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Dalla stampa commerciale al packaging, il passo è breve?

Parlare di stampa offset può sembrare un po’ banale perché si è scritto e si è detto molto di questo processo che è in assoluto il più popolare e diffuso. Però forse vale la pena di cercare di indagare come sta cambiando, non tanto dal punto di vista tecnico, ma piuttosto sotto il profilo del suo campo di impiego, dei mercati che lo sfruttano e soprattutto delle aziende che lo impiegano.

Facendo una piacevolissima chiacchierata con Piero Pozzi, un “ragazzo” che da dieci anni gira il mondo per conto di Colorgraf aiutando gli stampatori offset a utilizzare al meglio gli impianti e gli inchiostri di stampa, sono emerse alcune riflessioni che è utile a mio avviso condividere in queste pagine.

Lo spunto da cui siamo partiti e che era il mio incipit su cui basare questo approfondimento (che in prima battuta ho anche condiviso con Carlo Carnelli titolare di Color Consulting, altro “autorevole conoscitore” del mercato della stampa), è una realtà che tutti possiamo constatare di attualità nel mondo della stampa offset a foglio. La continua erosione che il mondo della comunicazione “digital” sta scavando nei confronti della comunicazione su carta propone una sfida senza precedenti per gli stampatori “commerciali”. Prodotti che tipicamente erano il “core” della stampa offset a foglio, come cataloghi, brochure, editoria in genere e prodotti simili, hanno subito e stanno subendo un notevole riposizionamento in termini numerici e in termini di canali utilizzati per la loro diffusione. Più pubblicità veicolata mediante social e applicazioni web, tirature sempre più ridotte e “just in time” dirottano quantitativi prima appannaggio della offset a foglio, verso il digitale o altri canali di comunicazione. Accade allora che una quantità di macchine offset, che potrebbero stampare molti più fogli, devono inventarsi nuovi mercati e di conseguenza nuovi prodotti da offrire. E quale mercato oggi offre opportunità di crescita meglio del settore del packaging su carta e cartone? Questa riflessione che è anche una constatazione, nasce da esperienza diretta di quesiti di aziende che, intendendo approcciare il mondo della cartotecnica, si domandano quali condizioni debbano essere tenute in assoluta considerazione per evitare di scontrarsi contro un muro. Domanda e approccio correttissimo, non basta pensare di saper stampare con la macchina offset per proporsi su un mercato che ha regole che differiscono dal mondo della stampa commerciale.

Ecco allora qui di seguito alcune peculiarità che assieme a Piero Pozzi riteniamo dovrebbero essere considerate nell’approcciare il mercato del packaging.

Dalla quadricromia ai colori spot

È noto che la stampa dei prodotti commerciale e editoriali è tipicamente quadricromia, talvolta con un colore speciale o una vernice di macchina come nobilitazione o protezione. Il mondo del packaging è invece fortemente connotato dall’utilizzo dei colori speciali a campione. La quadricromia necessita di attenzione ma non è il solo focus per lo stampatore, anzi talvolta è la componente meno impattante sulla grafica complessiva del lavoro. Le grandi campiture di colore, il brand presente sull’artwork, le decorazioni, sono molto frequentemente realizzate con colori speciali per ovvi motivi di garantire la qualità necessaria. Cosa comporta questo? Naturalmente oltre agli aspetti tecnici che la macchina deve garantire per effettuare certi lavori, numero di gruppi stampa, spalmatori, sistemi di asciugatura, vi sono diversi riferimenti che è necessario tenere in considerazione. La stampa di quadricromia, per lo stampatore fondamentalmente significa avere sotto controllo la densitometria. Se il sistema è stato messo a punto in modo coretto, facendo le giuste calibrazioni di prestampa e stampa, ossia sono state identificate le densità che in stampa, da bagnato, garantiscono di rientrare nei valori di norma a stampa asciutta, nella pratica di lavoro lo stampatore deve assicurare che la tiratura rimanga all’interno delle tolleranze di densità prefissate.

La conoscenza della colorimetria e l’interpretazione delle misure può non essere un requisito irrinunciabile per lo stampatore (anche se dovrebbe esserlo sempre). Nella stampa degli imballaggi in cartone teso, per contro, la colorimetria è uno strumento di lavoro indispensabile. Sia nella comunicazione tra cliente e stampatore, sia come parametro di verifica e validazione della produzione.

Competenze tecnico-commerciali

Nei capitolati di fornitura, il riferimento e le tolleranze identificati come requisiti, tipicamente vengono espressi con valori colorimetrici. I delta E, espressi nelle diverse formulazioni, dEab, dE00 non devono presentare dubbi di interpretazione. Chi gestisce il processo commerciale inevitabilmente deve essere anche sufficientemente preparato per negoziare questi aspetti legati ai requisiti di qualità, sia colorimetrici che funzionali. Anche perché dall’altro lato del tavolo, c’è solitamente un referente del brand owner che ha competenze tecniche adeguate per affrontare le tematiche legate alla definizione degli standard qualitativi di produzione. L’azienda che si propone sul mercato come fornitore di servizi di stampa per prodotti di packaging, soprattutto se si parla di brand importanti, non può rischiare di apparire debole agli occhi del cliente, in aspetti tecnici che di per sé dovrebbero essere patrimonio aziendale consolidato.

