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Smurfit Kappa Italia e Mapei, sostenibilità all’insegna delle mele

Smurfit Kappa Italia ha realizzato un’originale confezione per il gadget scelto da Mapei e dedicato al nuovo prodotto Mapestone GR-ECO a base di fibre naturali provenienti dagli scarti di mela.

Una mela simbolo dell’impegno di due grandi aziende a sostegno della sostenibilità. Il gruppo Mapei – uno tra i maggiori produttori mondiali di prodotti chimici per l’edilizia – ha richiesto infatti a Smurfit Kappa Italia – multinazionale protagonista del packaging a base carta – la realizzazione di un gadget dedicato al nuovo prodotto Mapestone GR-ECO, presentato a Marmomac 2022, la fiera del marmo e della pietra naturale. Si tratta di una malta per pavimentazioni architettoniche filtranti e autorigeneranti formulata senza cemento e calce idraulica, ma con fibre naturali provenienti dagli scarti di mela e aggregati minerali. Questo permette di abbattere del 95% le emissioni di anidride carbonica rispetto ai fuganti tradizionali. Da qui l’idea di offrire una mela come gadget ai clienti e ai visitatori dello stand Mapei, in una confezione originale, personalizzata ma soprattutto sostenibile in linea con i valori del prodotto.

La scelta del fornitore è andata a Smurfit Kappa Italia, che ha saputo rispondere alle esigenze creando un packaging esclusivo attingendo all’ampia gamma di vassoi e contenitori della gamma Safe&Green, 100% a base carta, biodegradabili, riciclabili e facilmente smaltibili, certificata per contenere prodotti alimentari. In tempi brevissimi (meno di un mese) i designer dell’Experience Centre italiano con sede a Pastrengo e i tecnici dello stabilimento di Orsenigo sono riusciti a realizzare il packaging adatto dai punti di vista funzionale, comunicativo e valoriale, molto efficace nel trasmettere un contenuto di sostenibilità e attenzione all’ambiente. E questo grazie anche a Design2Market, il servizio riservato ai Top Customer di Smurfit Kappa Italia che permette di realizzare una campionatura industriale di una nuova soluzione di packaging con la possibilità di testarla e perfezionarla prima del lancio sul mercato.

Il risultato sono 2.000 confezioni cubiche in cartoncino teso a base di fibra vergine idoneo al diretto contatto con le mele, con chiusura autobloccante e appiglio a forma di foglie per poter prendere e spostare agevolmente l’imballo. Una delle facce è aperta per lasciar intravedere la mela, mentre gli altri lati ospitano la comunicazione di brand e di prodotto. Per la stampa sono stati utilizzati inchiostri e vernici (superlucida e opaca) a basso odore e bassa migrazione in linea con l’approccio “total food contact” che lo stabilimento di Orsenigo ha adottato per garantire la sicurezza alimentare delle proprie produzioni. La forma squadrata permette inoltre un facile stoccaggio all’interno di scatole più grandi ottimizzando così la logistica. Il gadget Mapei mette in risalto le varie qualità del cartoncino: versatilità, efficacia nella comunicazione, capacità di stampa a più colori e, aspetto più importante, il suo minimo impatto ambientale.

“In poco tempo e con la collaborazione mirata al risultato dei rispettivi gruppi, abbiamo realizzato questo piccolo gadget per promuovere il lancio di Mapestone GR-ECO con lo scopo di comunicare, attraverso il packaging, che il prodotto contiene fibre di mela, rendendolo quindi sostenibile – spiega Donatella De Mattei, corporate packaging&technical literature manager di Mapei –. Il progetto creativo, inevitabilmente, doveva prendere spunti dal settore alimentare per la natura del prodotto contenuto. Abbiamo quindi indagato su un cartoncino che fosse compatibile e che valorizzasse l’elemento chiave del prodotto stesso: la mela. La collaborazione con un fornitore leader, attento alla sostenibilità e capace di assecondare esigenze specifiche in tempi stretti è stata vincente. La scelta cromatica insolita ma molto attuale del Veri Peri, il colore Pantone 2022, l’uso di una fustella particolare che mostra il prodotto e culmina con la simulazione di una foglia, la riduzione essenziale dei testi che valorizza i loghi dei gruppi di lavoro congiunti ci ha permesso di concentrare la comunicazione in poco spazio con un risultato finale gradevole e inconsueto per il lancio di un una malta premiscelata, priva di cemento, pronta all’uso. Siamo molto soddisfatti da quanto ottenuto, a conferma della nostra propensione alla sostenibilità non solo di prodotti e contenitori, ma anche per la scelta dei gadget promozionali”.

