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Valtenna sposa il mondo Prinect di Heidelberg, installa Suprasetter con workflow Prinect

Da sx: Enrico Vitali (Service Technician Prinect Hit) Luca Torquati – R&D, Loris Moretti – Titolare di Valtenna

Valtenna, con sede a Fermo, è un’impresa tutta italiana, fondata nel 1963 dai fratelli Moretti. Oggi è guidata dalla seconda generazione e guarda al futuro con dinamismo, maturità, responsabilità ambientale e integrazione di servizi.

Una serie di ingredienti indispensabili per continuare a competere sui mercati internazionali con un modello di impresa moderna e pronta ad accettare quotidianamente nuove sfide nel mondo del packaging. Il massimo grado di personalizzazione e nobilitazione rappresenta il valore aggiunto delle due principali business unit: scatole rigide in cartone teso e pieghevoli in cartone ondulato.

La gamma dei prodotti è arricchita da servizi specializzati di progettazione packaging, prestampa, logistica integrata, digitalizzazione della supply chain.

Tutto ciò è supportato da un’attenta ricerca sul tema della sostenibilità del packaging ottenuto principalmente dalla lavorazione di carta, cartoncino teso e cartone ondulato.

Valtenna con oltre cinquant’anni di esperienza nel packaging diversifica la produzione con competenza specifica.

Questo è alla base della scelta di investire con Heidelberg Italia nel nuovo CtP Suprasetter 106A e con il workflow Heidelberg Prinect garantendo al reparto di prestampa la massima affidabilità.

Il nuovo flusso di lavoro Heidelberg Prinect consente inoltre la perfetta integrazione della prestampa alla macchina da stampa con la trasmissione via jJf delle informazioni predefinite delle caratteristiche specifiche di ogni lavorazione alla nuova macchina da stampa Heidelberg XL106-6 con gruppo di verniciatura. (p.e. inchiostrazione, supporto di stampa, numero di copie e riferimenti di qualità colore, preregolazione soffierie ecc.).

Tutti elementi che concorrono all’ottimizzazione della performance, con parametri certi e “check point” ridotti al minimo.

In aggiunta a ciò, Prinect Central Color Database registra e condivide in valori LAB ogni colore che verrà utilizzato in macchina da stampa per la corretta riproduzione su prova colore certificata e per le ristampe future.

Prinect Analyze Point raccoglie tutti i dati di produzione sia quantitativa che qualitativa (tramite lettura spettrofotometrica) per certificare la qualità di produzione della Heidelberg XL106.

Prinect workflow, CtP Suprasetter e XL 106 rappresentano oggi una soluzione vincente per il mondo del packaging fornendo, attraverso una gestione intuitiva, velocità e qualità garantita Heidelberg.

Milleproroghe: Federazione Carta e Grafica, importante la proroga sui beni strumentali 4.0

“Il settore della carta e del cartone saluta con favore l’approvazione definitiva nel Milleproroghe della norma che posticipa al 30 novembre prossimo il termine massimo della consegna alle imprese dei beni strumentali 4.0 per usufruire del relativo credito d’imposta, ferma restando la condizione che entro la data del 31 dicembre 2022 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione”. Lo afferma in una nota il direttore della Federazione Carta e Grafica, Massimo Medugno.

Viene denominato Milleproroghe il decreto legge che reca “disposizioni urgenti in materia di termini legislativi. Proroga di termini per l’esercizio di deleghe legislative”. Nel caso in specie si tratta del dl 29 dicembre 2022, n. 198, cionvertito in Legge 24 febbraio 2023, n. 14, pubblicata, in Gazzetta Ufficiale n. 49 del 27 febbraio 2023.

“Il nostro è tra i settori manifatturieri italiani più rilevanti, con oltre 16mila imprese, 165mila addetti e un fatturato pari a circa l’1,4 per cento del PIL, caratterizzato da una forte propensione allo sviluppo in senso digitale dei processi produttivi – ha precisato Medugno -. Pensiamo in particolare nel nostro ambito al rilevantissimo comparto delle macchine destinate all’industria della carta. La Federazione sin dalla prima normativa su Industria 4.0 ha promosso e realizzato tante iniziative di alto livello per la formazione delle imprese. La proroga odierna rappresenta dunque una ulteriore opportunità per tutte le aziende associate alla Federazione, che ha sostenuto nel dibattito la necessità per il sistema industriale proprio della norma oggi approvata dal Parlamento”.

La Quettabyte era

Le quantità gigantesche di dati che saranno prodotte nell’era dei Big Data hanno un nome che è stato aggiunto al Sistema internazionale di unità di misura. Vediamo che cosa significano.