Nel reparto stampa

La manipolazione degli inchiostri speciali, dalla formulazione alla creazione delle cartelle colore per la campionatura di riferimento con le tolleranze accettate, sono attività in cui lo strumento di base è lo spettrofotometro, normalmente nella geometria 0/45° o 45/0°, ma talvolta anche a sfera, per certe misurazioni su superfici e inchiostri difficili da misurare con lo strumento standard. Lo stampatore non deve essere spaventato da questa tecnologia, deve destreggiarsi in modo spigliato tra densitometria e colorimetria, formule di delta E, sapendo interpretare correttamente i risultati. Conoscere i colori speciali, dignifica anche sapere quali criticità da questi possono nascere, ad esempio problemi con il metamerismo. Conoscere i fenomeni e le possibili conseguenze significa prevenire possibili problemi. O, semplicemente chiedere l’intervento dell’esperto, ad esempio il fornitore di inchiostri, per dirimere situazioni, trovando i correttivi più adeguati. Il fornitore di materie prime diventa un prezioso consulente, nella misura in cui il cliente (stampatore) ha la consapevolezza di quello che deve ottenere, ha la conoscenza dei dati che rileva e comprende i fenomeni. Problemi legati al citato metamerismo possono essere prevenuti nella misura in cui il fenomeno è conosciuto all’interno dell’azienda, se questa ha la strumentazione per analizzare i potenziali rischi e quindi attuare in collaborazione con il fornitore di inchiostri le contromisure necessarie.

L’aspetto funzionale del prodotto

L’imballaggio è innanzitutto un prodotto grafico che riveste la funzione specifica di contenere un prodotto. E il contenuto può influenzare fortemente la scelta dei processi grafici, dei materiali e degli inchiostri da impiegare in produzione. Forse in modo più complicato rispetto al mondo della stampa commerciale, sicuramente diverso. Esistono molte norme e requisiti che i prodotti finiti devono soddisfare. Se non altro perché dopo la stampa e trasformazione, questi prodotti devono subire la fase forse più delicata dell’intero processo, il confezionamento, il riempimento del contenitore con il prodotto. E qui le caratteristiche meccaniche della superficie stampata devono garantire il risultato ottimale; lo scivolamento della superficie stampata, la resistenza agli attriti superficiali che gli inchiostri devono possedere per evitare graffi e strisciamenti sono oggetto di attenzione nella formulazione di questi inchiostri.

Difetto zero

Sembra quasi paradossale che in una produzione non sia accettato alcun difetto. La stessa norma ISO (serie 12647 ad esempio) definisce delle tolleranze entro le quali la tiratura deve rimanere. Ciò comporta che una difettosità può essere considerata fisiologica con il processo produttivo. Ma non è sempre così. Alcune produzioni, legate a mercati più critici (beauty su tutti con il farmaceutico), richiedono “tolleranza zero”. Capita allora che il controllo qualità, (reparto assolutamente imprescindibile in aziende di packaging), debba fare una cernita foglio per foglio alla ricerca del difetto. Non è ammissibile che una confezione di lusso, abbia il più piccolo difetto e arrivi infine sullo scaffale del punto vendita.

Mercati critici

Non tutti i mercati del packaging hanno le stesse esigenze in termini di cura del risultato finale, di tolleranze accettate, di proprietà funzionali. Prodotti farmaceutici, del beauty o personal care, del food, il mondo dei giocattoli (toys), hanno requisiti molto stringenti e spesso richiedono che l’azienda produttrice dello stampato sia all’interno di una filiera certificata, come sistema qualità aziendale (serie ISO 9000) e come tutela ambientale (serie ISO 14000). È un aspetto da non sottovalutare da chi intende approcciare questi mercati; può significare apportare notevoli cambiamenti all’organizzazione interna, inserire figure professionali (interne o esterne) non presenti nello stato di fatto, investire un tempo adeguato per raggiungere l’obiettivo.

Gli alimenti vengono a contatto con molti materiali e oggetti durante le rispettive fasi di produzione, trasformazione, conservazione, preparazione e somministrazione, prima del loro consumo finale. Tali materiali e oggetti sono denominati materiali ed oggetti a contatto con gli alimenti (MOCA) – ad esempio contenitori per il trasporto degli alimenti, macchinari per la trasformazione dei prodotti alimentari, materiali da imballaggio, utensili da cucina e posate e stoviglie – e dovrebbero essere sufficientemente inerti da evitare che i loro componenti incidano negativamente sulla salute del consumatore o influenzino la qualità degli alimenti. Per garantire la sicurezza dei MOCA e per favorire la libera circolazione delle merci, nell’Unione europea (UE) vige una serie di requisiti legali e forme di controllo.

Quanto citato sopra nella definizione di MOCA fa capire come la stampa di questi oggetti porti con sé una serie di vincoli che impattano molto pesantemente sull’organizzazione dell’azienda: i materiali impiegati devono essere certificati per il contatto alimentare, inchiostri in primis. Quindi i componenti utilizzati nella formulazione, non possono contenere elementi ritenuti potenzialmente rischiosi per la salute.

Rispetto agli inchiostri in generale è utile ricordare che gli inchiostri da stampa hanno caratteristiche molto differenti a seconda della destinazione d’uso, dei materiali e delle condizioni di impiego. Quando si parla di inchiostri da imballaggio inoltre va considerato quale tipologia di imballaggio, la tecnologia di stampa, le shelflife dell’imballo e molte altre variabili.

Infine, la definizione di “inchiostri per alimenti” spesso è impropriamente utilizzata nel settore e oggetto di richieste a volte bizzarre come la “dichiarazione di conformità alimentare per gli inchiostri”.

Al massimo potremmo parlare di inchiostri da stampa destinati all’utilizzo verso materiali a contatto con alimenti. Il packaging va considerato come una sorta di barriera tra l’alimento e il mondo esterno, tale considerazione è utile per capire anche le caratteristiche che l’inchiostro da stampa deve avere, dato che, al pari del materiale dell’imballaggio, può essere trasferito all’alimento contenuto. In che modo gli aspetti funzionali possono determinare le scelte tecniche negl’imballaggi per alimenti? Ad esempio prodotti destinati al surgelamento, quindi soggetti a produrre condensa nel loro ciclo di utilizzo, devono essere stampati con inchiostri, ma soprattutto con vernici che non vengano aggredite da questo agente, per evitare che solubilizzandosi vengano in contatto con l’alimento. Il mondo delle vernici e degli additivi è un’altra tipica area dove che lo stampatore offset tradizionale dovrebbe esplorare e sperimentare prima di cimentarsi nella stampa di queste tipologie di prodotti, soprattutto se alimentari. Non tutte le vernici sono ovviamente impiegabili, ma esiste una gamma veramente ampia, a base acqua o UV, a basso contenuto di molecole pericolose (tipo Benzofenone), additivi certificati ISEGA per ridurre l’uso dell’alcol isopropilico e molto altro ancora. Ancora una volta il fornitore delle materie prime, va considerato il consulente privilegiato per pianificare una produzione, è l’attore della filiera che detiene il know-how delle opzioni percorribili che tengano in considerazione i requisiti del prodotto e ha l’esperienza che deriva dall’essersi “scontrato” con decine e decine di “casi”.

