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Etichettatura imballaggi, linee guida e attuazione direttiva

Dopo rinvii e lavori di rifinitura, dall’inizio dell’anno è diventata obbligatoria l’etichettatura degli imballaggi. Per aiutare le aziende chiamate a rispondere a tale obbligo, sono state pubblicate le “Linee guida sull’etichettatura degli imballaggi”. Uno strumento importante per fare chiarezza su cosa e come fare. FCG e Comieco vi hanno dedicato un webinar a fine dicembre.

Entrato in vigore il 1° gennaio 2023, l’obbligo all’etichettatura degli imballaggi interessa le aziende che fanno capo a Federazione Carta e Grafica (FCG). Etichettare un imballaggio ha una valenza fondamentale nella raccolta e nel riciclo dei materiali. Dare la corretta indicazione di quale materiale lo componga e di come debba essere smaltito una volta terminato il proprio compito è un tassello importante per rendere sempre più efficiente il sistema di recupero delle materie. Ma quali sono gli obblighi a cui devono rispondere le aziende produttrici e utilizzatrici di questi imballaggi? Se n’è parlato durante il webinar organizzato da FCG, in collaborazione con Comieco, lo scorso 19 dicembre e dedicato alle “Linee guida sull’etichettatura degli imballaggi”. Un incontro per fare il punto della situazione in un momento storico delicato per gli imballaggi che, ha ricordato nell’introdurre il webinar Massimo Medugno, direttore generale della Federazione, sono sotto i riflettori anche per il nuovo regolamento europeo su riciclo e riuso.

L’iter normativo

L’etichettatura degli imballaggi è un tema in discussione da molto tempo e ha vissuto, anche a livello normativo, diversi passaggi.

La necessità dell’etichettatura, spiega Italo Vailati, vice direttore di Assografici, era nata quasi trent’anni fa, con la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggi che, all’articolo 8, dedicato a marcatura e sistema di identificazione, parlava del recupero e del riciclaggio dei materiali, decretando che si dovesse dichiarare di quale materiale fosse composto un imballo e come lo si dovesse smaltire a fine vita. A livello normativo si ritrattò il tema ancora dodici anni dopo, con il decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 in cui si stabiliva che la natura dei materiali di un imballaggio dovesse essere identificata e classificata da parte dell’industria interessata. Si prevedeva, tra l’altro, l’emanazione di un apposito decreto del Ministero dell’ambiente per lo smaltimento e per la marcatura degli imballaggi, per quest’ultima si sarebbe dovuto tenere conto di quanto stabilito in merito della Decisione 97/129/CE della Commissione europea. Questo decreto ministeriale però non vide mai la luce.

Fu invece con il decreto legislativo 116/2020 che si fece un passo importante per i settori industriali che si occupano di imballaggi: all’articolo 3 il d.lgs apporta le modifiche alla precedente dicitura e parla esplicitamente di “produttori”, introducendo l’obbligo da parte loro di marcatura degli imballaggi, sempre sulla base della Decisione 97/129/CE. Se ne esplicitano anche le modalità, indicando come riferimento non più un decreto specifico, bensì semplicemente le norme UNI: “per facilitare la raccolta, il riutilizzo, il recupero ed il riciclaggio degli imballaggi, nonché per dare una corretta informazione ai consumatori sulla destinazione finale degli imballaggi”.

Ultima tappa dell’iter normativo è il decreto n. 360 del 28 settembre 2022, pubblicato il successivo novembre che, in allegato, porta le Linee guida del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (Mase) – evoluzione del precedente Ministero della transizione ecologica (Mite). Da lì la tappa finale con l’entrata in vigore, il 1° gennaio di quest’anno, dell’obbligo all’etichettatura degli imballaggi.

Obbligo: per chi e a cosa

Si è detto che il d.lgs 116/2020 parla di “produttori”, di chi si tratti nei fatti, precisa Vailati, lo spiega l’articolo 218: per “produttori” si intendono “i fornitori di materiali di imballaggio, i fabbricanti, i trasformatori e gli importatori di imballaggi vuoti e di materiali di imballaggio”. Questa precisazione è fondamentale, in quanto indica a chi è in capo l’obbligo dell’etichettatura.

Tale obbligo riguarda gli imballaggi di prodotti venduti in Italia, mentre nel caso in cui siano destinati alla vendita all’estero l’obbligo non sussiste. Diverso il caso di un prodotto realizzato all’estero e destinato al mercato italiano; in questo specifico frangente, specifica Vailati, la responsabilità dell’etichettatura è dell’importatore – anche lui soggetto obbligato –, è bene quindi avvisare il cliente produttore dell’esistenza della norma italiana.

Altro tema sollevato dal decreto erano le tempistiche di adeguamento, ovvero entro quando le aziende avrebbero dovuto adoperarsi per smaltire le scorte e per adattare gli impianti. Il decreto, uscito nel 2020, prevedeva l’immediata entrata in vigore delle disposizione, senza però stabilire modalità per lo smaltimento delle scorte.

Ad oggi, il tempo per l’adeguamento degli impianti è ormai scaduto, mentre i prodotti realizzati oppure ordinati prima del 31 dicembre 2022 possono essere smaltiti.

I requisiti che l’etichetta di un imballaggio deve avere, prosegue Vailati, sono due: in primo luogo deve fornire un’informazione corretta al consumatore di come e di dove conferire l’imballo una volta che questo avrà terminato la propria utilità; in secondo luogo deve riportare la codifica della natura del materiale di cui è composto, secondo la Decisione 97/129/CE.

Sono poi le Linee guida a specificare come le aziende debbano etichettare, cosa vada riportato e in che modo.

Le informazioni

Per quanto riguarda la modalità di etichettatura, prosegue il vice direttore di Assografici, nelle Linee guida è lasciato spazio alle aziende di scegliere come operare; si specifica però che debba essere fatto “opportunamente” e secondo le “norme tecniche UNI applicabili” – la maggior parte delle quali è nata nell’ambito della plastica ma è adattabile anche a quello della carta. Le informazioni che possono essere comunicate sono quindi le indicazioni dei materiali di imballaggio, nonché le autorizzazioni ambientali. A queste si devono aggiungere, come anticipato, anche le informazioni sulla destinazione finale degli imballaggi che devono essere fornite ai consumatori. Tali indicazioni devono essere riportate su tutti gli imballaggi tal quali o sotto forma di prodotto preconfezionato destinati ai consumatori finali, riguardano dunque il canale B2C, mentre ne sono esclusi gli imballaggi destinati ai canali B2B – commerciale e industriale.

I produttori devono indicare anche la marcatura prevista dalla Decisione 97/129/CE – con la codifica alfa-numerica che identifica la natura dei materiali di imballaggio utilizzati – che diventa obbligatoria anche sugli imballi B2B.

Riguardo alle informazioni, le Linee guida le prevedono in tre livelli: le informazioni cogenti per il rispetto della norma, quelle altamente consigliate per migliorare la comunicazione e quelle aggiuntive utili per la raccolta.

Un fattore essenziale è che tutte le informazioni riportate sull’imballaggio siano leggibili, inoltre le stesse indicazioni devono essere disponibili anche su canali digitali, per esempio attraverso QR code oppure con il riferimento a un sito web o a un’App. In ogni caso è fondamentale che siano facilmente leggibili e altrettanto facilmente accessibili (Figura 1).

