenzione, il tutto senza conseguenze sulla lunghezza delle tirature o la qualità di stampa. E, eliminando sviluppatrici e chimici, abbiamo un processo di prestampa più snello e soprattutto credo che nella nostra sala stampa la qualità dell’aria non potrebbe essere migliore! Questi benefici sono non solo molto importante per noi, ma anche per i nostri clienti, e grazie a Kodak, siamo stati in grado di prendere l’iniziativa rispetto ai nostri concorrenti per avviare l’adozione del processo di prestampa del futuro.»

Oltreoceano sono d’accordo… «La lastra Kodak Sonora ha un buon senso degli affari. Si elimina la gestione e lo sviluppo delle lastre, ma si elimina anche il tempo necessario per queste operazioni. Oggi ci aiuta a stampare meglio di quanto non abbiamo mai stampato.» Jim Tomblinson, Vice Presidente delle Operazioni presso Litho Modern (Jefferson City, Missouri, USA).

Come scegliere inchiostro e vernici a norma

Nel packaging alimentare è sempre difficile districarsi tra norme, procedure e dichiarazioni di conformità. A volte però basta la consapevolezza di quanto si andrà a produrre e un pizzico di sano buonsenso. Ecco allora alcune cose fondamentali che gli stampatori devono conoscere.

Con l’alimentare non si scherza. La sua lavorazione è certamente molto complessa e bisogna definire in anticipo e con grande oculatezza tutta la linea di produzione, in modo tale da avere sempre le idee chiare su quello che si fa. E occorre soprattutto avere l’occhio «lungo» per evitare in futuro di rimanere stritolati nell’insidiosa minaccia delle contestazioni. Che, anche se remota, è un eventualità sempre possibile.

«Il tema della scelta dei materiali per il packaging alimentare noi lo vediamo sempre dal punto di vista degli stampatori, ma occorrerebbe osservarlo dalla prospettiva degli utilizzatori finali», dice Carlo Carnelli, presidente di Taga italia www.taga.it, membro del Comitato Tecnico Iso- Tc130, nonché amministratore unico di ColorConsulting. «Il packaging deve infatti garantire la protezione durante il trasporto, l’igiene e la salvaguardia dalle varie contaminazioni chimiche e batteriche. E solo successivamente si può ragionare sul fatto che deve fornire anche informazioni sul prodotto ed essere utilizzabile dal punto di vista del marketing sul punto vendita. Quello che nel packaging non è infatti assolutamente accettabile è che vengano trasferite sostanze nocive dai materiali esterni al prodotto in esso contenuto. È bene quindi saper fare alcune valutazioni fondamentali, le quali serviranno sempre, anche per i settori non-food. Esistono, non dimentichiamolo, anche le confezioni per articoli molto delicati come quelli elettronici, chimici o organici, che devono essere preservati da campi magnetici, da influenze negative o da sostanze reattive.

Ecco perché, prima di identificare i substrati da utilizzare, occorre conoscere quali sono le interazioni possibili tra pack e contenuto, in modo tale da poter gestire nel migliore dei modi inchiostri e supporti».

Tre tipi di trasferimento

«Fondamentalmente esistono tre tipologie di contaminazione», dice Carnelli. «Oltre alla “migrazione” dello stampato a contatto diretto con il food, esiste anche il “set-off invisibile”, cioè la condizione in cui il pack stampato è assolutamente perfetto ma viene erroneamente impilato uno sull’altro o arrotolato in bobina: in questo caso può avvenire una seria contaminazione perché la parte interna, sicura, è a contatto con quella esterna, stampata. Un esempio eclatante di set-off invisibile è avvenuto a fine 2005 quando venne scoperta la contaminazione di un fotoiniziatore, l’Itx (Isopropil Tioxantone), in confezioni di cartone poliaccoppiato destinato a contenere yogurt e latte. Il terzo tipo di trasferimento può infine avvenire attraverso quella che viene chiamata “fase gassosa” quando alcuni prodotti, per esempio i biscotti appena sfornati, tendono a rilasciare l’aroma all’interno della scatola di cartone che li contiene e, al tempo stesso, la confezione tende a sua volta a rilasciare l’odore del cartone. A quel punto vince l’odore più forte. E se alla fine il biscotto sa di cartone vuol dire che qualcosa non è andato per il verso giusto».