Last but not least la nostra riflessione termina con uno sguardo alla formazione degli stampatori: è un lato dolente, aggravato dal fatto che assistiamo a un forte ricambio generazionale e a una carenza di operatori che dovrebbero subentrare alla vecchia guardia; le aziende di stampa devono considerare questo e correre ai ripari, il rischio è che la cultura aziendale pian piano si depauperi e con essa la competitività.

La Nuova Poligrafica installa una Heidelberg Versafire EV

Nella foto da sinistra Matteo Dago (product support digital Heidelberg Italia) Simone Milani (titolare) Alessandro Milani (titolare), Luca Ceriani (responsabile vendite di zona Heidelberg Italia)

Una Heidelberg Versafire EV da 95 ppm a 5 colori: così La Nuova Poligrafica, storica azienda lecchese, ha recentemente ampliato il proprio reparto di stampa digitale. Una scelta che punta fortemente sulle nobilitazioni, con la quinta stazione colore che può essere utilizzata per la stampa del bianco, dell’argento, dell’oro o della vernice trasparente. Un’ampia gamma di possibilità applicative che La Nuova Poligrafica declinerà in molteplici prodotti, fra cui cataloghi, lavori di editoria, stampati commerciali nonché, sommando la versatilità del dato variabile, blocchi numerati, etichette con codici a barre, biglietti della lotteria e molto altro.

Con oltre 35 anni di storia alle spalle, La Nuova Poligrafica ha sede a Calolziocorte, a poca distanza da Lecco, Milano e Bergamo. Nata come azienda familiare, ha saputo nel corso degli anni evolversi fino a diventare, oggi, una delle poche tipografie lombarde capaci di offrire servizi a 360° – editoria, grafica, stampa, cartotecnica, gadget, web. Un obiettivo raggiunto e mantenuto grazie a una continua ricerca stilistica, artigianale e tecnologica per offrire al cliente prodotti unici, sofisticati, duraturi, di qualità, capaci di trasmettere emozioni e di contraddistinguersi in un mercato sempre più esigente e selettivo.

Una mission nella quale si inserisce perfettamente l’installazione di una macchina altamente performante e versatile quale Heidelberg Versafire EV.

Quadient lancia in Italia il nuovo sistema formato B2 DC-20K Duplo

Il sistema di cordonatura e taglio, DC-20K B2 di Duplo, estende l’esperienza nella finitura e nel taglio multipli al formato B2. Una nuova soluzione proposta da Quadient che debutta ufficialmente sul mercato italiano, dopo la presentazione al Celebration of Print di Londra lo scorso maggio.

Facile da usare e completamente automatizzata, la DC-20K è un mettifoglio con taglierina integrata che permette di lavorare con la multifunzione DC-746 fogli di formato B2 effettuandone il taglio preliminare. DC-20K mantiene l’approccio di automazione caratteristico della gamma Duplo, eliminando i colli di bottiglia della produzione e le lavorazioni manuali richieste quando ci si affida a una taglierina per finire i fogli stampati.

Automatizzata e intelligente questa attrezzatura per il taglio e la cordonatura è stata sviluppata per consentire alle aziende di stampa di gestire con profitto lavori di piccola tiratura che richiedono tagli multipli e progetti grafici con finiture complesse come la cordonatura e la perforazione.

Peter Dyson, product marketing manager di Duplo International, aggiunge: “Il sistema DC-20K consente a Duplo di portare la propria esperienza di taglierina e cordonatrice automatizzata nella finitura B2+. Ponendo l’efficienza operativa al centro della soluzione, è stato progettato per indirizzare un maggior numero di lavori attraverso una macchina da stampa B2, risparmiando tempo e lavoro manuale grazie all’eliminazione della taglierina lineare, riducendo così i costi di produzione e aumentando la produttività”.

Quadient, tra i principali player per la fornitura di soluzioni complete per la gestione della finitura e nobilitazione di stampati digitali, supporterà il mercato delle arti grafiche in Italia con questa nuova tecnologia.

Durst P5 Tex iSUB certificato con Eco Passport da Oeko Tex

Durst ha ricevuto una nuova certificazione per gli inchiostri che completa il pacchetto P5 Tex iSUB: gli inchiostri sublimatici P5 Sublifix hanno ora il marchio Eco Passport by Oeko-Tex.

Vincitrice di un premio EDP (European Digital Press Association) nel 2022, la tecnologia P5 Tex iSUB con la sua tecnologia di fissaggio in linea stabilisce una pietra miliare per la stampa a sublimazione e consente l’eliminazione di una fase del processo produttivo. La stampa diretta su tessuti in poliestere fa sì che non sia necessario investire in dispositivi esterni come presse termiche o calandre. La riduzione dei tempi e dei costi di produzione, nonché il risparmio energetico fino al 50% rispetto a un processo tradizionale con una pressa termica esterna, consentono un significativo aumento dell’efficienza e una riduzione dei costi totali per l’utente.

La tecnologia contactless iSUB garantisce uniformità del colore lungo l’intera larghezza di stampa e un’estrema nitidezza dei dettagli delle immagini e dei testi, eliminando virtualmente anche le sfocature o le sbavature del colore. Inoltre, la funzione multiroll offre un grande vantaggio nella gestione dei supporti, consentendo un cambio rapido dei supporti da perte di un solo operatore.