1. L’analisi dei requisiti nelle Linee guida sull’etichettatura degli imballaggi

Per quanto riguarda ulteriori informazioni, la legge non fornisce regole dettagliate, per esempio, sulla grafica, ma si limita a suggerire di fare riferimento alla norma UNI 11686:2017 – Gestione dei rifiuti, Waste visual elements – che definisce i codici colori per la raccolta differenziata di prodotti di diversi materiali (Figura 2).

2. I codici colore per l’identificazione dei rifiuti previsti dalla norma UNI 11686 – Waste visual elements

Per finire le Linee guida forniscono anche chiarimenti su alcuni aspetti. Innanzitutto, per quanto riguarda gli imballaggi neutri, si precisa che l’identificazione della loro tipologia possa essere veicolata dalla documentazione di trasporto oppure da altri supporti esterni, anche digitali. Nel caso di imballi troppo piccoli – al di sotto dei 25 cm2 di superficie o con capacità non superiore a 125 ml – le informazioni obbligatorie possono essere fornite attraverso i canali digitali. E ancora, nel caso di materiali compositi o multistrato si applica la cosiddetta regola del 5%: se il peso del materiale secondario è inferiore a questa percentuale, l’imballaggio sarà da considerarsi alla stregua di un monomateriale ed etichettato in base a questo. In caso, invece, di materiale composito o multistrato si utilizzeranno le codifiche previste dalla Decisione 97/129/CE all’Allegato VII per il composito oppure il codice “7” previsto dall’Allegato I se l’imballaggio è un multistrato in plastica. Infine per l’identificazione corretta dei polimeri presenti nell’imballaggio, si stabilisce che tutti quelli che non rientrano nei codici da “1” a “6” debbano finire sotto la dicitura codice “7”, con le dovute specifiche che aiutino a identificarli meglio: per esempio risulterebbe “plastica compostabile 7”, nel caso di un polimero compostabile, o ancora “>PET+HDPE<7” nel caso di un multistrato composto da più polimeri.

Gli imballaggi in carta

Si è detto come l’etichettatura degli imballaggi rappresenti un grande aiuto per la raccolta differenziata, sottolinea Roberto Di Molfetta, vice direttore di Comieco. In particolare, per quanto riguarda gli imballaggi cellulosici, ricorda come l’Italia abbia già raggiunto nel 2021, con ben dieci anni di anticipo, i target di riciclo del 85% previsti dall’Europa al 2030 (Figura 3).

3. In Italia i target di riciclo degli imballaggi cellulosici sono stati raggiunti con dieci anni di anticipo

Per assicurare però il mantenimento di questi livelli e il recupero il più possibile della materia prima, occorre tenere conto – anche attraverso l’etichettatura – delle differenze. Gli imballaggi cellulosici sono diversi e devono essere raccolti in maniera corretta. Definirne la destinazione non è però sempre facile. Si va dai più semplici, composti al 100% da carta, ai più complessi, i poliaccoppiati – che si distinguono in compositi per liquidi e non. Questi ultimi, spiega Di Molfetta, sono classificati e se ne stabilisce il flusso nella raccolta differenziata – oltre che il contributo aggiuntivo CAC – in base al peso della componente carta sul totale del peso dell’imballaggio, grazie al ricorso alla certificazione UNI secondo il metodo Aticelca che prevede 4 classi differenti (A, B, C e D) di livello di riciclabilità (Figura 4).

4. La classificazione del livello di riciclabilità degli imballaggi compositi secondo il metodo Aticelca

L’etichetta, dunque, è indispensabile per capirne la composizione e dare indicazioni sulla destinazione nella raccolta, ma certamente non può essere sempre sufficiente. Molto dipende anche dal canale di consumo e dallo stato dell’imballaggio. Nel caso, per esempio, di packaging in carta per il food se, dopo l’uso, l’imballo è pulito dovrà essere conferito nella frazione carta, se invece sporco potrà essere destinato alla frazione dell’organico. Queste sono informazioni di cui però il consumatore deve essere messo a conoscenza e che devono essere date dal punto vendita. Ecco, spiega Di Molfetta, che diventano fondamentali le indicazioni presenti nell’etichetta oppure che attraverso l’etichetta – per esempio utilizzando i QR code – rimandano a istruzioni specifiche su come conferire correttamente l’imballaggio.

Una risorsa per il Paese

Quello delle Linee guida è stato un importante lavoro frutto della collaborazione tra i vari soggetti coinvolti: il Ministero, Conai e il mondo dell’impresa. È Laura D’Aprile, capo dipartimento sviluppo sostenibile del Mase, che nel suo intervento al webinar, sottolinea questo aspetto. Spiega come sia stato dedicato molto tempo per capire le esigenze dei diversi comparti e tradurre il tutto su casistiche differenti. Le Linee guida, che sono poi il frutto di questo lavoro congiunto, non sono semplicemente utili alle imprese che, dal 1° gennaio, devono porre in atto l’obbligo dell’etichettatura degli imballaggi ma, proprio per la loro natura partecipativa, rappresentano anche un fiore all’occhiello nazionale che – sottolinea D’Aprile – come Paese potremo portare sui tavoli di lavoro europei.

L’etichettatura degli imballaggi, spiega, è un importante supporto alla raccolta differenziata, perché contribuisce a migliorare la qualità della raccolta e di ciò che può essere recuperato in termini di materie e di energia a livello nazionale. Una risorsa per il Paese, in quanto permette di ridurre l’export di materiale riciclabile o recuperabile nei flussi dell’energia, e di gestire internamente questa ricchezza.

3G Packaging investe nella qualità di Heidelberg

3G Packaging è una giovane azienda toscana che ha saputo ritagliarsi uno spazio importante nel mondo del packaging e delle etichette per settori quali vino e liquori, cosmetica, gioielli, moda, tabacchi, alimenti e cioccolateria. Una crescita basata su tre aspetti fondamentali: affidabilità, qualità e attenzione alle esigenze del cliente. Caratteristiche costantemente alimentate dalla dedizione dello staff e dagli investimenti in tecnologia.
L’ultimo esempio è l’installazione di una fustellatrice Easymatrix 106 CS MK-Heidelberg, in formato 75×106 dotata di estrazione dei rifili in automatico. Una macchina di grande stabilità e affidabilità, ideale per lavorare carta e cartoncino, quest’ultimo sia teso sia ondulato fino a 4mm. Si tratta dello strumento ideale per la produzione di etichette autoadesive e in bobina, nonché per la produzione di scatole e astucci. Inoltre, Easymatrix 106 CS è l’unica fustellatrice presente sul mercato italiano a poter esibire la doppia certificazione CE e GS.
Con sede in provincia di Lucca, 3G Packaging nasce nel 2017 su intuizione di Francesco Berteletti, che mette così a frutto la sua ventennale esperienza nel mondo del packaging, iniziata nell’azienda di famiglia e proseguita successivamente al di fuori di essa.
“Un’azienda che coniuga tradizione, innovazione, fashion e design, mantenendo l’intero ciclo produttivo sul territorio nazionale e seguendo la mission del vestire le idee dei miei committenti”, così Bertelletti descrive l’idea alla base di 3G Packaging.
Una mission portata avanti attraverso un preciso organigramma, che definisce in modo chiaro e lineare i compiti e le funzioni dei collaboratori coinvolti durante il ciclo produttivo, garantendo controllo e risultato finale in linea con l’alta qualità delle aspettative. Un risultato finale da oggi frutto anche della fustellatrice Easymatrix 106 CS.