Alzi la mano chi, leggendo il titolo, già sapeva il significato del prefisso Quetta. Secondo me se va bene sarete in tre, ma per tutti gli altri possiamo tradurlo in termini meno “innovativi” dicendo che “Quetta” sta per quintilione. … e un quintilione sta per mille quadriliardi, oppure un milione di quadrilioni, o anche un miliardo di triliardi, che poi un triliardo sono mille miliardi di miliardi. Ahn… Ok, è il momento di fare qualche passo indietro, circa un miliardo di passi indietro per l’esattezza.

La Quettabyte Era non esiste, non ancora per lo meno, esiste però la ZettaByte Era, iniziata intorno a metà degli anni 2010, periodo in cui per la prima volta si superò il traffico IP di 1 ZettaByte (ufficialmente nel 2016).

Quasi sicuramente anche il prefisso “Zetta” non vi dirà un granché ma i ritmi dell’evoluzione digitale negli ultimi 20 anni stanno generando grandezze un tempo pressoché inimmaginabili, e nello specifico il prefisso Zetta indica una grandezza un miliardo di volte più piccola del Quetta.

In molti ricorderanno la famigerata frase di Bill Gates (una bufala che gira dal 1981) quando “disse” che 640 KiloByte di RAM sarebbero stati sufficienti per tutti: dove siamo arrivati oggi?

In 40 anni gli ordini di grandezza sono cresciuti di 6 volte, quindi di 6 zeri, e anche se l’utente medio ora difficilmente ha 64 GigaByte installati sul suo computer, il supercomputer italiano Leonardo ne può avere fino a 3 Petabyte, e nel panorama mondiale probabilmente non è nemmeno quello con la capacità maggiore.

A questo punto abbiamo usato anche “Peta” e più di qualcuno avrà pensato che cosa diavolo sia questo ennesimo prefisso in poche righe, quindi è arrivato il momento di mettere un po’ di ordine, partendo dai termini ormai d’uso corrente (come Giga, che trent’anni fa rappresentava informaticamente quello che Peta rappresenta oggi).

I Big Data attuali

Da utenti inconsapevoli è difficile rendersi conto della quantità di dati digitali che vengono quotidianamente movimentati, anche le previsioni di una decina di anni fa sono risultate sottodimensionate, e nel 2022 abbiamo avuto un traffico mobile (mobile!) medio di 100 ExaBytes al mese (quindi 1,2 ZettaByte su base annua).

Da dove arriva tutto questo traffico?

Sono in grandissima parte dati multimediali: immagini, musica e soprattutto video, sempre più grandi sia in termini di risoluzione che di colori rappresentati, e c’è da aspettarsi che continuerà ad aumentare nonostante (o “grazie a”) i nuovi, efficienti algoritmi di compressione.

Come ci siamo arrivati?

L’evoluzione delle fotocamere digitali ha aperto le danze: nel periodo che va dal loro lancio commerciale intorno agli anni ’90 fino ad oggi le immagini hanno molti più pixel, maggiore qualità, più profondità colore, colori più accurati e sistemi di salvataggio più ottimizzati (ad esempio come i formati HEIC ed HEIF), con pesi sempre proporzionalmente minori.

L’evoluzione delle connessioni, la loro velocità e la sempre più ampia copertura geografica ha fatto il resto, favorendo la diffusione di telefonini cosiddetti smart che ormai del telefono tradizionale hanno molto poco (diciamo che telefonano anche).

Alcuni dati?

⁃ Nel 2021 la velocità internet più alta è stata di 178 Terabit al secondo, considerando i bit specifici che vanno persi nella comunicazione dei pacchetti significa comunque un movimento intorno ai 20 TeraByte al secondo. Non certo per noi comuni mortali, ma svariate decine di Mb/s sono ormai disponibili per tutti un po’ ovunque.

⁃ I dati che attualmente vengono prodotti ogni giorno, quindi non solo il traffico su rete, sono stimati in 2,5 QuettaByte, e se fossero immagazzinati sotto forma di DVD potrebbero coprire fisicamente 225 milioni di km, cioè una volta e mezza la distanza media Terra-Sole.

⁃ Nel 2012 i dati prodotti giornalmente erano pari ad 1 ExaByte ma già l’anno successivo erano aumentati di oltre 12 volte (4,4 ZettaByte).

⁃ Le previsioni fatte nel 2012 puntavano a 40 ZB nel 2020: sono stati raggiunti i 64,2 ZB.

⁃ Fino al 2007 lo ZettaByte non era praticamente utilizzato, troppo “esoterica” come quantità.

E nel Desktop Publishing?