Gli inchiostri sublimatici P5 Sublifix hanno anche la certificazione Eco Passport di Oeko-Tex.
Oeko-Tex Eco Passport è un sistema di certificazione indipendente per prodotti chimici, coloranti e ausiliari utilizzati nell’industria tessile. I prodotti certificati sono sicuri per la salute umana e dell’ambiente, possono essere utilizzati per una produzione tessile ecologicamente responsabile.

La conformità all’Oeko-Tex Standard 100 degli inchiostri a sublimazione è sempre stata molto importante per Durst; questa conferma indipendente da parte di Eco Passport, degli inchiostri P5 Sublifix, conferma ulteriormente gli sforzi e l’attenzione alla riduzione dell’impatto ambientale.

Guandong, allestimenti in-store per le promozioni di gennaio

I saldi invernali sono un appuntamento imperdibile che richiede allestimenti speciali per negozi e punti vendita. Una corsa contro il tempo per la quale allestitori, stampatori e retailer non possono certo farsi trovare impreparati.

Per rispondere con efficacia ai ritmi serrati di campagne e promozioni temporanee è importante avere sempre a disposizione i supporti giusti, sicuri e certificati per le singole applicazioni. Da tempo Guandong ha intercettato un interesse crescente nella tendenza del “metti e togli”, focalizzando l’attività del proprio reparto R&D sulla progettazione di soluzioni basate sulla nanotecnologia, in grado di coniugare semplicità, rapidità di applicazione e rimozione, sicurezza ma anche un’anima green friendly, in linea con le sempre più diffuse esigenze in ambito di ecosostenibilità.

In occasione dei saldi invernali, Guandong ha messo a punto un pacchetto di supporti studiati appositamente per le comunicazioni temporanee, ideali per la decorazione di tutte le superfici del punto vendita quali pareti, vetrine e pavimenti. Wally, Dotty e ReVita Tack Puro sono stati scelti da Guandong per un perfetto allestimento in-store dedicato alle promozioni di gennaio, tutti applicabili con facilità direttamente dagli addetti alle vendite, posizionabili e riposizionabili infinite volte senza lasciare tracce o residui. Tre soluzioni estremamente versatili, veloci e competitive, compatibili con tutte le principali tecnologie di stampa (laser, indigo, inkjet, offset e digital offset).

Wally è il materiale attacca-stacca senza colla della linea Nano-Tack Technology, perfetto perdecorare con piccole grafiche vetri e superfici verticali come pareti e mobili. 100% PVC FREE, questo film adesivo con nanodots a Scarico d’aria in poliestere riciclato e riciclabile, permette di realizzare messaggi promozionali istantanei e decorazioni temporanee lavabili che possono essere facilmente installate senza il rischio di antiestetiche bolle.

Per la decorazione di vetrine dove si intende utilizzare grafiche di grandi dimensioni, Guandong propone la pellicola Dotty Satin, ultima nata dell’omonima gamma, realizzata con il 74% di PVC rigenerato, autoestinguente classe B1, con colla a punti e Scarico d’aria. Una tecnologia che le rende facilmente applicabile su porte e vetrate evitando antiestetiche bolle. Garantita per 6 mesi, anche la rimozione è facile, veloce, senza residui di colla. Dotty Satin è perfetta per la stampa Eco-Solvent, UV e Latex con una resa cromatica e una qualità senza compromessi.

ReVita Tack Puro è la soluzione firmata Guandong con certificazione antiscivolo R13 per la realizzazione di grafiche calpestabili, stampabili con tecnologie Latex, UV e Eco-solvent. Grazie allo speciale adesivo nanodots, ReVita Tack Puro può essere applicato con sicurezza anche sui pavimenti più delicati come marmo, parquet e resinati. Riutilizzabile e riposizionabile infinite volte, questo supporto è realizzato in poliestere 100% riciclato da materiali grezzi naturali e bottiglie in PET, e per questo anche 100% riciclabile. Inoltre, ReVita Tack sostiene importanti progetti per la conservazione e la pulizia di oceani e mari di tutto il mondo.

I segreti di un PDF a norma

L’analisi del PDF è un’attività che spesso riserva delle sorprese che fanno sorridere e disperare. Proviamo a fare una panoramica sui luoghi comuni e i falsi miti che circolano tra i professionisti anche più esperti, prendendo in esame le ultime news su applicazioni con AI e librerie Pantone.

In oltre vent’anni di prestampa ho visto circolare PDF di qualsiasi natura. I primi a dare noie erano quelli generati con Publisher o Word. Poi è arrivato il turno dei tool online, delle stampanti virtuali e dei workaround validati dall’esperienza del grafico di turno. Infine i servizi come Canva e co. che, se da un lato semplificano la vita di chi progetta, a volte rende impossibile quella di chi stampa. Come se non bastasse, le immagini generate con intelligenza artificiale e la recente mossa di Pantone nei confronti di Adobe (o viceversa?) ha reso il settore instabile e preoccupato sulla resa dei PDF mandati in stampa. Quello che si dimentica è che gli errori più comuni partono spesso dalla progettazione e dalla scelta degli elementi da utilizzare: in un misto di “temi evergreen” e criticità più verticali, proviamo a fare il punto su quello che potrebbe nascondersi all’interno di un PDF “non a norma”, una sintesi utile per grafici e creativi ma anche per qualche neofita della prestampa.

Evergreen ma senza “soluzione”

In questa prima parte dell’approfondimento ho raccolto tutti quei temi che, nonostante siano affrontati con cadenza periodica sin dalle scuole secondarie, sono argomenti che suscitano tanta confusione. L’obiettivo è quello di sintetizzare le criticità e offrire spunti di miglioramento, in modo da generare PDF privi da qualsiasi errore elementare.