Taga Day 2023, Spot Color Edition

L’annuale incontro con i soci Taga Italia avrà come tema un argomento che da sempre richiama l’attenzione di tutta la filiera della stampa e della comunicazione. Come viene comunicato il colore ai vari livelli, dal brand owner al produttore d’inchiostro, passando dai software di prestampa e i RIP per la prova colore? Quali riferimenti dobbiamo seguire, per ottenere un foglio stampato senza sorprese? Che cosa sta accadendo nel mondo Pantone e Adobe?

Il colore è sempre al centro del processo di riproduzione, chiave di comunicazione imprescindibile, gioia e dolore di tutti gli attori della filiera dello stampato. Il prossimo Taga Day, tradizionale appuntamento per i tecnici del settore della stampa, vuole tornare a parlare di colore, anche alla luce di importanti novità in arrivo, offrendo spunti di dibattito e possibili soluzioni concrete, utili nel lavoro quotidiano in azienda.

Non mancheranno momenti di approfondimento e d’aggiornamento, anche sulle altre attività di ricerca che Taga Italia sta portando avanti negli ultimi mesi.

Il Taga Day 2023 sarà ospitato dallo storico Istituto Salesiano S. Ambrogio Opera Don Bosco, a Milano il 15 febbraio 2023.  Partecipando all’evento si accederà al mondo Taga Italia, a tutti i vantaggi riservati ai soci e alla documentazione tecnica disponibile sul sito.

Le registrazioni sono aperte e disponibili qui.

Tipografia Soavese: grazie al supporto di Quadient la finitura è più semplice

Tra i precursori della stampa digitale, Tipografia Soavese non ha esitato a puntare sul grande formato, seguito a breve dal piccolo formato, scommettendo su post stampa e integrazione.

La migliore risposta a un periodo difficile è investire. Non solo in macchinari, ma anche in competenze. Di fronte a un rapido cambiamento di scenario, molto probabilmente non basta cambiare mentalità, servono infatti anche nuovi strumenti e relativa capacità di sfruttarli, all’occorrenza aggiustando il proprio punto di osservazione. Fino a qui, in realtà poco di nuovo, soprattutto nelle buone intenzioni. Più degno di nota invece, trovare una testimonianza in grado di dimostrare come sia possibile passare dalle parole ai fatti. Secondo quando dimostrato da Andrea Golin, socio di Tipografia Soavese, in modo anche insolitamente lineare, come naturale evoluzione di un’attività nel mondo della comunicazione visiva. 

Come è strutturata oggi la vostra attività?

Io rappresento la terza generazione di un’azienda fondata nel 1965, quando si usavano ancora i caratteri mobili. Testimonianze ancora oggi custodite gelosamente. Ho spinto io per passare al digitale, già nel 2010, quando ho iniziato a capire i limiti che avrebbe incontrato l’offset in futuro. Mio papà e mio nonno non erano per nulla d’accordo, ma oggi la considero una decisione azzeccata.

Cosa l’ha spinta in direzione di una decisione forse fin troppo prematura ai tempi?

All’inizio, non ero neppure convinto di voler subentrare nell’attività. Poi, un commerciale locale mi ha parlato di un plotter e mi ha convito a incontrarci in Viscom per vederlo in azione. L’interesse è cresciuto e subito dopo siamo partiti con il primo acquisto, un Roland.

Cosa l’attirava del grande formato?

Soprattutto il wrapping. Parlavamo però di una proposta agli inizi. Nel tempo l’abbiamo comunque sviluppato, affiancato sempre più dal grande formato. Poi, a partire dal 2018 ho voluto dedicarmi anche al piccolo formato digitale, puntando in questo caso su una Canon. Di recente aggiornata alla Serie C910.

Con quali risultati?

Decisamente ottimi. Ha iniziato a lavorare da subito e a grandi ritmi, al punto da spingerci a un ulteriore investimento, proprio poco tempo fa. La sfruttavamo talmente tanto da sentire bisogno di un supporto per le fasi di post stampa, diventate troppo lunghe e onerose. Dovevamo affidare tanti lavori a terzi.

Come vi siete mossi?

La domanda sul grande formato aveva raggiunto livelli tali da garantirci buoni margini. Guardandomi intorno, ho inquadrato presto la soluzione in un sistema di finitura Duplo DC-618. Conoscevo il marchio, ma serviva un contatto. L’abbiamo trovato in fiera e abbiamo subito trovato la risposta in Quadient.

Quando è scattata la decisione?

La domanda cresceva e facevamo fatica a rispettare i tempi. Potavamo contare su una taglierina manuale ed era diventato un problema. La stampa era ai livelli desiderati, ma dopo perdevamo troppo tempo. Ci servivano velocità e praticità.

Come l’avete inserita nella vostra organizzazione?

Mi interessava soprattutto per l’integrazione con il software Impose, la possibilità di gestire la fase di finitura insieme a quelle di imposizione. Con il passare del tempo però, abbiamo imparato ad apprezzarne tutti i benefici, in termini di precisione nel lavoro e soprattutto risparmio di tempo.

Cosa l’ha colpita in particolare?

Ci sono diversi aspetti. All’inizio poteva sembrare anche solo un modo per sgravare il lavoro al tagliacarte. Poi, i vantaggi si sono rivelati più estesi, a partire dalla possibilità di sfruttare Impose. L’integrazione naturale con il software Efi permette di generare in automatico il file di taglio in fase di imposizione e inviarlo al multifunzione. Significa automatizzare la procedura. Inoltre, si è anche rivelata molto precisa nelle operazioni. Subito dopo i primi giorni, i risultati in termini di produttività sono apparsi evidenti.  Pensavamo di usarla soprattutto per i biglietti da visita, ma in realtà si è rivelata molto più versatile del previsto, grazie anche alla facilità di gestire impostazioni manuali.

Come la sfruttate al momento?

Soprattutto taglio e cordonatura. A volte anche fustella e piega, mentre per ora la richiesta di perforazione è piuttosto limitata. La modularità però, resta un altro degli aspetti importanti Duplo. Ho comunque intenzione di procedere prima a poi anche all’acquisto del perforatore e non sarà un problema inserirlo nel sistema.

Un altro tra gli aspetti più interessanti, è il periodo in cui avete deciso di investire. Tra marzo 2020 e marzo 2021 non sembrava il momento ideale. Cosa vi ha spinto?

In effetti, non è stato facile. In quei mesi, il vuoto iniziale di fatturato ci ha spinto a chiudere per qualche tempo. Ne abbiamo approfittato per cercare di capire come si sarebbe mosso il mercato. La prima risposta sono stati i calpestabili. Abbiamo pensato anche sarebbe stato difficile recuperare i materiali, così abbiamo fatto subito scorta. Insieme a etichette e segnaletica, ci hanno permesso di riprendere subito il controllo. Grazie a pubblicità e capacità di rispondere in tempi brevi, abbiamo spedito in tutta Italia; praticamente ogni giorno avevamo un furgone di consegne da affidare ai corrieri.