La reale portata di dati come quelli delle righe sopra è difficilmente comprensibile o anche solo immaginabile, d’altronde la mente umana generalmente tende a semplificare e, se può, conta così: uno, due, molti. Fine del conteggio.

D’altra parte però la progettazione dei software, delle infrastrutture per gli asset management e dei dispositivi/sistemi di archiviazione, locali o remoti (cloud) che siano, deve guardare molto attentamente a questi dati e al loro andamento, così da sostenere e, se possibile, prevenirne il sovraccarico.

Ecco che allora troviamo altri dati “sfiziosi”, come i seguenti:

⁃ Tutto il materiale stampabile al mondo è di “soli” 5 ExaByte.

⁃ Photoshop a 64 bit può gestire fino a 64 ExaBytes di memoria virtuale complessiva, distribuiti su 4 dischi/volumi logici (la classica memoria tampone).

⁃ Nel 2011 IBM ha sviluppato quella che, allora, era la più grande unità di archiviazione composita del mondo, pari a 120 PetaBytes di dati, con 200 mila dischi da 1 TB, non mi risulta ce ne sia una più grande (comunque potrebbe essere) e per arrivare al limite di Photoshop dovrebbero metterne insieme 533.

⁃ La capacità complessiva di tutti i server di Google al 2022 era di 1 milione di PetaByte, quindi 1 ZettaByte (eccolo!).

⁃ L’immagine digitale più dettagliata del mondo, seppur non la più grande in termini di pixel puri, è l’Operation Night Watch del Rijksmuseum olandese, da 717 Gigapixel con un dot pitch di 5 micrometri, cioè 0,005 millimetri. Quando lavoriamo con un’immagine per la stampa a 300 PPI il dettaglio più piccolo rappresentabile (legato necessariamente alla dimensione fisica che ha il pixel a questa risoluzione) è di 0,084 mm, quindi sarebbe come poter riprodurre a dimensioni reali una risoluzione di 16,9 volte maggiore, cioè 5070 PPI. Il che, per diversi motivi in parte trattati sullo speciale Risoluzione dell’anno scorso, non è fisicamente possibile e non ha percettivamente senso.

⁃ L’immagine digitale più grande del mondo dovrebbe essere ancora quella di Kuala Lumpur da 846 Gigapixel del 2014, ma se usciamo dal concetto di singola immagine e prendiamo in considerazione anche una dimensione temporale allora il timelapse planetario di Google Earth presenta 51,6 Terapixel distribuiti su un arco temporale di 29 anni.

⁃ Se consideriamo tale patrimonio di immagini in metodo RGB con profondità colore di 8 bit per canale allora avremo un peso totale non compresso di 154,8 TeraByte, che rispetto ai dati snocciolati nelle righe sopra sembrano pure pochi.

⁃ Nel 2010 è stato stimato che l’archiviazione di uno YottaByte su dischi da un TeraByte richiederebbe un milione di centri grandi come gli stati di Delaware e Rhode Island messi insieme. Alla fine del 2016 la densità di memoria era già aumentata al punto tale che uno YottaByte potrebbe essere immagazzinato in una scheda SD che occupa circa il doppio di un dirigibile Hindenburg. Ok, non sarà una SD da infilare in una fotocamera (oppure mettiamoci d’accordo sulle dimensioni che avrebbe questa fotocamera), ma rispetto alla prima modalità di archiviazione è decisamente piccola.

A proposito di piccolo…

Con la recente introduzione dei prefissi Ronna e Quetta. rispettivamente per 1027 e 1030 sono stati aggiunti anche i reciproci dall’altro lato della scala, (Ronto 10-27) e Quecto (10-30).

Per chi opera con il digitale o la grafica hanno qualche utilità? Si, ce l’hanno, anche se le occasioni sono in effetti molte meno.

⁃ Dal punto di vista della progettazione grafica pura e semplice solitamente bastano i millimetri, magari per filetti molto sottili possiamo usare ad esempio 0,25 mm, ma scomodare i micrometri per dire la stessa cosa (250 µm) non è particolarmente efficace.

⁃ Ha invece senso nello spessore delle plastifiche (tipo nei biglietti da visita) e dei wrapping nel packaging.

⁃ Il nanometro lo troviamo processi produttivi delle CPU, e indica la dimensione dei transistor, negli ultimi hanno raggiunto i 5 nm (come per gli Apple M1 ad esempio) ma sono pronte le tecnologie per scendere fino a 2 e a 1,8 (Intel), definiti anche 20A o 18A dall’uso dell’unità Angström (che non è uno standard di misurazione internazionale ufficiale, ma si usa e corrisponde a 1×10-10 m).