«Barriere», non materiali

Basandosi su questi tre tipi di trasferimenti si può dunque andare a operare una discriminazione più precisa dei materiali da utilizzare. «È preferibile però chiamarle “barriere”, e non “materiali”», puntualizza Carnelli, «e fondamentalmente vengono suddivise in tre tipologie: le barriere “permanenti”, rappresentate da vetro, metallo e alluminio con spessore superiore ai 7 μm; le barriere “funzionali”, che sono generalmente in film plastico e rispondono a requisiti di resistenza a specifiche temperature (alte o basse) o agenti chimici; e infine l’assenza totale di barriera dal momento che, non essendoci la necessità di particolari requisiti, ci si può accontentare semplicemente della carta o del cartone».

«La scelta della tipologia di barriera da utilizzare deve quindi essere fatta in funzione del prodotto da contenere. È evidente però che carta e cartone semplici non sono barriere protettive e, a quel punto, la scelta di inchiostri e vernici va fatta in modo molto accurato», sottolinea Carnelli. «Si può sempre stampare con un film d’alluminio, ma se si lavora in bobina e si corre il rischio di una contaminazione da set-off, occorre stare attenti a quali inchiostri si utilizzerà. Occorre quindi iniziare a definire con metodo quali materiali impiegare, dividendoli in due categorie principali: quelli per l’outside-printing, dove non c’è contatto diretto con l’alimento, e quelli per l’inside-printing dove invece il contatto c’è».

La responsabilità legale

Un’altra cosa importante da sottolineare è che per il Regolamento Europeo relativo all’imballo alimentare il responsabile legale non è mai lo stampatore ma il distributore dei prodotti confezionati. Vale a dire che, se c’è una contaminazione sulla pasta, per fare un esempio, il responsabile legale sarà il pastificio oppure l’azienda che distribuisce quel brand. Ma questi ultimi potranno sempre rovesciare le responsabilità anche sui propri fornitori, se gli sarà possibile farlo. Per questo motivo la normativa in materie dice che il distributore deve avere un approccio “responsabile” e quindi deve richiedere responsabilità a tutta la sua catena produttiva.
«Se consideriamo tutta la catena di responsabilità nel settore dell’imballaggio alimentare», continua Carnelli, «prima di arrivare al distributore abbiamo lo stampatore o il converter e prima ancora ci sono almeno tre passaggi fondamentali che sono rappresentati dai produttori di substrati, di inchiostri e di adesivi, più altre cose ausiliarie ma minori. Il substrato e gli inchiostri comprati dallo stampatore dovrebbero quindi essere generalmente “coperti” da una Gmp (good manufacturing practice) che prescrive la buona preparazione del prodotto in conformità con le normative vigenti, e che lo stampatore dovrebbe aver richiesto al proprio fornitore».

«Per quanto riguarda i substrati, basta chiedere la dichiarazione di conformità in funzione del prodotto che deve essere contenuto. Non basta però la semplice dichiarazione di “imballo stampato in flessografia”, ma occorre dire che quel packaging in flexo è, per esempio, destinato alla refrigerazione o alla cottura in forno a microonde», sottolinea Carnelli.

«Per gli inchiostri il discorso è un po’ più complesso, anche se ormai anche i produttori si stanno uniformando sulla necessità di avere una Gmp. La grossa differenza è che, mentre sui substrati le normative sono molto prescrittive e precise, per gli inchiostri le ordinanze sono più complicate: esistono infatti tre “ordinanze” che sono frutto di regolamentazioni europee: detta in soldoni, una di queste è specifica per la plastica e copre tutti i film, mentre per gli inchiostri chi fa attualmente da apripista sono l’ordinanza svizzera sui “full contact materials” e l’ordinanza tedesca che si sta usando attualmente per scrivere quelle europee e la guida Eupia (European Printing Ink Association)».