Dopo, come vi siete assestati?

Si è ripreso dal piccolo formato, soprattutto cantine e ristoranti della zona. Il settore è passato dalla richiesta di brochure generiche a prodotti più di nicchia e di qualità. Anche per noi, il lavoro diventava più impegnativo, quindi i macchinari disponibili non erano più sufficienti. Dovevamo poter trattare più materiali, anche particolari, lavorarli meglio e più in fretta.

A questo punto, mancherebbe solo la nobilitazione. È nei programmi?

Sì. L’idea è continuare sempre a migliorarci e nobilitazione e verniciatura sono tra le opzioni in esame. I primi risultati in termini di riduzione dei tempi, qualità e minori scarti sono evidenti. Soprattutto però, è aumentata la soddisfazione dei clienti. Sia per le consegne puntuali sia per i risultati.

Printing Solutions sceglie la tecnologia Durst P5

Durst Group e Printing Solutions annunciano l’avvio di una nuova collaborazione che a inizio 2023 vedrà l’installazione del sistema P5 350 nella configurazione più completa a 8 colori.

“Essere innovativi dipende dalla capacità di identificare le esigenze di mercato, di sviluppare soluzioni creative e di implementare nuove idee in modo efficace, differenziandosi dai concorrenti”. Questo l’obiettivo perseguito da Printing Solutions, azienda specializzata nella stampa grande formato per i migliori brand italiani e internazionali, che da sempre investe in nuove tecnologie per crescere offrendo alla propria clientela prodotti e servizi sempre più personalizzati, innovativi e all’avanguardia.

“L’opportunità di avviare un rapporto con un’azienda come Durst, eccellenza italiana leader nella produzione di sistemi di stampa inkjet per applicazioni industriali, è per noi motivo di grande orgoglio”, commenta Paolo Albieri, fondatore e socio unico di Printing Solutions. “Questa importante collaborazione ci consentirà di differenziare le nostre tecnologie e conoscenze, di ampliare la gamma prodotti, aumentando al contempo la nostra competitività sul mercato e rafforzando la nostra reputazione di azienda all’avanguardia”.

Dalle parole di Albieri si evincono le motivazioni che hanno portato a scegliere la stampante industriale Durst P5 350, che garantisce performance eccezionali in termini di velocità, qualità dell’immagine e versatilità.

Altrettanto entusiasmo si respira in casa Durst, come manifesta Alberto Bassanello, Direttore Vendite Italia di Durst Group: “Printing Solutions è una realtà consolidata alla quale il mercato riconosce la volontà di innovare e di offrire un servizio veloce, efficiente, con standard di qualità sempre più elevati. Per questo siamo particolarmente orgogliosi che Printing Solutions abbia scelto di puntare sulla qualità e sulla flessibilità della nostra tecnologia P5 350 per proseguire in questo cammino di crescita votato all’innovazione”.

Stampa digitale: i luoghi comuni alla prova del campo

Competenze, sostenibilità, margini. Uno sguardo allo stato dell’arte della stampa digitale attraverso l’esperienza sul campo di Graphos, realtà marchigiana che ha fatto del rispetto dell’ambiente e della personalizzazione delle applicazioni i suoi punti di forza.

Otto luoghi comuni sulla stampa digitale da sfatare o almeno da mettere alla prova. Pregiudizi che possono sviare le capacità di business di ogni service di stampa, riducendone le opportunità di mercato. È giunto il momento di cercare di fare chiarezza sulle frasi fatte del settore, soprattutto in una fase di mercato resa ancora più competitiva dalla sfida energetica e dalla necessità di coltivare politiche green. Il sapere è potere, sosteneva il primo filosofo moderno Francesco Bacone, rimandando alle virtù della pratica per oltrepassare quegli idoli che rispecchiano un’immagine errata del mondo.
Più modestamente, tentiamo un’operazione del genere, almeno per guadagnare una visione maggiormente rispondente al vero, sull’attuale stato dell’arte della stampa digitale. Nella nostra rassegna di luoghi comuni in merito, il sapere pratico lo assicura una realtà protagonista sul campo come Graphos, azienda storica e familiare di Castelfidardo, provincia di Ancona, fondata trent’anni fa da Doriano Criminesi e oggi guidata dal figlio Massimiliano Criminesi.
Graphos è nata diversi lustri fa come realtà di stampa litografica, cominciando a investire sul digitale di grande formato fin dall’inizio degli anni 2000, optando per tecnologie a base acqua ed eco solvent fino a UV Led, per sposare la causa green e rafforzarla sempre più negli anni. Oggi Graphos è una realtà di grande esperienza, capace di realizzare applicazioni sui materiali più diversi: cartone, lamiera, vetro, alluminio, polipropilene sono soltanto alcuni esempi dei supporti quotidianamente utilizzati dall’azienda marchigiana. Oltretutto, l’alto tasso di creatività e competenza, che si manifesta nella varietà dei materiali impiegati, si esalta ancora di più nella capacità di Graphos di differenziarsi dalla massa proponendo prodotti estremamente personalizzati ai suoi clienti.
Grazie a queste sue caratteristiche, l’azienda oggi guidata da Massimiliano Criminesi ha certamente potuto prendere negli anni le misure ai luoghi comuni della stampa digitale, presentando l’identikit perfetto del compagno di viaggio più adatto per sfatarli o confermarli. D’altra parte, la stampa digitale è stata definita fin dall’inizio una rivoluzione alla portata di ogni realtà del mondo della stampa. Una scossa radicale alla portata di tutti, grazie alla sua presunta semplicità di utilizzo. Ma è proprio così? Lasciamo che a rispondere sia proprio Massimiliano Criminesi, partendo proprio dal tema della facilità di utilizzo.

La stampa digitale è semplice, basta schiacciare un bottone

«Questa purtroppo è una frase che ci sentiamo dire molto spesso da alcuni clienti e profani del settore che tendono a “semplificare” o sminuire la professionalità degli operatori di stampa digitale e tutta la formazione che ci vuole per questo come per qualsiasi altro lavoro. L’era digitale è vero che ha velocizzato molto e tagliato vari processi di lavorazione di prestampa, vedi incisione pellicole, montaggio, incisione lastre, però è comunque necessaria una formazione e conoscenza di primo ordine per poter ottenere un buon risultato».
«La produzione di uno stampato classico, come un pannello in plexiglass, richiede una serie di procedure prima di “schiacciare il bottone” che passano prima dal reparto grafico, dove l’operatore effettua la verifica e la conformità del file, successivamente viene passato al Rip, dove viene elaborato e creato la resa di stampa. Nel frattempo, l’operatore della macchina dovrà mettere in temperatura gli inchiostri, fare tutti i dovuti controlli e pulizie delle teste di stampa, verificare con estrema attenzione l’altezza e la planarità del supporto, prima di poter dare materialmente il via alla produzione».