⁃ Il pico lo possiamo abbinare questa volta ai litri: il picolitro infatti va bene per la misura delle gocce di inchiostro nei sistemi inkjet, che possono scendere finanche a 1 pl.

⁃ Arrivati a questo punto non mi viene in mente molto altro, magari il laser a femtosecondi che nei processo di tagli industriali consentono elaborazioni di dimensioni molto piccole, nell’ordine degli 0,3 µm, però con la grafica digitale abbiamo poco a che vedere.

E tra 25 anni?

Nel film del 1997 il cervello di Johnny Mnemonic poteva contenere fino a 320 GB (dagli 80 iniziali), per quel tempo era una quantità di dati semplicemente enorme, mentre oggi è in linea con la capienza tutto sommato media di un telefono cellulare di fascia media.

Difficile immaginare che nei prossimi 25 anni ci potrà essere necessità di ulteriori prefissi, sia in un senso sia nell’altro, ma il progresso andrà sicuramente avanti, e quello che oggi sembra poco probabile un domani può diventare persino superato.

Come creare packaging sostenibili

Il packaging in carta è sempre più importante per il trasporto e la corretta conservazione degli alimenti, ma anche come mezzo per comunicare i valori e l’impegno in termini di sostenibilità delle aziende. Elemento essenziale è il suo design o, meglio, l’ecodesing. Su tutto incombe però il pericolo degli effetti del nuovo Regolamento europeo sugli imballaggi. Se n’è discusso a Verona, in occasione della presentazione del nuovo metodo Aticelca 502.

Durante la presentazione ufficiale del nuovo metodo Aticelca 502 sulla separabilità degli imballaggi, che si è tenuta lo scorso 16 febbraio presso l’Istituto Tecnico di San Zeno a Verona, è stato dato spazio anche all’esperienza di un’azienda del settore alimentare: Bauli, gruppo veronese tra i più conosciuti e importanti protagonisti del comparto dolciario, dove è presente dal 1922.

Un dolce esempio

Il packaging è, nel comparto del food, un tema particolarmente importante: mezzo per il trasporto di ciò che si produce, ma soprattutto strumento di tutela e conservazione dello stesso. Stretti tra normative stingenti – soprattutto per il contatto con alimenti – ed esigenze sempre più elevate dei consumatori, le aziende del settore alimentare prestano una grande attenzione alla scelta dell’imballaggio. Una consapevolezza che Bauli ha sviluppato da tempo, come racconta Luca Dal Dosso, R&D packaging development dell’azienda. «Per il nostro gruppo l’impegno per la sostenibilità è cruciale, con l’obiettivo di preservare l’ambiente e garantire il futuro del pianeta». Un impegno che negli anni si è concretizzato in diverse azioni, tra le quali l’innovazione del packaging detiene un posto di primo piano. Lo scopo è sia favorire l’utilizzo di materiale ecocompatibile – la carta in primis, che costituisce l’87% del materiale di imballaggio utilizzato – sia adottare strategie per ridurre il consumo di materiali, confezioni e imballaggi. Per i nuovi prodotti dolciari sono stati scelti imballaggi in carta, ma si è proceduto anche all’adeguamento dei packaging che ancora erano non riciclabili e la scelta, anche in questo caso, è stata la carta. Un esempio è la decisione di sostituire le maniglie in tessuto delle confezioni di colombe con maniglie in carta o ancora l’ammodernamento delle confezioni dei biscotti Krumiri. In questo caso sono state condotte ricerche per soluzioni alternative, per creare un incarto che avesse lo stesso impatto estetico delle precedenti confezioni, ma la cui destinazione a fine vita fosse la raccolta carta. Si è proceduto inoltre a una serie di attività per testare la tenuta dei nuovi imballi sia a lavorazione e trasporto – le confezioni sono state sottoposte a test di macchinabilità – sia alla permanenza sugli scaffali – attraverso le analisi di shelf life ovvero la durata di conservazione del cibo.

I prossimi impegni

Prosegue intanto la ricerca e sviluppo del gruppo e Dal Dosso ricorda alcune attività in corso: gli studi di LCA (life cycle assessment) per due prodotti Bauli e la Certificazione EPD (environmental product declaration) ovvero la dichiarazione ambientale di prodotto su base volontaria che certifica e mette in evidenza le prestazioni ambientali di prodotto, processo e servizio.

L’impegno in termini di sostenibilità di Bauli si esplica infine anche nella riduzione dei consumi. «Abbiamo lavorato sull’efficientamento energetico e sul risparmio dell’acqua: l’energia e l’impiego di acqua negli stabilimenti sono, a questo scopo, attentamente monitorati»; nel 2019, spiega Dal Dosso, il gruppo ha risparmiato 80mila metri cubi di acqua.