Crocini, utili ma non indispensabili

Avete presente la schermata di Adobe in cui è possibile selezionare i crocini da inserire nel PDF? Bene, di base questi sono solo segni visivi che non influiscono le geometrie memorizzate all’interno del file. Potreste non metterne alcuno senza pregiudicare il lavoro di prestampa. Di quella sezione è bene sempre inserire le impostazioni di pagina al vivo e, semmai, i soli segni di taglio. I crocini che andranno in stampa molto spesso sono inseriti da software di impositioning, per cui meglio lasciare solo gli essenziali.

Sovrastampa

Croce e delizia degli operatori. Per chi è nel settore da qualche anno, ricorderà il trick da fine anni ‘90 di inserire, per esempio nel nero, 1% di qualsiasi altro colore di quadricromia per forzare la bucatura dei testi. Oggi Adobe ha un pannello dedicato (Attributi) che rende le operazioni elementari, avvertendo anche nel caso in cui la sovrastampa venga applicata a elementi in bianco. Il problema però è avere sempre cognizione di causa è sapere cosa succede quando il file finisce in lavorazione. A salvare il lavoro c’è sempre l’anteprima di output di Acrobat, mai considerata nel suo insieme e che invece è il software “salva grafico” per eccellenza.

Colore: ancora su RGB vs CMYK?

Un evergreen che mai passerà di moda. Potremmo discutere all’infinito sulle altrettante infinite possibilità della gestione colore ma per farla breve sintetizzo con un “parlate sempre con lo stampatore”. I motivi sono semplici: ogni azienda ha un flusso di gestione più o meno allineato agli standard. Fogra39 non è la panacea contro tutti i mali e RGB non è una bestia solo per i dispositivi digitali. A tal proposito, è bene ricordare che la conversione può avvenire a monte, in fase di esportazione PDF oppure prima della stampa. Se poi qualcuno vuole approfondire sul serio, può iniziare su uno speciale di Italia Grafica dedicato al tema.

Colori speciali e livelli

Fustelle, cordoni, stampa a caldo, punzonature. Come fare per indicarle correttamente? In questo caso si può partire da un documento del Ghent Workgroup sul packaging (Processing Steps ndr) che spiega come sarebbe opportuno costruire un PDF ottimizzato. Purtroppo il mondo Adobe non supporta questo genere di esportazioni per cui il consiglio è di affidarsi al buon senso: usiamo i livelli a cui daremo un nome specifico per ogni elemento oltre la stampa. Necessario l’uso di tinte piatte, anche queste con la giusta nomenclatura e con le giuste opzioni di sovrastampa. E se proprio vogliamo evitare incomprensioni, ricordiamoci di specificare le lavorazioni da eseguire in un file di testo oppure seguire i suggerimenti dello stampatore abituale.

Testi: tutto in tracciati ma scordiamoci le modifiche

In molti web to print alla voce Testo risulta l’indicazione della conversione in tracciati o contorni. Questo di sicuro salva le apparenze, soprattutto su qualche RIP che male digerisce alcuni font obsoleti o quelli variabili. Tuttavia gli inconvenienti sono almeno due: il primo, la generazione di migliaia di punti, specie quando il testo è quasi la totalità della copertura grafica. Il secondo è che, almeno con i sistemi più diffusi, è praticamente impossibile procedere ad una correzione, soprattutto in caso di font inusuali o con impostazioni personalizzate di stile. Se possibile, meglio i testi editabili, assicurandosi di includere il font al 100%.

Nuovi sviluppi per nuovi “finti” problemi

In questa sezione vorrei parlare di due aspetti che sono sicuramente sulla cresta dell’onda e che stanno mettendo in crisi grafici e tecnici senza alcuna distinzione. Da un lato il mondo della generazione delle immagini attraverso algoritmi di intelligenza artificiale, dall’altro il mondo Pantone e l’ingresso del servizio a pagamento per l’utilizzo delle tinte nella CC. Entrambi i temi hanno suscitato diverse preoccupazioni negli utenti, proviamo a tranquillizzare gli animi.

AI e Digital Arts: la fine degli artisti?

Sono diverse le piattaforme che riescono a generare immagini inedite attraverso il semplice uso di un prompt di comandi e la campionatura di immagini prese dalla rete. Dall-E, Midjourney e simili stanno riscuotendo molto successo destabilizzando il mondo dei creativi, che vede in questi sistemi una sorta di concorrenza sleale.

«Questione spinosa. L’avvento delle AI Arts di massa segna l’avvio di una stagione critica per la proprietà intellettuale, fagocitando violentemente ruolo e produzione di Artisti e Creators, al limite del plagio e del deepfake. Conflitto di interessi da risolversi con “automatismi” che limitino l’origine dei contenuti ed escludano soprattutto i riferimenti ad autori contemporanei, le fonti marketplace, community portfolio e social portfolio e tutti i soggetti dotati di filigrana». Questo il parere di Massimo Nava, creative strategist, social media expert, digital artist e docente a cui fa eco Marco Lombardo, community manager di Roba da Grafici. «Le immagini prodotte da questi sistemi sembrano avere delle similitudini, soprattutto sui colori molto vividi e saturi. Quale motivo?  I sistemi di immagini generative si sono evoluti seguendo e imparando dalle scelte degli utenti che, statisticamente, sono più propensi nella scelta di immagini con colorazioni sature e vivide. C’è inoltre da specificare che le teorie dei colori che vengono inizialmente insegnate al AI incidono notevolmente sui risultati: ad esempio nella prima versione di Midjourney la contrapposizione di verde e rosso era onnipresente, nella versione 3 il viola è il colore più usato».

Ma quali implicazioni per la stampa? In attesa di capire se queste immagini possono o meno essere utilizzate con finalità commerciali, c’è da dire che spesso contengono tinte fuori dai comuni gamut di stampa (molto oltre se consideriamo lo standard de facto Fogra39), con nessuna specifica colorimetrica e un livello di dettagli che tanto ricorda manipolazioni di ricampionamento eccessive. Ma se le prendiamo per quello che sono, ovvero opere digitali, le criticità si riducono notevolmente: come per un quadro, parliamo di arte che necessita un compromesso tra desiderata e potenzialità della stampa.