La stampa digitale è la più sostenibile

«Se pensiamo che, essendoci meno passaggi rispetto ad una stampa litografica, che non ci sono solventi rispetto ad una stampa serigrafica, o che comunque non necessità di impianti vedi lastre o pellicole e telai da incidere per ogni lavorazione, ecco, se la vediamo sotto questo punto di vista, forse sì. Ma, facendo un’analisi più approfondita e valutando tutte le migliaia di elementi che compongono le moderne stampanti digitali, la composizione di toner, inchiostri liquidi o in gel, primer e non ultimo l’elevato consumo di elettricità, direi che non è poi tanto più sostenibile. Da non sottovalutare la vita media delle moderne stampanti digitali, apparecchiature che hanno vita molto più breve rispetto alle più longeve stampanti tradizionali che hanno una “seconda vita” anche nel mercato dell’usato, cosa che con le macchine digitali, vista la rapida evoluzione, frenano l’acquisto di macchinari più datati».

La stampa green costa di più

«Purtroppo sì. Per avere un risultato green certificato c’è bisogno prima di un supporto di stampa ecologico, carta riciclata o Fsc per la stampa a foglio, materiali Pvc free per la stampa a bobina oppure di pannelli composti da materiale riciclato o riciclabile per essere definiti “green” e mediamente questi prodotti sono più cari di circa un 30 percento rispetto ai loro equivalenti non ecologici. In fase di produzione prenderei l’esempio della classica stampa UV Led (in piano o a bobina) rispetto ad un equivalente Latex che vanta l’utilizzo di inchiostri base acqua più ecologici: il problema sorge nella produzione dove la stampa Latex è mediamente tre volte più “famelica” di energia elettrica, costo che in questo momento storico è ancora più impattante sul costo finale».

La stampa grande formato ha margini più alti

«Come in ogni settore produttivo, anche per la stampa digitale di grande formato, il margine, oltre che nell’abilità di ottimizzare i processi produttivi da parte dell’imprenditore, si ottiene trasferendo il più alto valore aggiunto al prodotto finito. Prendiamo ad esempio un cliente che ci richiede una serie di pannelli per decorare i propri uffici: se proponiamo un classico pannello in forex con stampa in quadricromia potremmo chiedere un determinato prezzo; se offriamo un pannello con stampa in esacromia con nobilitazione con vernice glossy e con stampa settoriale a “rilievo”, diciamo che il prezzo potrebbe essere anche tre volte tanto rispetto al classico pannello di forex che possono offrire tutti. In questo caso i costi di produzione della vernice e l’inchiostro per avere un effetto in rilievo incidono in maniera marginale rispetto al valore e, di conseguenza, al costo dello stampato».
«L’ideale sarebbe offrire anche il rilievo misure presso la sede del cliente ed il successivo montaggio degli stampati, in modo da dare un servizio a 360 gradi che permetterà di trasferire ai nostri pannelli un valore sicuramente più elevato, in quanto avremmo “venduto” una soluzione piuttosto che un semplice pannello».

Le materie plastiche vanno tutte eliminate perché inquinanti

«Diciamo che per la mia esperienza non ci sono ancora prodotti che riescano a sostituire al 100% le caratteristiche che può offrire un materiale plastico. Direi che forse è più etico utilizzare un surrogato dove non è strettamente necessario l’impiego di un materiale plastico. Dove non è possibile rimpiazzarlo dovremmo far appello a principi di correttezza e moralità che impongono un corretto smaltimento e riciclo del prodotto».

Stampare a 300 dpi è sempre giusto

«Mettiamo il caso che dobbiamo realizzare una copertura di un palazzo di 5 piani, quindi un telo di circa 10x15h m, su un materiale tipo un Pvc microforato che sia visibile da minimo 5 m di distanza. In questo caso è assolutamente superfluo, anzi oserei direi controproducente, realizzare un file sopra i 100 dpi. La creazione di un file di quelle dimensioni, realizzato in scala 1:1 a 300 dpi, sarebbe esagerato ed ingestibile dalla maggior parte dei Rip di stampa. Mentre è “obbligatorio” avere una risoluzione di 300 dpi per tutti gli stampati di piccolo formato, vedi biglietti, cataloghi, pannelli per decorazione di interni, dove la stampa sarà visibile da pochi centimetri ed anche i più piccoli dettagli dovranno essere perfetti».

L’operatore di stampa fa la differenza

«Un’azienda artigiana oggi, per poter sopravvivere, ha bisogno di differenziarsi dalla massa ed offire prodotti con elevata personalizzazione e qualità eccellente. Per ottenere questo tipo di risultato i valori in campo devono essere espressi al massimo livello. Se ci avvaliamo di apparecchiature tecnologiche in grado di realizzare degli stampati di qualità non possiamo sicuramente prescindere dall’impiego di personale professionale, motivato ed altamente qualificato. Quindi la mia risposta è assolutamente sì, un buon operatore, rispetto a un altro, fa un’enorme differenza».

Internet può decretare la fine della stampa

«Dobbiamo fare delle distinzioni: se facciamo riferimento ai classici stampati commerciali in carta ovvero fogli lettera, moduli continui e le classiche buste da corrispondenza sicuramente sì, mentre se ci spostiamo su stampati di valore e con alta personalizzazione quali cataloghi porta campioni, packaging di lusso, per la cartotecnica, e libri d’arte per quanto riguarda l’editoria sicuramente, anche in futuro, continueremo ad utilizzare questi prodotti. In generale, credo che l’incremento dell’utilizzo della rete abbia fatto da spartiacque tra i prodotti in carta a basso costo, che andranno progressivamente scomparendo, ed i prodotti con alto valore aggiunto, che saranno destinati a rimanere nel tempo».

Speciali luoghi comuni: dal PDF alla legatoria, tutti i falsi miti della produzione

Speciale Luoghi Comuni

In questo numero di fine anno navighiamo tra le leggende e nei miti che aleggiano nel mondo della stampa, un’avventura formativa in cui ci siamo addentrati per scoprire e consegnarvi delle verità troppo spesso offuscate.

Quando ci siamo trovati noi della redazione a stabilire il tema dello speciale di fine anno è emersa l’idea di fare una panoramica dei falsi miti del settore della stampa, anche detti luoghi comuni, raccogliendo i pareri di tecnici esperti e organizzando delle interviste con imprenditori.

Il risultato che abbiamo ottenuto ci ha soddisfatto e siamo sicuri che sarà così anche per voi.

Negli articoli che seguono sono toccate tutte le fasi di produzione di uno stampato, dalla prestampa fino alla legatoria con un’attenzione anche ad aspetti venuti alla ribalta in tempi più recenti come ad esempio la sostenibilità.

Accanto al digitale, incrostato di credenze prive di ogni fondamento, che lo individuano come una tecnologia semplice all’utilizzo dove “basta schiacciare un bottone” per avere un buon risultato, nello speciale trovano spazio il famigerato 300dpi panacea per ogni immagine da stampare, il falso mito che relega la legatoria alla cenerentola del processo produttivo causando così tanti problemi e perdite economiche per un’errata progettazione dello stampato, la convinzione che sia sempre necessario preparare le immagini in CMYK, la superficialità con cui alle volte viene affrontato l’inserimento di una nuova tecnologia in produzione credendo che possa risolvere ogni problema e tanto altro ancora.

Con toni alle volte molto tecnici e altre volte più leggeri, gli articoli condurranno il lettore in un mondo pieno di “leggende metropolitane” capaci però di sollecitare utili riflessioni su tanti aspetti legati alla produzione dello stampato.