Vi sono poi altre attività che rispondono a questa strategia, tra cui «promuove la corretta gestione dei rifiuti, anche grazie a politiche di riciclo e di smaltimento efficiente; e perseguire una logistica sostenibile, attraverso un efficientamento del trasporto delle merci, l’uso di carburanti a basso impatto ambientale e soluzioni intermodali».

Il valore di un design “eco”

Sull’ecodesign è intervenuto durante l’evento Lorenzo Bono, responsabile area ricerca e sviluppo di Comieco, spiegando come il tema riguardi l’intero processo di ideazione e progettazione degli imballaggi, con lo scopo di ridurre al minimo l’impatto ambientale durante il loro ciclo di vita. L’ecodesign quindi riguarda l’intero processo di realizzazione, dallo studio del packaging, alla produzione, per poi passare alla vendita sul mercato sino al suo fine vita; tanto che il concetto di ecodesign è spesso esteso a quello di “life cycle design” (LCD).

Il design degli imballaggi influenza, inoltre, diversi elementi del ciclo produttivo. «Si stima» dichiara Bono «che le fasi di progettazione possano incidere fino all’80% sugli sprechi di energia, materiali ecc. connessi al packaging, per cui è proprio in questa fase che le aziende possono intervenire efficacemente». Stando a quanto emerge dall’elaborazione dei dati del Bando Conai per l’ecodesign degli imballaggi nell’economia circolare si evidenzia, per esempio, come vi sia «una riduzione dell’uso di materia prima che coinvolge oltre il 50% degli imballaggi premiati» e che «raramente la riduzione dell’uso di fibra è un intervento isolato, ma è accompagnato da altri interventi che evidenziano come l’approccio alla sostenibilità del packaging sia maturato all’interno delle aziende e sia affrontato a 360 gradi». Nell’ultima edizione del bando, datata 2022, il Consorzio nazionale imballaggi ha premiato 250 casi su 390 candidati, dei quali 68 riguardavano materiali cellulosici.

Creare un packaging che sia rispondente a tutte queste caratteristiche però non è di per sé sufficiente a definirne la sostenibilità. «L’imballaggio» prosegue Bono «è sostenibile quando il consumatore è messo in grado di effettuare una corretta raccolta differenziata senza difficoltà e incertezze» e questo può avvenire proprio «grazie a una progettazione attenta al fine vita del packaging che, però, deve essere adeguatamente comunicata».

Realizzare un buon packaging significa, quindi, rispettare un insieme di fattori di carattere funzionale, ma anche rispondere a istanze che sono connesse alla sostenibilità tanto ambientale quanto economica. In questa prospettiva la progettazione del packaging in carta e cartone troverà a suo supporto proprio le indicazioni e i metodi inerenti agli aspetti di riciclabilità e di separabilità, che Aticelca ha sviluppato rispettivamente con i metodi 501 e 502.

Impatto Europa

Altro elemento incidente sul settore della carta è di tipo normativo. Mentre la filiera ha raggiunto da tempo gli obiettivi dell’85% di riciclo negli imballaggi che l’Europa aveva posto al 2030, il nuovo “Regolamento su imballaggi e rifiuti da imballaggio” rischia di rendere vani i risultati ambientali sinora raggiunti. «Se la propensione del consumatore alla carta e gli investimenti delle aziende vanno nella direzione giusta, al contrario gli indirizzi della direttiva imballaggi UE vanno verso il riutilizzo senza fare distinzioni fra i materiali» commenta in merito Italo Vailati, vice direttore generale di Assografici.

La filiera negli anni ha investito fortemente sia, a livello industriale, negli impianti di riciclo sia nella strutturazione di un sistema di raccolta differenziata che si è dimostrato funzionale e vincente. Ora il nuovo regolamento rischia di rendere vano quanto fatto sino ad oggi, puntando al riuso dei materiali a scapito del loro riciclo – con obiettivi di riduzione di rifiuti di imballaggio del 5% nel 2030 e del 15% nel 2040 (su 2018), il divieto immediato di alcuni imballi monouso utilizzati nel settore Horeca e obiettivi di riutilizzo e ricarica in settori come beverage ed e-commerce.