Via Pantone dalle librerie Adobe: finalmente

La news del momento è la possibile esclusione delle librerie Pantone da Adobe CC, che permetterà l’integrazione solo attraverso un plugin a pagamento. Partendo dalla personale sensazione che questa sia l’ennesima mossa di Adobe per allontanarsi dal mondo della stampa, a favore di un ecosistema sempre più centrato alla creatività digitale, se si potesse fare il conto di quante incomprensioni ha generato l’utilizzo delle tinte Pantoni, credo che si potrebbe quasi affermare che il fatto che la libreria possa essere epurata da Adobe sia quasi un sollievo. Senza entrare nel merito di chi il colore lo sceglie a video (pretendendo una riproduzione fedele in stampa) le librerie Pantone all’interno della CC sono per lo più utilizzate come riferimenti cromatici. Tuttavia, per mancanza di aggiornamenti puntuali e costanti, spesso sono oggetto di diverse incongruenze sia nella loro selezione sia nell’eventuale conversione in quadricromia.

Alzi la mano, infatti, chi almeno una volta nella sua vita non ha trovato un Pantone di una libreria differente rispetto all’output richiesto o, peggio, diverse percentuali dei quattro colori nella fase di matching con i RIP. Una tendenza che potrà solo peggiorare, visto i tools messi a disposizione da Pantone.

Per questo, da operatore di prestampa, non sono affatto dispiaciuto che l’utilizzo delle tinte possa diventare un’esclusiva in abbonamento, per buona pace dei creativi che dovranno usare sistemi aggiornati e imparare a comunicare anche nella lingua di chi il prodotto deve stamparlo. Le conversioni poi, lasciamole fare a chi ha cognizione di causa, dando fiducia al proprio stampatore ed evitare di girovagare per la sala stampa con uno smartphone come riferimento cromatico universale.

C’è tanto altro ma…

Dalle innovazioni tecnologiche c’è sempre da aspettarsi di tutto e se parliamo di AI e Pantone, posso solo immaginare quale sarà il trend dei prossimi file inviati in stampa. Si aggiungeranno alle tematiche di sempre, aumentando complessità e commistione di errori che renderanno difficile anche solo definire l’ambito preciso su cui intervenire. Gli automatismi aiutano, certo, ma ho imparato ad aspettarmi tutto dai grafici: sono una razza creativa e, a volte, la creatività riesce a dare nuove prospettive anche quando si tratta di esportare un file per la stampa. Per me, una palestra continua dove allenarmi.

Grafox e HP, binomio vincente all’insegna della sostenibilità

Grazie alla tecnologia Latex di HP l’azienda, protagonista nel campo della stampa digitale e degli allestimenti, potrà rispondere alle richieste in termini di sostenibilità, qualità e diversificazione dell’offerta.

Oggi HP è arrivata alla quarta generazione della tecnologia Latex, che consente di perfezionare sempre di più gli aspetti legati alla sostenibilità, oltre a migliorare gli elementi di qualità dei processi e dei prodotti. HP sta inoltre lavorando con il massimo impegno sui processi di produzione, nell’ottica di una piena sostenibilità perché ecologico non significa solo avere una stampa che non rilascia odore ed emissioni nocive, ma riguarda l’intero processo, che parte dalla produzione della stampante, della cartuccia, dell’inchiostro, della stampa e arriva, infine, al prodotto finito.

Grafox nasce nel 1993 con il nome di Graphos, agenzia di prestampa che nel tempo si afferma sul territorio per l’affidabilità e la qualità dei prodotti offerti. Nel 2006, in seguito a un ampliamento della società, diventa Grafox proseguendo nel percorso di specializzazione e promuovendo investimenti nella tecnologia, introducendo la stampa digitale su supporti rigidi e flessibili, realizzando profilati in alluminio per strutture pubblicitarie, soluzioni innovative per la promozione aziendale in ambito fieristico e personalizzando gli spazi di vendita e arredo d’interni. Dal 2018 realizza un coworking che unisce le competenze e le esperienze lavorative di diverse aziende qualificate e specializzate in progettazione, stampa 3D e design. La ricerca, gli investimenti e la lungimiranza fanno oggi di Grafox una delle realtà più solide del suo settore, con oltre quaranta dipendenti, una sede di cinquemila metri quadrati dotata di moderni macchinari e un ampio portfolio clienti.

Alla base degli obiettivi di Grafox risiedono oggi importanti principi e criteri di sostenibilità che guidano le scelte dell’azienda.

«Forse non ne eravamo così consapevoli come lo siamo oggi, ma la nostra scelta sostenibile di avvalerci della tecnologia HP Latex, affonda le sue radici nel 2015 quando il tema del rispetto dell’ambiente non era salito alla ribalta come oggi. Una tecnologia che prende il nome dalla sua componente principale ovvero l’ecologico lattice, inchiostro latex composto da acqua, pigmenti e polimeri di lattice» ha affermato il co-fondatore Grafox, Andrea Lupatelli.

La corporate social sustainability è parte dei temi corporate HP già a partire dal 1957 ed è nel 2008 che l’azienda introduce sul mercato la prima generazione della tecnologia Latex, oggi alla quarta generazione, con un vantaggio competitivo che nel 2020 ha portato HP ad essere riconosciuta tra le aziende più sostenibili al mondo.

Grafox ha deciso di rilanciare la propria “attitudine” green avvalendosi della stampante HP Latex R2000 PLUS, che consente di stampare su una vastissima gamma di supporti, rigidi e flessibili, con una tecnologia ecosostenibile grazie all’inchiostro ad acqua, ad una cartuccia realizzata in cartone anziché in plastica e con un ciclo produttivo – dalla stampa fino al prodotto finito – che non rilascia odore ed emissioni VOC, ovvero composti organici volatili, responsabili di molta parte dell’inquinamento ambientale e dannosi per l’ozono e per l’aria che tutti respiriamo. Senza dimenticare il conseguente riciclo del prodotto stampato che la tecnologia HP Latex assicura poiché non impatta e non modifica le caratteristiche originarie del prodotto.