Il ruolo dei grandi brand

E in assenza di una legislazione specifica anche marchi importanti come Nestlé hanno creato alcune norme standard, racconta Carnelli: «I grandi brand hanno assunto in maniera restrittiva tutte le norme esistenti, soprattutto quella svizzera, e si sono scritti un capitolato di fornitura con il quale vanno a escludere determinate sostanze. Gli inchiostri devono essere formulati non ammettendo alcune materie prime cancerogene, mutagene, tossiche ecc.: e tra questi ci sono anche i coloranti basati su metalli pesanti. Tutte queste sostanze non possono essere più utilizzate per produrre un inchiostro. E quest’elenco viene aggiornato costantemente. Ciò, a suo modo, ha creato un processo virtuoso, perché i produttori di inchiostro si sono dovuti adeguare alle richieste dei grandi brand, anche se questo non comporta un adeguamento pieno e corretto alle Gmp».

Formulazioni e tracciabilità

Tornando invece alle normative e alle ordinanze esistenti, ci sono alcuni limiti di migrazione per le sostanze nocive, ma anche per quelle che possono modificare odore e gusto o in grado di generare alterazioni nel colore degli alimenti. «I produttori di inchiostri hanno adottato formulazioni con materie prime “valutate”», spiega Carnelli. «La Gmp degli inchiostrai prevede infatti una valutazione precisa e costante delle materie prime impiegate. Ma anche il grado di purezza delle materie prime è diventato un requisito dirimente, dal momento che la miscelazione di componenti in esse contenute può generare reazioni che ne mutano le caratteristiche di base».

Un’altra prescrizione importante è quella di evitare la mescolanza tra le sostanze utilizzate in una formulazione, vale a dire che deve esserci una tracciabilità interna di tutte le materie prime impiegate. «Se si prende un prodotto certificato per il food già in dotazione allo stampatore e si comunica al fornitore di inchiostri il codice di produzione, quest’ultimo dev’essere in grado di risalire a tutte le patch di produzione di materie prime che sono entrate in quel prodotto. Questo “storico” delle materie prime viene utilizzato nei casi in cui succeda qualcosa di negativo, e non è detto che la responsabilità ricada sempre sul brand owner. Il quale, se può, si rifarà sullo stampatore; che a sua volta deve possedere tutte le informazioni sulla tracciabilità per potersi rivalere sul produttore di inchiostri. Occhio dunque, la tracciabilità va sempre richiesta e aggiornata».

Gli stampatori seguono le procedure?

E qui arriviamo a un altro punto cruciale. Capita infatti che l’ufficio acquisti dello stampatore sia attentissimo a richiedere tracciabilità e quant’altro serva per avere sempre inchiostri certificati a bassa migrazione, e consumabili di qualità e supertecnici, ma poi si esponga facilmente a grossolani rischi di contaminazione.
«Se dovessimo fare le cose in modo perfetto, bisognerebbe eliminare tutte le possibilità di contatto con materiali e produzioni diversi da quelli per il food. Ed è qui che casca l’asino degli stampatori», dice Carnelli. «Oggi si stampa la scatola della pasta con inchiostri a bassa migrazione, domani il volantino per il supermarket e il giorno dopo ancora si ristampa la scatola della pasta. È chiaro che se non si opera una profonda bonifica della linea di produzione, con il cambio dei rulli e con una pulizia approfondita di calamai ecc., la contaminazione è assicurata».

«Tant’è vero che i produttori di inchiostri garantiscono il prodotto fino al momento in cui non si apre il barattolo», dice Carnelli. «Basta infatti soltanto una spatola leggermente sporca per creare un serio inquinamento della formulazione. L’unica via possibile è allora quella di avere macchine e linee dedicate, e non ha senso buttarsi in questo business se non si è adeguatamente attrezzati. Oltretutto gli inchiostri destinati a questo genere di stampati costano di più degli altri. Occorre dunque buon senso, anche in considerazione del fatto che, nel caso in cui si utilizzi una barriera di tipo diverso, non serve un inchiostro così prestante. Quindi lo stampatore deve saper giostrare tutte queste informazioni strategiche nella scelta finale dei materiali da impiegare».