La rinnovabilità dei materiali cellulosici, in sostanza, non è stata sufficientemente presa in considerazione. Una situazione che preoccupa le aziende della filiera e Federazione Carta e Grafica sta lavorando per ottenere la revisione dei target di riuso ed esenzioni su imballaggi a prevalenza carta. «Il percorso di discussione e approvazione del regolamento è ancora lungo e complesso» dice in ultimo Vailati. «C’è però la volontà di approvare la legge prima delle prossime elezioni del parlamento europeo che si terranno nel 2024. Preoccupa l’alto numero di atti delegati che dovranno stabilire le regole per essere conformi ai requisiti del regolamento. Inoltre tali atti dovrebbero essere pubblicati nei prossimi anni – forse nel 2028 – con i primi requisiti di legge che entreranno in vigore dal 2030», ci si chiede quindi come dovranno operare nel frattempo le aziende per progettare, sviluppare e produrre imballaggi conformi al nuovo regolamento.

I principi dell’ecodesign del packaging

Sono sette i principi sui quali si deve basare l’ecodesign applicato alla realizzazione di packaging:

1 – la riciclabilità

2 – il risparmio di materia prima

3 – l’uso di materiali rinnovabili

4 – la compostabilità nel caso di food packaging

5 – la semplificazione del sistema di imballo

6 – la facilitazione della separazione dei materiali di imballaggio

7 – il riutilizzo

Un webinar da non perdere. HP Latex: le opportunità per una stampa sostenibile nell’arredamento d’interni

HP è lieta di annunciare un webinar dedicato all’arredamento e alla sostenibilità, con l’obiettivo di mostrare come la tecnologia di stampa HP Latex possa aiutare i partecipanti ad accedere a opportunità in una serie di mercati interessanti.

Il 22 marzo, alle ore 11:00, “Interni sostenibili con HP Latex” dimostrerà come HP Latex possa spingere il mercato della stampa di decorazioni per interni verso un futuro rispettoso del pianeta.

I partecipanti potranno conoscere meglio la tecnologia HP Latex e ottenere preziose informazioni sui vantaggi sostenibili derivanti dall’utilizzo di queste macchine.

Considerate le tecnologie di stampa più rispettose dell’ambiente disponibili sul mercato moderno, le stampanti HP Latex utilizzano inchiostri a base d’acqua, molto più rispettosi del pianeta rispetto ad altri tipi di inchiostro.

Il webinar presenterà alcune delle macchine leader di mercato disponibili nella gamma HP Latex, tra cui HP Latex 2700W, HP Latex 700/800W e R1000/R2000 Plus, e illustrerà alcune delle numerose applicazioni flessibili e rigide che possono essere create con le stampanti HP Latex.

Due clienti HP già esistenti racconteranno le loro esperienze di successo con la tecnologia di stampa HP Latex e come questa li abbia aiutati ad espandere le loro attività in mercati nuovi e redditizi.

Inoltre, i partecipanti avranno l’opportunità di parlare direttamente con esperti HP sulla stampa HP Latex e sui suoi vantaggi durante una sessione di domande e risposte alla fine del webinar.

“HP Latex è ampiamente considerata la tecnologia di stampa a base d’acqua leader sul mercato e questo webinar illustrerà ai partecipanti come utilizzare queste stampanti per accedere a tutti i tipi di lavori nel mercato dell’arredamento creativo”, afferma Noelle Peutat, Worldwide Large Format Strategic Sustainability Lead di HP.

Prenotate il vostro posto per saperne di più su HP Latex, su alcune delle macchine di alta qualità di questa gamma e per ascoltare esempi reali di come questa tecnologia ha aiutato le aziende di tutto il mondo a espandersi e a crescere!

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Roto4All scalda i motori

Roto4All torna per la sua terza edizione. L’evento, dal titolo “Pensa, crea, stampa roto: una tecnologia, molti mercati. Le voci dalle filiere e gli sviluppi tecnologici” si terrà  il 9 marzo allo Sheraton Milano San Siro.

Roto4All, di cui Italia Grafica è media partner, è ancora una volta occasione di confronto e dialogo su questa tecnologia di stampa con il coinvolgimento di tutta la community della stampa rotocalco e un’agenda ricca di contributi. 
Ecco il programma:

10:00 Introduzione e benvenuto Enrico Barboglio direttore Acimga

10:05 Le news dal Gruppo Rotocalco by Acimga Gianmatteo Maggioni coordinatore Gruppo Italiano Rotocalco

10:20 Tecnologia rotocalco: i miti da sfatare Carlo Carnelli Color Consulting, con il supporto di Brofind e Bobst

11:00 Sustainability and rotogravure Prof. Lutz Engisch, Università  di Lipsia

11:30 Rotocalco e tanti mercati, le voci dalle filiere Decor In Printing Di Mauro Group, Gerosa Group, Gruppo Miroglio, Laminati Cavanna, SIT Group