HP Latex non è solo sinonimo di sostenibilità, ma anche di qualità e varietà di soluzioni, e offre importanti vantaggi come ad esempio la resistenza del bianco lucido, che non ingiallisce nel tempo. Colori brillanti, bianco più lucido ad alta opacità, inchiostri inodore, anima green e flusso di lavoro efficiente sono le caratteristiche che HP Latex R2000 assicura e che stanno ottenendo un forte consenso anche nei settori del fashion, luxury e retail.

Grafox, grazie a questa scelta, potrà così progettare insieme ai clienti più sensibili all’argomento un prodotto considerandone l’impatto ambientale dal momento della sua creazione, valutando ex ante la sua riciclabilità e il suo riutilizzo.  Amplierà inoltre la propria offerta di applicazioni, potendo rafforzare sia le precedenti soluzioni con una connotazione green (banner, vinili, poster) sia utilizzare nuovi materiali di stampa (tessuti, vetro, legno, giocattoli, pelli, cuoio) che potranno incontrare le esigenze più creative e diversificate del cliente che desidera puntare alla qualità senza rinunciare alla sostenibilità e all’attenzione per l’ambiente.

Sempre in ambito sostenibilità, Grafox è impegnata nella realizzazione del progetto Grafox Xchange dedicato alla creazione di una nuova divisione aziendale attenta all’impatto ambientale, attraverso investimenti in macchine per la stampa con inchiostri a base d’acqua HP Latex e l’introduzione nel proprio catalogo prodotti di una serie di supporti, rigidi e flessibili che sono interamente riciclabili o che provengono da prodotti riciclati così da ridurre il proprio impatto ambientale rispetto alla catena di produzione.

Koenig&Bauer, efficienza energetica nella stampa e nel packaging

Koenig&Bauer lancia una soluzione digitale specifica per raccogliere e visualizzare i dati del consumo di energia di un’azienda consentendo così di risparmiare riducendo i costi aziendali e di produzione.

Il cambiamento climatico, la scarsità di risorse e gli alti prezzi dell’energia stanno inviando un chiaro messaggio: la sostenibilità non è solo una questione di responsabilità sociale, ma anche un fattore economico molto rilevante. Di conseguenza, Koenig&Bauer offre ai suoi clienti uno strumento digitale personalizzabile per aiutarli a risparmiare energia e a ridurre i costi: un vero e proprio sistema di gestione dell’energia ottimizzato sviluppato specificamente per l’industria della stampa e del packaging.

La sostenibilità come sfida sociale

«La sostenibilità è la più grande sfida del nostro tempo» afferma Andreas Pleßke, CEO di Koenig&Bauer. «E come azienda la cui storia risale a più di 200 anni fa, abbiamo naturalmente anche una responsabilità nei confronti delle generazioni future». Oltre allo sviluppo di macchine ad alta efficienza energetica, Koenig&Bauer sostiene da anni l’uso di materiali di consumo ecologici e di substrati di stampa biodegradabili. Quando si cerca di ridurre le emissioni di anidride carbonica, tuttavia, è opportuno considerare i requisiti energetici dell’intero impianto di produzione, dalle attrezzature dell’officina ai servizi e agli impianti di tutto l’edificio.

Risparmio energetico: come fare

Le tecnologie digitali facilitano la registrazione e la visualizzazione dei dati sul consumo energetico e, di conseguenza, la realizzazione del potenziale di risparmio. La nuova soluzione di gestione energetica di Koenig&Bauer ottimizza queste funzioni per rispondere alle esigenze specifiche dell’industria della stampa e dell’imballaggio.

L’elemento centrale di ciò è il sistema VisuEnergy X, che elabora automaticamente i dati dei contatori in entrata per presentarli in modalità chiaramente strutturate e personalizzabili. VisuEnergy X registra il consumo di tutte le apparecchiature collegate, lo analizza in relazione alla produzione e calcola i parametri specifici per ogni lavoro, come il consumo energetico per 1.000 fogli. È possibile aggiornare il sistema inserendo oltre ai dati energetici altri parametri rilevanti per la produzione come la temperatura e l’umidità.

I tre elementi della soluzione di gestione energetica di Koenig&Bauer – la registrazione automatica dei dati dei contatori, la visualizzazione dei risultati dell’analisi e l’elaborazione di misure appropriate in risposta, accompagnate da una consulenza energetica professionale – consentono di rendere la produzione decisamente più efficiente. «VisuEnergy X consente ai nostri clienti di ottenere risparmi energetici sostenibili in media del 7-10%, già dal primo anno», afferma Michael Billa, product owner per la digitalizzazione di Koenig&Bauer.

Tutto segue un percorso preciso: sostenibilità e digitalizzazione sono due dei tre obiettivi chiave che Koenig&Bauer ha posto al centro delle attività aziendali nell’ambito della strategia di gruppo “Exceeding Print”, unendo così la sfida più grande e il motore principale dei nostri tempi.

RGB o CMYK, con quale è meglio lavorare?

Per alcuni tecnici delle arti grafiche può sembrare una domanda retorica, ma a quanto pare dopo aver ascoltato molte persone durante i meetup organizzati da Arti Grafiche Stampa e Web, abbiamo capito che nella comunità dei creativi, grafici e delle agenzie di comunicazione c’è ancora incertezza sull’argomento. Se si pone la domanda sul web a Google, le risposte si contano a centinaia e nei vari forum delle comunità o dei gruppi dedicati alla creatività e al design, capita spesso di leggere pareri contrapposti che disorientano. La risposta che abbiamo trovato sul sito web del compianto Mauro Boscarol è priva di incertezze: nel flusso di lavoro, è importante conservare i dati RGB quanto più è possibile, e fare la separazione in CMYK il più tardi possibile ossia prima di mandare gli elaborati in stampa quando si è certi della tecnologia e del substrato che si utilizza.