Miscelare in casa

Lo stesso discorso vale quando si prevede una miscelazione in casa, laddove alcune formule possono interagire e modificare la propria composizione. «Alcuni distributori hanno stazioni di miscelazione riservate a questo genere di prodotti», spiega Carnelli. «La tracciabilità delle miscele fatte in casa è però molto delicata, perché in caso di contestazioni bisogna essere in grado di gestire un batch di produzione tramite l’ausilio di software, codici a barre ed eventualmente di etichette, in modo tale da riuscire a reperire sempre tutte le informazioni di tracciabilità disponibili, anche a distanza di anni. Occorre infatti poter risalire alle materie prime utilizzate in quella formulazione, altrimenti la responsabilità ricade tutta sullo stampatore».

La fustellatrice digitale PFI Di-CUT 300 di Neopost

I sistemi in linea saranno la novità Neopost a drupa: qui 350R Inline Bookletmaker.
I sistemi in linea saranno la novità Neopost a drupa: qui 350R Inline Bookletmaker.
I sistemi in linea saranno la novità Neopost a drupa: qui 350R Inline Bookletmaker.
I sistemi in linea saranno la novità Neopost a drupa: qui 350R Inline Bookletmaker.

Saranno ben 12 i cucipiega esposti, configurati con moduli sia offset che digitali, ma anche in linea alle stampanti digitali.
Per quanto riguarda il finishing inline saranno presenti il nuovo 350R Pro Inline Booklet System, cucipiega per medi volumi che integra il cucipiega e trimmer DBM-350/T alla stampante digitale Ricoh 7000, e il nuovo verniciatore PFi300 System in linea all’HP Indigo 7600.
Soluzioni Duplo saranno presenti anche sugli stand dei printer vendor: Ricoh esporrà il 600R Inline Booklet System, fratello maggiore di quello esposto sullo stand Duplo, mentre allo stand Xerox sarà visibile il 350XInline Booklet System in linea con la Xerox Versant; HP ospiterà invece una Multifunzione DC-646 JDF.
Come sempre grande spazio sarà dato alle Multifunzione per taglio-rifilo-cordonatura-perforazione in un solo passaggio, soluzioni tecnologiche che Duplo ha progettato per prima lanciando un’attrezzatura di questo tipo già a drupa 2004. Quest’anno la
famiglia multifunzione sarà più ampia che mai e completamente rinnovata per essere ancora più versatile: new entry sarà la fustellatrice digitale, la PFI Di-CUT 300 che sarà lanciata proprio in occasione della fiera internazionale. Esposta anche l’intera gamma di brossuratrici monoganascia PUR, Hot Melt e a tecnologia combinata per
l’utilizzo simultaneo delle due colle e le attrezzature di Small Finishing quali piegatrici, taglia biglietti e duprinter per la stampa monocromatica.
Ma quello di Duplo non è l’unico stand che sarà possibile visitare con la guida del team Neopost Graphics: tutti i brand rappresentati esporranno le loro attrezzature su propri stand o su stand partner, e anche Neopost avrà il suo stand dove sarà possibile vedere da vicino la gamma di attrezzature per la gestione della corrispondenza.

Horizon si prepara a drupa e presenta SmartSlitter

La SmartSlitter.

Horizon SmartSlitter è stato il prodotto al centro dell’evento tenutosi a Roma, la multifunzione che in passaggio singolo Taglia + Rifila + Cordona + Perfora (x-y) alla velocità di 54 PPM con carte da 80 g/m2 a 370 g/m2 con cambio progetti automatico.

Leo Abascià, responsabile digital finishing ha dichiarato: «La più alta velocità al mondo unita a una elevata precisione, mixata con carte che vanno dalla semplice uso mano 80 g/m2 a patinate o plastificate da 370 g/m2, sono richieste fondamentali per il mercato digitale odierno che si sta spostando verso macchine da stampa veloci che producono alti volumi di carta e in molti casi soppiantano l’offset. In questo contesto SmartSlitter rappresenta la soluzione ideale per gli stampatori che stanno trasformando il business digitale da occasionale/sporadico a centrale/quotidiano per la loro azienda.»

Si è tenuto a Roma il 7,8,9 aprile, l’evento dedicato al finishing con un occhio specifico dedicato al mondo digitale. È stata l’occasione per confermare il 2015 come un anno di successo per Forgraf con una crescita di fatturato superiore al 16% ed evidenziare come questo inizio 2016 abbia un trend positivo con importanti ordini a portafoglio.