12:30 Tavola rotonda con i fornitori Bobst, Rossini, Uteco

13:00 Pausa light lunch

14:30 Materiali e stampa roto: un futuro sostenibile Felice Ursino, Sacchital Group, Osvaldo Bosetti Goglio Group

15:15 Update HolyGrail 2.0, Watermark technology Jan Hart project manager AIM

15:45 Oltre il cromo:gli ultimi aggiornamenti Kaspar Walter

16:15 Sostenibilità dei processi: il tavolo Acimga-Giflex

17:00 Fine lavori

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Da Fujifilm la stampante flatbed Acuity Prime L

Fujifilm ha confermato che la stampante flatbed Acuity Prime L è disponibile in commercio. La stampante, presentata in anteprima a Fespa 2022, è la versione più grande dei pluripremiati modelli Acuity Prime 20 e 30.

Con un’area di stampa massima di 3200×2000 mm e una velocità di stampa di 202 m2/ora, la Acuity Prime L è facile da usare e produce stampe di alta qualità a una velocità elevata. Dispone di sei zone di aspirazione e 16 perni di posizionamento supporti, oltre che della capacità di produrre lavori affiancati grazie alla funzione di stampa su due zone, per assicurare la massima flessibilità.

Il sistema di inchiostri Uvijet HM, formulato appositamente per la gamma Acuity Prime, garantisce un’adesione eccellente su una vasta gamma di substrati e la produzione di un’ampia gamma di colori. La nuova gamma di inchiostri è ottimizzata per produrre immagini vivide di alta qualità, giorno dopo giorno.

Un nuovo primer per getto migliora ulteriormente l’adesione su substrati complessi. Ciò elimina la necessità di pre-trattare fuori linea i substrati prima della stampa, facendo risparmiare tempo e denaro.

Disponibile con un massimo di sette canali di inchiostro (CMYK più bianco, trasparente e primer), la Acuity Prime L insieme agli inchiostri Uvijet HM offre il massimo in termini di versatilità e valore, consentendo alle aziende di stampa la flessibilità di personalizzarla in base alle esigenze specifiche.

Anda Baboi, marketing manager, Fujifilm Wide Format Inkjet Systems, commenta: “Dopo il successo delle stampanti Acuity Prime 20 e 30, siamo lieti di annunciare la disponibilità in commercio della Acuity Prime L. Di dimensioni maggiori, consente alle aziende di aumentare la produttività senza compromettere la velocità o la qualità”.

igus riconferma la partecipazione a Mecspe

ReBel, il braccio robotico più leggero nella sua categoria, con funzione cobot che verrà presentato da igus a Mecspe 2023

igus, lo specialista delle motion plastics, sarà tra i protagonisti del Salone dedicato all’automazione e alla robotica a Mecspe, la fiera internazionale di riferimento per l’industria manifatturiera (BolognaFiere, 29/31 marzo 2023). Nell’area espositiva verranno presentati alcuni dei prodotti di punta del vasto catalogo in costante ampliamento. Soluzioni ingegnerizzate da igus per facilitare la vita del progettista 4.0 come i prodotti per la stampa 3D e le “smart plastics”, capaci di ridurre i costi di produzione e aumentare la qualità e il ciclo di vita degli impianti.

“La fiera rappresenta sicuramente un momento privilegiato di incontro e confronto con gli stakeholders del mercato”, afferma Marcello Mandelli, country manager di igus Italia. “Negli ultimi anni abbiamo dovuto implementare canali alternativi per raggiungere clienti e prospect, molti dei quali si sono rivelati sorprendentemente efficaci, anche se la fiera conserva quel fascino di poter ‘abbracciare’ il mercato in cui operiamo”.

In occasione di Mecspe, riflettori puntati sulla novità igus presentata in anteprima alla kermesse bolognese: si tratta di ReBel, il braccio robotico più leggero nella sua categoria, con funzione cobot. Adatto per carichi fino a 2 kg, lavora con un raggio di azione di 664mm. Predisposto per applicazioni collaborative uomo-robot con 7 prese al minuto e una ripetibilità di +/- 1mm, ReBel è l’ideale per automatizzare alcune semplici mansioni di pick&place assicurando un risparmio in termini di spazio e costi.

ReBel è una delle numerose proposte disponibili nel marketplace RBTX, la piattaforma messa a punto da igus che riunisce fornitori e utenti di robotica proponendo soluzioni efficienti e a costi competitivi con l’obiettivo di semplificare l’accessibilità all’automazione.