Scarica gratis lo speciale e scopri come superare i luoghi comuni in produzione

Gruppo Masserdotti, stampare fa rima (anche) con ascoltare

Digitale, sostenibile e soprattutto fisica e umana. La stampa del futuro secondo Alberto Masserdotti, senza fare sconti alle frasi fatte che echeggiano sul mercato. L’importanza di sapere ascoltare il cliente ed entrare nel merito di ogni singola applicazione.

Esperienza pluriennale, continui investimenti in ricerca e sviluppo, pioniere della stampa digitale in Europa. Il Gruppo Masserdotti ha maturato nei decenni una lunga e solida esperienza nel mondo della comunicazione, spaziando dalla digital decoration al digital signage, in ambiti pubblici e privati, in ambienti esterni ed interni, forte di un gruppo di professionisti con preparazioni tecniche e ruoli specializzati capaci di coprire qualsiasi esigenza. Caratteristiche che gli consentono di operare sul mercato in qualità di partner tecnologico industriale, per progetti di visual communication con un focus sull’evoluzione del retail da negozio a media. Perciò, temi come digitalizzazione, sostenibilità e competenze per il Gruppo Masserdotti sono di casa da tempi non sospetti, dal momento che hanno rappresentato i motori dell’evoluzione della società bresciana.

Proprio per questo motivo, ci siamo rivolti ad Alberto Masserdotti, ceo del Gruppo Masserdotti, per fare il punto sui luoghi comuni della stampa digitale, tecnologia che ha trasformato in profondità il settore della comunicazione visiva con la sua carica di innovazione, conquistando il mercato a suon di velocità e flessibilità. Ricorderemo tutti sicuramente i vantaggi, fin dal principio segnalati, legati alla possibilità di realizzare tirature limitate per elaborare offerte sempre più personalizzate, oltretutto in tempi più rapidi del solito, migliorando enormemente il time-to-market. Insomma, la stampa digitale fin da subito è apparsa la tecnologia più idonea per i tempi accelerati che si profilavano all’orizzonte, in grado di soddisfare tempestivamente la richiesta più specifica e improvvisa del cliente, anche in nuovi settori merceologici, uno su tutti per esempio la decorazione di interni.

Forse non è esagerato usare il termine di rivoluzione per la stampa digitale. Ciò non toglie, però, che qualche mito da sfatare tuttavia esista in merito a questa tecnologia. Spesso la stampa digitale è descritta come una tecnica semplice da eseguire. Quante volte abbiamo sentito dire che basta schiacciare il “famoso” bottone per ottenere risultati di qualità in grado di rispondere “magicamente” alle aspettative del cliente? Ebbene, una credenza lontana dal vero, secondo Alberto Masserdotti che infatti, interrogato sul punto, spiega come in realtà «ci sono un sacco di insidie dietro la stampa, come le curve colore o le ottimizzazioni». Aspetti che, di conseguenza, meritano la massima considerazione all’interno di qualsiasi azienda che ha scelto di inserire con successo la stampa digitale al proprio interno, soprattutto coltivando con attenzione le competenze dei propri operatori. Anche la stampa digitale, quindi, contempla una serie di sfide tecnologiche tutt’altro che banali e niente affatto scontate, che non possono non essere raccolte e affrontate per ottenere i risultati di business promessi.

Avanti con il green

Vi sono, poi, luoghi comuni che possono essere considerati veri, alla luce dell’esperienza condotta con la stampa digitale da ormai tre decenni. Il Gruppo Masserdotti, infatti, nato come realtà artigianale nel 1967 e negli anni divenuto una vera e propria realtà industriale, ha installato nel 1992 la prima tecnologia di stampa digitale, vestendo allora i panni del pioniere, non solo in riferimento al mercato italiano, ma persino a livello europeo, figurando come prima realtà ad adottare la nuova tecnologia a livello continentale. Ebbene, la digitalizzazione ha sempre richiamato il concetto di sostenibilità, presentandosi come una risposta valida e credibile alle esigenze green che già caratterizzano i mercati globali e le iniziative delle organizzazioni internazionali dagli anni Ottanta almeno. Oggi, a distanza di tre decenni esatti, secondo Alberto Masserdotti la stampa digitale può sfoggiare lo scettro di tecnica più sostenibile. «Gli inchiostri sono certificati e i supporti anche». Parole che confermano come la sostenibilità della stampa digitale sia un dato oggetto, grazie alle certificazioni da essa ottenuta negli elementi fondamentali che la compongono.

Certamente, per lungo tempo l’applicazione green è stata percepita nell’opinione pubblica come più costosa. Alcuni clienti con capacità di spesa hanno cominciata a richiederla soprattutto per motivi di immagine, allo scopo di comunicare al mercato la propria scelta di avere sposato una causa decisiva per le sorti dell’ambiente e dell’umanità. Oggi l’applicazione green è sempre più diffusa e apprezzata da fasce di mercato sempre più ampie, grazie ad una sensibilità verde riconosciuta finalmente come un valore comune del nostro vivere quotidiano. Ciò non toglie, tuttavia, che non ha tutti i torti chi afferma che la stampa green costi di più. Anche in questo caso, come nel precedente, bisogna ammettere che questa opinione non è proprio un luogo comune, secondo Alberto Masserdotti: «È un dato di fatto, le materie prime costano di più».

Luogo comune o verità?

Altri luoghi comuni sono più complessi da giudicare, proprio perché difficilmente la realtà si presenta come una specie di monolite liscio e inscalfibile, capace di mettere tutti d’accordo per la sua evidente solidità. Molto più frequentemente, infatti, la realtà assomiglia a una corrente in continuo divenire, pronta ad accelerare o a rallentare sorprendentemente nelle direzioni più imprevedibili. Di conseguenza, talvolta può capitare di non essere in grado di dare giudizi definitivi sulle tendenze del mercato e sulla validità di uno specifico orientamento. Troppi gli elementi in gioco e i tasselli ancora da incastrare. Un esempio, in questa direzione, arriva dalla considerazione delle materie plastiche che la sensibilità per l’ambiente, divenuta valore comune e fondante, vorrebbe tutte eliminare perché parimenti inquinanti. Secondo Alberto Masserdotti, un giudizio «apparentemente vero, ma nel concreto la filiera 100% green non è ancora a posto del tutto». Ecco perché, su questo tema, i giudizi tranchant possono risultare inappropriati, apparendo più ideologici anziché realistici. Per competere sul mercato, infatti, bisogna entrare nel merito delle opportunità che di volta in volta si presentano, per esempio utilizzando le materie plastiche con contezza e senza facili demonizzazioni. Sapendo, naturalmente, che la tendenza green è sempre più dominante, la strada è indubbiamente tracciata, ma non servono accelerazioni inopportune o addirittura esasperazioni.

Per quanto riguarda sempre la capacità di entrare nel merito delle specifiche situazioni e delle particolari applicazioni, un luogo comune da sfatare è considerare la stampa a 300 dpi come lo standard sempre corretto da seguire e applicare. «Se fai un campo da calcio non serve, dipende dalle dimensioni che devi stampare», avverte Alberto Masserdotti. Per questo motivo è importante porsi sul mercato come un partner e fare cultura tra i clienti sulla qualità effettivamente necessaria alle applicazioni richieste, questione per certi aspetti spinosa, perché va sapientemente calibrata al contesto specifico, anziché darla generalmente per scontata, come non di rado avviene.