Leo Abascia: «Horizon è stato il brand propulsivo, con una gamma prodotti imponente, che ha soddisfatto anche clienti che arrivavano da fuori Roma. Il prodotto principe dell’evento è stato Smart Slitter, vero concentrato di tecnologia collaudata da oltre due anni in Horizon e oggi applicata al mercato delle multifunzioni che fino a ieri non ci vedeva partecipi e oggi grazie alle specifiche uniche ci porta a essere attori primari».

Per Horizon erano in dimostrazione brossure BQ270v, trilaterali automatici HT30c, piegatrici superautomatiche AFC566FG, cucipiega SPF-Line, e oltre a SmartSlitter c’era anche la CRF-362 best seller tra le cordona/piega. Oltre Horizon c’era anche Multi-Air (cordona/perfora), la fascettatrice Akebono e le plastificatrici D&K con l’anteprima drupa della nuova Neptune dedicata al mondo digitale.

Il concordato preventivo in bianco

Il legislatore è intervenuto più volte sull’istituto del concordato preventivo volendo facilitare il più possibile le imprese che si trovano in stato di crisi (e non più d’insolvenza), ovvero in situazioni di difficoltà economica che non permette loro di adempiere regolarmente ai propri obblighi contrattuali e di proseguire nell’ordinaria attività aziendale.

Alla procedura di concordato preventivo – e a quella che si è evoluta dalle modifiche apportate alla normativa fallimentare, ovvero il «concordato preventivo con riserva» anche detto «concordato preventivo in bianco» – possono accedere tutti gli imprenditori commerciali che siano fallibili e che si trovino in una situazione di crisi, reversibile ovvero irreversibile, anche nel caso in cui siano pendenti istanze di fallimento.

Il legislatore all’art. 1 RD n. 267/1942 specifica le imprese soggette al fallimento (e quindi al concordato preventivo) fornendo una definizione al contrario, ovvero precisando quelle che non possono essere sottoposte a tali procedure, quindi quelle che dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:

  1. aver avuto nei tre esercizi anteriori alla data di deposito dell’istanza di fallimento, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore a € 300.000,00;
  2. aver realizzato nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore a € 200.000,00;
  3. avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore a € 500.000,00.

La domanda di concordato

La domanda di concordato si deve proporre con Ricorso al Tribunale territorialmente competente, ovvero a quello dove si trova la sede reale dell’impresa, cioè il luogo dove vi è il centro direttivo e amministrativo della stessa.

La domanda deve contenere la seguente documentazione:

  • un piano (ovvero un programma che specifichi le modalità di liquidazione e le percentuali di pagamento ai creditori);
  • una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria;
  • l’elenco analitico dei beni con il loro valore;
  • l’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione del credito e delle cause di prelazione;
  • l’elenco dei titolari di diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;
  • la relazione del professionista che attesti la veridicità dei dati e la fattibilità del piano.

Molte e di notevole rilievo sono state le modifiche introdotte nell’art. 161 RD n. 267/1942 dal D.L. n. 82/2012 e per ultimo dalla L. n. 98/2013 (così detto «Decreto del fare»).

Infatti il legislatore ha previsto la possibilità per l’imprenditore di depositare il ricorso contenente la domanda di concordato unitamente alla visura storica, ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, a un elenco nominativo dei creditori con i rispettivi crediti e alla delibera assembleare che autorizza il deposito della domanda, riservandosi di presentare la proposta, il piano e l’ulteriore documentazione sopra elencata entro il termine fissato dal Giudice.

L’introduzione dell’istituto del concordato preventivo con riserva consente all’imprenditore di predisporre la domanda senza dover cercare di nascondere la situazione di crisi in cui si trova l’azienda, godendo del vantaggio riservato alle imprese che ricorrono alla procedura, ossia quello di non subire azioni esecutive (o istanze di fallimento) che possano ostacolare la realizzazione del piano.

Il concordato preventivo in bianco

Nel momento in cui l’impresa deposita la domanda di concordato con riserva, il Giudice assegna un termine che varia da un minimo di sessanta a un massimo di centoventi giorni e che sarà quello minimo nel caso in cui siano state depositate istanze di fallimento.