Allo stand igus spazio anche alle ultime novità presentate al mercato italiano nel 2023, tra cui il nuovo modulo lineare drylin Endless Gear (EGW) che assicura massima libertà di progettazione. Facile da installare ed estendibile quasi all’infinito, EGW è prodotto utilizzando un polimero ad alte prestazioni che non richiede alcuna lubrificazione esterna. In mostra anche la catena portacavi della serie e-skin flat, che permette di guidare i cavi nei sistemi di produzione in movimento nelle camere bianche, garantendo un funzionamento affidabile senza rilascio di particelle in conformità alla classe ISO 1 del DIN 14644-1. E ancora, xirodur B180 ECO, il cuscinetto a sfere realizzato da igus con plastica riciclata, e i nuovi cavi chainflex CF98.PLUS e CF99.PLUS, gli unici sul mercato in grado di sopportare fino a 100 milioni di doppie corse.

Come progettare un imballaggio per l’e commerce

DS Smith spiega come rendere un imballaggio perfetto per l’e-commerce, un settore che ha già raggiunto a livello globale un valore di 2.550 miliardi di euro, pari a circa il 15% del retail globale, con prospettive di ulteriore crescita per il prossimo futuro.

L’imballaggio nell’e commerce pone infatti il retailer di fronte a una questione reputazionale, diventando un elemento centrale della value proposition e della relazione con il cliente: ricerche commissionate da DS Smith spiegano infatti come più di un quarto (26%) dei clienti non tornerebbe ad acquistare da un retailer che invia prodotti non correttamente confezionati, con una quota crescente dei consumatori che pone particolare attenzione anche al tema del danneggiamento dei pacchi durante la spedizione e a un confezionamento che rispetti le dimensioni del prodotto.

Diventano quindi elementi di primaria importanza la capacità di creare una customer experience positiva, attraverso un’esperienza di unboxing piacevole, la personalizzazione, la stampa digitale o la stampa interna con un buon rapporto qualità-prezzo, o con politiche di reso semplici, accessibili e sostenibili. Un ulteriore elemento in questo senso è rappresentato dalla sostenibilità e dalla circolarità degli imballaggi, ponendo l’accento sulla sua riutilizzabilità nel supply cycle, identificando i materiali corretti secondo i principi dell’economia circolare, eliminando l’uso della plastica e lavorando per ottenere le certificazioni di sostenibilità.

“Progettare un imballaggio adeguato per l’e commerce richiede metodologie e competenze specifiche, in quanto il mercato presenta caratteristiche peculiari non comparabili a quelli del retail tradizionale” ha commentato Francesco Barsanti, direttore marketing e innovazione di DS Smith Italia. “Per questo, invitiamo i nostri clienti a collaborare nella progettazione di imballaggi appositamente pensati allo scopo, creandoli in maniera congiunta per ottenere una migliore customer experience e migliori performance, che si traducono in una migliore reputazione da parte del retailer presso l’utenza finale”.

Inoltre, un imballaggio pensato per il mondo del retail on-line deve essere efficiente e saper rispondere alle esigenze della supply chain: per questo, DS Smith ha elaborato le “cinque F” della performance in merito: facilità di reperimento, facilità d’uso, facilità d’imballo, facilità di spedizione e facilità di riciclo/riuso.

Un buon imballaggio per l’e commerce deve anche essere resistente e proteggere in maniera adeguata il prodotto che andrà a contenere durante la fase di spedizione, proteggendolo da urti e cadute accidentali, con l’obiettivo di assicurarsi che il packaging resista al danneggiamento lungo l’intera catena di distribuzione.

Florian Pitzinger, nuovo responsabile della comunicazione Heidelberg

Florian Pitzinger assume l’incarico di responsabile della comunicazione aziendale globale di Heidelberg dal 1° marzo 2023. La sua area di responsabilità comprende tutti i canali di comunicazione e la gestione del marchio. Pitzinger ha lavorato  presso il produttore di pneumatici Michelin e prima ancora presso l’azienda tecnologica Bosch.
“Sono molto lieto di dare il benvenuto a Florian Pitzinger nel team di Heidelberg. Insieme, guideremo una comunicazione integrata che renderà la nostra strategia ancora più visibile a livello internazionale e continuerà a sostenere la trasformazione culturale interna all’azienda”, afferma il Luwin Monz, CEO Heidelberg.
“Heidelberg è un’azienda affascinante, sinonimo di alta qualità e innovazione. Ciò che trovo particolarmente notevole è la resilienza e l’adattabilità che i dipendenti dell’azienda hanno dimostrato negli ultimi anni. Essere all’altezza di questi valori dell’azienda nel mio nuovo ruolo e poter contribuire al futuro mi entusiasma molto”, afferma Florian Pitzinger.