Il gruppo MeetUp (Arti Grafiche Stampa e Web) coordinato da Renato Gelforte supera i 1500 membri e ha organizzato 103 incontri in 4 anni. In particolare questo tema specifico ha coinvolto tre esperti del settore: Giovanni Daprà, che si occupa di organizzazione della prestampa e stampa, Manuel Rosini docente di informatica, computer grafica e web presso l’Università Europea del Design di Pescara e Mauro Lussignoli consulente nell’ambito delle applicazioni di stampa.

L’incontro in diretta è in visibile in versione registrata su (https://youtu.be/45A9g1IkIkI), e ha messo in luce altri aspetti del flusso di lavoro che talvolta vengono ritenuti superficiali o marginali mentre sono fondamentali e ineludibili, tra i tanti pilastri segnaliamo quelli su cui c’è ampia convergenza di pareri:

1) La correzione del colore si attua solo in metodo colore RGB;

2) Per la conversione in CMYK si utilizza il profilo colore fornito dallo stampatore (non facile da ottenere) o i profili a norma (possibilmente aggiornati);

3) Dopo la conversione colore (da RGB a CMYK ) non si deve intervenire sul file per la correzione colore. Se si fa si deve essere consapevoli che si alterano i canali colore rendendoli disomogenei, di conseguenza si interferisce sulla qualità della stampa.

Il dibattito al termine della presentazione ha fatto emergere degli argomenti che hanno generato un confronto tra i presenti. Alcuni di loro hanno evidenziato che il brand owner, talvolta non informa il grafico o l’agenzia in merito allo stampatore e neppure con quale tecnologia verrà stampato l’elaborato. Succede che sia lo stesso stampatore a non fornire le specifiche, vuoi perché talvolta si interloquisce con dei broker di stampa e non direttamente con il grafico.

A tale affermazioni i tre esperti sono consapevoli che non sempre si hanno tutte le informazioni, in molti casi per negligenza in altri per mancata conoscenza della loro importanza. Una cosa è certa, le informazioni ci sono sicuramente in quanto nessun cliente assegna una commessa se non ha un preventivo in mano dove sono riportati il numero dei colori, la tipologia di substrato (carta, film, ecc.), la tiratura, i tempi di consegna, ecc.

Federazione Carta e Grafica, serve attenzione su riciclo carta, tracciabilità rifiuti e rifiuti industriali

“La carta è il materiale per eccellenza dell’economia circolare e il settore esorta la politica a valutare con attenzione la portata di alcune misure che, al fianco di molte altre che supportiamo, caratterizzano il decreto ‘correttivo’ in discussione in Parlamento con cui si aggiorna quello precedente del 2020 di attuazione delle più recenti direttive UE sui rifiuti e sugli imballaggi”. Lo afferma il direttore della Federazione Carta e Grafica, Massimo Medugno, a margine dell’audizione svolta oggi sul ‘correttivo’ nella Commissione Ambiente del Senato.

“Il ‘correttivo’ – ha detto Medugno in audizione – sembra incentivare pratiche tese al conferimento nell’organico della carta in quanto biodegradabile. Segnaliamo che nella pratica può derivarne una deviazione dei flussi di carta da imballaggio (e delle frazioni merceologiche similari) dall’attuale circuito virtuoso della raccolta e del riciclo di carta e cartone. Lo scorso anno circa 6 milioni di tonnellate di carta sono state riciclate dagli stabilimenti italiani (12 tonnellate al minuto) e nell’imballaggio in carta il riciclo supera ormai l’80%. Un sistema, dunque, che funziona e che andrebbe semmai ulteriormente sostenuto in Italia.

Ed anche in Europa. Qui la modalità del riutilizzo, con la nuova proposta UE sugli imballaggi presentata lo scorso 30 novembre, diventa un’impostazione aprioristica e non fondata su dati ambientali, vanificando politiche ambientali e industriali in corso da decenni. “Il riciclo è inclusivo e non discriminatorio, conciliando protezione e mercato interno fatto da 500 milioni di abitanti” mette in evidenza Medugno. La proposta, di fatto, non riguarda solo il riutilizzo, ma esso ne costituisce il tratto più caratterizzante ed è quello che ha indotto l’Italia e l’industria italiana (e non solo) ad esprimere delle critiche non contro il riutilizzo, ma a favore del riciclo.

In vista dell’inizio della discussione politica sulla proposta, Confindustria e le associazioni confindustriali hanno segnalato la necessità di seguire un approccio ambizioso agli obiettivi di sostenibilità, ma di evitare impostazioni arbitrarie e in grado di minare quanto costruito con gli investimenti industriali in materia di economia circolare degli imballaggi negli ultimi decenni. La proposta della Commissione Europea in materia di imballaggi appare viziata da un pregiudizio e cioè che il riutilizzo sia meglio del riciclo.

Nella ristorazione e nei servizi collettivi (applicazioni che appaiono più penalizzate nell’imposizione del riutilizzo) il riutilizzo impatta sul consumo di acqua e di detersivi, sul trasporto, sui consumi energetici e sul peso degli stessi imballaggi che torneranno ad essere pesanti per resistere e, quindi, persistere nell’ambiente.

Altri temi indicati dalla Federazione come centrali: “Il sistema dei Consorzi già ottempera alla tracciabilità dei flussi. Pertanto riteniamo che l’iscrizione obbligatoria al RENTRI per i Consorzi non abbia ragione di sussistere e se ne chiede la cancellazione per evitare una duplicazione di oneri burocratici rispetto all’efficace sistema tracciabilità già esistente”. “Attenzione infine – ha concluso Medugno – “alla norma del ‘correttivo’ che di fatto sottoporrebbe nuovamente i rifiuti prodotti nelle superfici di lavorazione industriale ai prelievi comunali sui rifiuti. Una norma che, se confermata, andrebbe in controtendenza con le giuste aperture al mercato degli ultimi anni”.