La norma prevede che l’impresa possa depositare – entro il termine assegnato – in alternativa una proposta di concordato preventivo ovvero un accordo di ristrutturazione dei debiti.

Il Tribunale, con il medesimo provvedimento con il quale fissa il termine per il deposito della proposta, del piano e dell’altra documentazione necessaria, nomina un Commissario Giudiziale (ovvero un soggetto che vigilerà sull’attività dell’impresa fino al deposito dei predetti documenti) e stabilisce gli obblighi informativi periodici a carico del ricorrente anche in relazione alla gestione finanziaria dell’impresa.

L’imprenditore dovrà rispettare gli obblighi imposti dal Giudice, in quanto in caso d’inottemperanza la proposta verrà dichiarata inammissibile.

Dopo il deposito della domanda di concordato preventivo in bianco e fino al decreto di ammissione alla procedura, l’imprenditore dovrà sempre ottenere l’autorizzazione dal Tribunale per compiere gli atti di straordinaria amministrazione, non anche per quelli di ordinaria amministrazione.

La nomina anticipata del Commissario Giudiziale – originariamente prevista solamente dopo il decreto di ammissione alla procedura e introdotta con l’ultima riforma fallimentare al fine di consentire un controllo sull’attività imprenditoriale – ha ridotto drasticamente il numero di Ricorsi depositati da parte di quelle aziende che, abusando dell’istituto e avvalendosi del vantaggio concesso di sospendere le azioni esecutive, avevano come unica finalità quella di cercare di posticipare la dichiarazione di fallimento e quindi impedire ai creditori di soddisfare le loro pretese sui beni residui.

Il Commissario Giudiziale, infatti, ha a disposizione i libri sociali, deve vigilare sull’attività informativa periodica cui è tenuto il debitore, deve riferire al Tribunale su eventuali discrepanze tra quanto il debitore riferisce e la situazione effettiva, con particolare attenzione all’attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano e deve riferire al Giudice nel caso in cui l’imprenditore abbia:

  • occultato o dissimulato parte dell’attivo
  • dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti
  • esposto passività inesistenti o commesso atti di frode.

Entro il termine assegnato dal Tribunale l’impresa dovrà alternativamente depositare la proposta di ristrutturazione dei debiti, ovvero di concordato preventivo, in caso contrario il debitore perderà il vantaggio della sospensione delle azioni esecutive e potrà essere dichiarato fallito per effetto delle eventuali domande già depositate, ovvero di quelle che potranno a questo punto essere formulate dagli altri creditori.

La procedura di ristrutturazione dei debiti prevede la possibilità per l’impresa in crisi di depositare un piano con il quale si preciseranno gli accordi raggiunti con i creditori che rappresentino almeno il 60% dei debiti aventi a oggetto dilazioni di pagamento, rinunce totali o parziali del crediti, modalità alternative alla soddisfazioni dei crediti (tra cui conversione del debito in capitale, cessione di beni ecc).

Qualora il debitore che abbia depositato la domanda di concordato in bianco decidesse di avvalersi della facoltà di depositare un piano di ristrutturazione dei debiti, poi omologato dal Tribunale, dovrà esser consapevole del fatto che tali accordi avranno efficacia esclusivamente nei confronti di coloro con i quali sono stati raggiunti, mentre la parte residua dei creditori dovrà essere soddisfatta nella sua interezza.

Efficacia diversa invece avrà il piano che prevede il concordato preventivo, in quanto questo – se approvato dai creditori e quindi omologato dal Tribunale – avrà efficacia anche nei confronti dei creditori dissenzienti.

Il piano previsto dalla domanda di concordato preventivo potrà prevedere la distinzione tra diverse classi di creditori (per esempio Erario, dipendenti, fornitori, banche) che verranno soddisfatti con modalità e percentuali differenti a seconda di quella che sarà la disponibilità economica dell’impresa.

Al concordato preventivo in bianco hanno fatto ricorso trasversalmente aziende appartenenti a tutte le categorie imprenditoriali, in quanto fornisce la possibilità – in una situazione di crisi – di formulare, in tempi rapidi, un piano che possa risanare i debiti aziendali e far riprendere il regolare svolgimento dell’attività, mantenendo il patrimonio aziendale anche nell’ottica della conservazione dei posti di lavoro.