L’uomo fa la differenza

Proprio per questo motivo, è quasi doveroso insistere sul tema delle competenze. Talvolta diventa fin troppo facile credere che la digitalizzazione e l’automazione stiano togliendo valore e importanza al lavoro umano, come se la macchina bastasse a se stessa. Ebbene, coerentemente con le riflessioni sin qui esposte, Alberto Masserdotti fa suo il convincimento secondo il quale l’operatore di stampa in realtà fa la differenza. Per il numero uno del Gruppo Masserdotti, ciò è vero «sempre e per ogni lavoro, non esiste solo la macchina da stampa». Indubbiamente una buona notizia per il mondo della comunicazione, davvero difficile da immaginare senza l’apporto creativo e tecnico dell’uomo.

D’altra parte, quando oggi si disquisisce del rapporto tra uomo e macchine, nell’era del web, della robotica e dell’intelligenza artificiale, anche in questo diventa sin troppo facile abbandonarsi a scenari futuristici che senza accorgersene sforano nella fantascienza, delineando orizzonti di macchine che parlano tra di loro con uomini e donne intrappolati in domini virtuali. Come ha raccontato Masserdotti, stampare significa entrare nel merito, toccare con mano, ricorrere alle competenze, insomma parliamo di un’attività estremamente e inesorabilmente concreta. Anche in futuro continuerà ad esserlo, proprio come in passato. Internet è un canale in più che non deve spaventare e che, soprattutto, non decreterà la fine della stampa, come recita l’ultimo luogo comune di questa carrellata. Come afferma infatti Alberto Masserdotti, alla guida di un Gruppo che ha fatto della lungimiranza un fattore decisivo per la sua competitività sul mercato, «lo spazio fisico servirà sempre».

Acimga, fatturato 2022 atteso in crescita, +11% rispetto al 2021 e previsione di miglioramento per il 2023

Un 2022 segnato dalla crescita per Acimga, l’Associazione confindustriale dei costruttori italiani di macchine per il printing ed il converting che raggruppa circa un’ottantina di aziende su tutto il territorio nazionale. Una “nicchia” di eccellenza del made in Italy che, dopo un inizio di 2022 brusco a causa delle gravi difficoltà che gli effetti della pandemia hanno avuto sulla catena di approvvigionamento, (caratterizzate da una forte carenza di materie prime con impatti negativi su tempi di consegna e aumento dei costi), si attende un aumento del fatturato d’esercizio, arrivando a 3.050 milioni di euro, +11,2% rispetto al 2021.

«I dati ci restituiscono un settore che, nonostante le difficoltà di approvvigionamento avute nell’anno a causa del conflitto in Ucraina e degli attuali andamenti inflattivi, si può dire finora “in tenuta” rispetto alla crisi congiunturale politico- economica ed energetica e con prospettive ottimistiche anche per il 2023» ha dichiarato Enrico Barboglio, direttore di Acimga. «Nel corso dell’anno 2022 abbiamo assistito ad un aumento significativo degli ordini, trainati soprattutto dall’export. Anche il fatturato è cresciuto a due cifre, anche se la carenza e i ritardi di consegna della componentistica hanno in qualche modo reso necessario il posticipo di alcune consegne, sia a livello internazionale, sia a livello nazionale. Proprio per sostenere la nostra filiera in questa particolare situazione ci auguriamo che la proroga del termine di consegna dei macchinari 4.0 ordinati nel 2022 sia portata al 31 dicembre 2023, come proposto da alcuni emendamenti alla Legge di Bilancio in discussione in questi giorni in Parlamento”.

L’anno è stato caratterizzato da molte novità, e sono numerosi i progetti avviati, insieme al consolidamento di eventi e conferenze. Nel mese di maggio Enrico Barboglio è stato nominato nuovo direttore generale di Acimga, succedendo ad Andrea Briganti, per otto anni al servizio dell’associazione.

Print4All, dopo lo slittamento dovuto alla pandemia, è andata in scena dal 3 al 6 maggio, per una quattro giorni che ha mostrato il meglio nel settore del converting, labelling e printing, frutto del costante lavoro di ricerca e sviluppo delle imprese presenti ed espressione di un mercato che guarda con sempre maggiore interesse a modelli di economia circolare e industry 4.0, ma anche alla servitizzazione e alla digitalizzazione. L’evento, svoltosi a Fiera Milano, si è concluso con numeriche importanti: 246 aziende e 20.922 operatori, confermandosi come punto di riferimento in Europa per i professionisti del settore. «Fil-rouge di questa edizione – ha affermato Daniele Barbui, Presidente di Acimga – è stata sicuramente l’innovazione, volano necessario per guidare le scelte verso soluzioni sempre più sostenibili, sia per quanto riguarda i materiali che i processi. Oggi, per essere competitivi, è necessario un approccio che coniughi massimo risparmio energetico e minimo impatto ambientale: mercato e consumatori premiano infatti comportamenti virtuosi e consapevoli e prediligono prodotti sostenibili e riciclabili e aziende che abbiano fatto propria una cultura di economia circolare».

Il 2022 ha visto modificarsi anche la composizione del consiglio direttivo di Acimga, con l’ingresso di Simone Bonaria, chief operation officer di BFT Group che si aggiunge al presidente Daniele Barbui e ai vicepresidenti Giorgio Petratto, Matteo Cardinotti, Emilio Della Torre e Giulia Rossini, oltre ai 3 past president Ugo Barzanò, Marco Calcagni e Aldo Peretti e ai rappresentanti dei gruppi merceologici, Gianmatteo Maggioni per il Gruppo Rotocalco e Alfio Brandi per il Gruppo Cartone Ondulato.

L’anno che va a concludersi è stato inoltre occasione per consolidare i rapporti con gli altri attori del sistema, per implementare le sinergie sui progetti comuni.

È proseguita la partnership con la Gravure AIMCAL Alliance attraverso la sponsorship ai Golden Cylinder Awards, prestigioso riconoscimento internazionale che premia i progetti di stampa rotocalco dalla maggiore qualità e creatività prodotti dai diversi operatori gravure in tutto il mondo.

A luglio è stato annunciato l’accordo tra Acimga e Giflex, Gruppo Imballaggio Flessibile, per la creazione di un tavolo di lavoro dedicato alla sostenibilità della produzione del packaging flessibile che prende in esame l’intero scenario della produzione: dalle tecnologie ai materiali, in relazione all’attuale quadro normativo. La partnership è mirata anche ad analizzare e mappare punti di forza e punti di debolezza della produzione in chiave di sostenibilità al fine di formulare delle soluzioni da condividere con le aziende associate.

Sempre focus sulla sostenibilità dei processi di stampa per il corso di formazione organizzato dal Gruppo Italiano Rotocalco by Acimga, tenutosi a settembre e dedicato all’Eco-design nella stampa rotocalco, per guardare agli strumenti, ai processi, ed ai macro-temi fondamentali come il riciclo e la biocompatibilità, approfondendo come la rotocalco sia in grado di mitigare gli impatti ambientali.

Tra le più importanti attività degli ultimi tre mesi del 2022 figurano la prima edizione dell’ACIMGA DAY, una giornata fortemente voluta dal presidente Daniele Barbui come momento aggregativo dedicato a tutti gli associati Acimga e occasione per raccogliere suggerimenti e opinioni utili allo sviluppo del piano strategico dell’associazione per il prossimo biennio, e la costituzione del Gruppo Sviluppo Flexo by Acimga, terzo gruppo di specializzazione all’interno dell’associazione, con un primo nucleo fondatore rappresentato da 20 tra le aziende associate Acimga, che si pone lo scopo promuovere capillarmente la tecnologia flexo e di analizzarne l’implementazione e i trend nei diversi mercati in cui tale tecnologia è utilizzata.

Nell’ambito della Federazione Carta e Grafica non si sono fermate le attività di lobbying presso gli stakeholder istituzionali, soprattutto in merito alle problematiche legate al caro energia, al costo delle materie prime e agli ultimi sviluppi sulle direttive imballaggi. La Federazione, con il suo Progetto Sostenibilità è stata inoltre nominata tra i vincitori della quarta edizione del Concorso “Best performer dell’economia circolare” 2022, promosso da Confindustria per raccogliere le migliori progettualità in tema di economia circolare e sostenibilità.

Tra gli appuntamenti per il nuovo anno da segnare già in agenda si ricorda Roto4All, l’evento annuale organizzato dal Gruppo Italiano Rotocalco che torna per la sua terza edizione il 9 marzo 2023. Una giornata dedicata alla tecnologia rotocalco, per approfondire i temi più rilevanti del mercato in un momento di incontro, scambio e dialogo costruttivo esteso a tutta la community, per diffondere sempre di più il valore di questa tecnologia di stampa su cui l’Italia detiene competenze e know-how di estremo valore.

Il 2023 vedrà anche il ritorno della Print4All Conference, evento ponte per la prossima edizione di Print4All che si terrà dal 27 al 30 maggio 2025, occasione di dialogo e di confronto con il mercato del converting, del package printing, del labelling, della stampa commerciale e industriale.

«Obiettivo principale per il 2023 è il consolidamento dei risultati ottenuti in termini di associazionismo nel corso degli ultimi anni, spingendo ulteriormente sull’ingresso di nuovi soci e aumentando il coinvolgimento di quelli storici. – afferma Daniele Barbui, presidente di Acimga – Proseguirà inoltre il mio personale impegno verso la promozione del dialogo anche con tutte le altre associazioni dei settori della stampa, converting e del packaging in generale. Lo sviluppo della manifestazione fieristica è uno dei progetti cardine su cui Acimga ha già iniziato a lavorare per la prossima edizione: Print4All ha nuovamente rinnovato la sua adesione al format di The Innovation Alliance anche per il 2025, e l’appuntamento si terrà con la stessa composizione, insieme ad Ipack-Ima, Greenplast e Intralogistica Italia».

Stampa e finitura digitale per So.Ve.Mec.

Per rispondere alla produzione di etichette autoadesive in basse tirature con alta qualità e costi competitivi, So.Ve.Mec. ha deciso di installare una linea di stampa e finitura digitale che comprende la stampante per etichette in bobina BIZPRESS 13R e il sistema per il taglio DUOBLADE WXI, fornite da NTG Digital.

Con un business principalmente focalizzato nella produzione dei moduli continui, So.Ve.Mec. nasce nel 1984 in provincia di Napoli da un’idea imprenditoriale di Antonio Coppola. Negli anni l’azienda cresce e, sotto la guida della seconda generazione rappresentata da Mario Coppola, i reparti produttivi vengono trasferiti in un grande stabilimento di 4000 mq nella zona industriale di Nola. Il core business si amplia e la produzione si diversifica con la stampa di etichette autoadesive. Da qui, la necessità di ampliare il parco macchine con tecnologie all’avanguardia di ultima generazione. Per andare incontro alle esigenze del settore wine&spirits, nei primi anni 2000 l’offerta si amplia ulteriormente con le capsule termoretraibili e in alluminio per le bottiglie di vino. Oggi So.Ve.Mec. è una delle aziende di riferimento nel settore etichette grazie alle tecnologie implementate nonché all’elevata competenza del personale, servendo più di 5000 clienti in Italia e all’estero, tra i quali alcuni dei maggiori produttori e distributori di vino e olio a livello mondiale. L’intero iter produttivo si sviluppa completamente all’interno dell’azienda, ciò si traduce in garanzia di affidabilità e rapidità. “Negli ultimi anni, – ci spiega Mario Coppola – l’esigenza di etichette autoadesive stampate in basse tirature senza costi di fustellatura ci ha portato a pensare a un investimento nella stampa digitale. Abbiamo quindi deciso di installare la stampante a LED per etichette in bobina BIZPRESS 13R con sistema di finitura digitale DUOBLADE WXI, entrambe fornite da NTG Digital. I nostri clienti, in particolare le cantine, avevano infatti la necessità di stampare pretirature di circa 1000 copie o meno di etichette autoadesive, ma i costi con la tecnologia tradizionale non erano competitivi. A oggi tutto il processo delle piccole produzioni è diventato più efficiente e flessibile. La nuova tecnologia di stampa e finitura digitale è ideale per poter fornire una produzione di alta qualità con tempi rapidi, bassi costi di produzione su un’ampia gamma di supporti. Proprio su quest’ultimo punto, non c’è necessità di pretrattamento dei substrati, in quanto vengono utilizzati gli stessi materiali impiegati nella stampa convenzionale”.

Con risoluzione di 1200×2400 dpi, la stampante BIZPRESS 13R utilizza una speciale tecnologia di fusione ad alta efficienza che lavora a basse temperature per una maggiore tenuta dei supporti. Un toner speciale consente il trasferimento delle immagini sul supporto, impedendo alle polveri di depositarsi e danneggiare i tamburi. A completamento del ciclo produttivo è stata installata la soluzione di finitura digitale DUOBLADE WXI, che lavora sia in modalità roll to sheet che roll to roll. In un’unica soluzione è possibile realizzare la laminazione, il taglio, la rifilatura, la rimozione della matrice e la laminatura. È dotata di una stazione con 4 teste e può applicare un taglio massimo di etichetta di 350×600 mm.

Mario Coppola aggiunge: “La DUOBLADE WXI ci consente di chiudere il ciclo di produzione digitale con la massima semplicità, in quanto è gestita in maniera completamente automatica dall’intelligenza artificiale. Moltissimi dei nostri clienti richiedono, infatti, etichette complesse con sagome particolari e, grazie a questo sistema, riusciamo ad essere estremamente flessibili nella risposta. Inoltre, la linea di taglio digitale ci permette di risparmiare un passaggio della bobina sul tavolo di controllo, poiché con la DUOBLADE WXI possiamo fornire la bobina personalizzata nelle dimensioni e nel formato richiesto dal cliente. NTG Digital ci ha accompagnato passo dopo passo prima nella dimostrazione e poi nel training di queste due soluzioni. La differenza del fornitore sta proprio nel seguire il cliente in ogni momento, anche attraverso un supporto consulenziale”.