“Un piccolo gadget ma di grande soddisfazione – commenta Gianluca Castellini CEO di Smurfit Kappa Italia – sia perché segna una partnership con una eccellenza come Mapei, sia perché ci permette di mostrare tutti i vantaggi dei materiali a base carta che, oltre ad essere biodegradabili e riciclabili, si rivelano molto versatili ed efficaci nella comunicazione di prodotto e di brand. È una collaborazione che si fonda sulla condivisione di valori, come la ricerca continua di soluzioni amiche dell’ambiente; è una commessa che ci ha permesso di mostrare la flessibilità e l’efficienza dei nostri team e dei nuovi strumenti, come Design2Market, per essere sempre più vicini ai nostri clienti e supportarli nel loro percorso verso prodotti e processi sempre più sostenibili”.

Acimga, trainato dall’export fatturato macchine per stampa e grafica in forte crescita

Le aziende associate ad Acimga (Associazione dei costruttori italiani di macchine per il printing ed il converting) sono ottimiste anche per il quarto trimestre 2022.

Un settore finora “immune” alla crisi congiunturale politico-economica ed energetica e con prospettive ottimistiche anche per il quarto trimestre. È questo in sintesi il quadro delineato dal centro studi di Acimga; i dati, infatti, sono caratterizzati da performance positive sia nei 9 mesi 2022, sia soprattutto nel terzo trimestre. Di seguito i principali highlights:

Primi 9 mesi 2022 (gennaio – settembre)

  • fatturato a 2.208 milioni di euro, in crescita del 9% rispetto allo stesso periodo del 2021;
  • ordini in crescita del 10,9% rispetto allo stesso periodo del 2021 (+4,4% gli ordini interni, +12% gli ordini esteri).

     

    Terzo trimestre 2022 (giugno – settembre)

  • fatturato a 808 milioni di euro, in crescita del 30,3% rispetto al terzo trimestre 2021;
  • ordini in crescita del 31,5% rispetto al 3Q2021, con forte accelerazione nei mercati esteri (+43,8%) e una buona performance anche sul mercato interno (+5,8%).

    “La filiera delle aziende costruttrici di macchine per la stampa e la grafica sta vivendo un esercizio nel segno della crescita, con una previsione di ordini che testimonia la valenza delle tecnologie italiane nei mercati internazionali” è il commento di Enrico Barboglio, direttore generale di Acimga, che sottolinea inoltre come “i nostri associati si dicono ottimisti anche per il quarto trimestre, nel quale non prevedono impatti rilevanti nè dalla crisi energetica né dall’andamento dell’inflazione”.

Assemblea d’autunno Gifasp, per il 2021 il bilancio è positivo

L’Assemblea d’autunno Gifasp si è svolta il 7 novembre 2022 a Bologna, con una massiccia partecipazione delle aziende associate, sia cartotecniche sia fornitrici dell’industria. Dopo una breve introduzione ai lavori da parte del presidente Gifasp Alessandro Tomassini, si è passati alla relazione economico finanziaria presentata da StudiaBO e desunta dall’analisi degli ultimi bilanci delle principali aziende del settore, che ha evidenziato nel 2021 un fatturato medio settoriale in aumento (+9,9%), nonostante questo si sia dimostrato per una volta meno dinamico della media manifatturiera (in forte rimbalzo positivo). Il trend degli ultimi dieci anni mostra comunque che il settore degli astucci è cresciuto moderatamente di più dell’industria manifatturiera, tranne appunto nel 2021. Il settore astucci, in sostanza, si conferma “aciclico” (più resiliente ai cicli negativi) e nel medio periodo più dinamico della media manifatturiera. Nell’analisi dell’evoluzione del fatturato per comparto, quello cosmetico è risultato essere il più dinamico nel 2021 (+18.4% dopo le penalizzazioni del 2020); il general packaging ha anch’esso sperimentato crescite a due cifre percentuali, mentre il farmaceutico si è fermato al +4.2%.

Al fine di offrire nuovi spunti di riflessione e aiutare maggiormente le aziende associate a realizzare un benchmark di settore per facilitare il miglioramento delle proprie performance, quest’anno è stata realizzata una analisi imprese “best performers” tra il campione esaminato nel periodo 2016-2021, considerando specifici indicatori economico-finanziari. Da tale analisi è stato isolato un gruppo di 17 imprese “best performers”, caratterizzate da livelli di performance significativamente superiori alla media del settore per tutti gli indicatori considerati. Tale gruppo appare trasversale alle due tipologie di raggruppamenti (merceologico e dimensionale) considerati nello studio, segnalando l’esistenza di altri fattori competitivi in grado di assicurare performance economico-finanziarie ampiamente al di sopra della media del settore.

Prosegue con successo la Campagna Two Sides anti-greenwashing

Dall’inizio della campagna nel 2010, Two Sides ha sfidato con successo oltre 970 organizzazioni che hanno diffuso messaggi di greenwashing al consumatore, dannosi per tutta la filiera della carta e della stampa.

Banche, fornitori di telecomunicazioni, società di servizi pubblici e persino organizzazioni governative sono, infatti, sempre più concentrati sul passaggio dei propri clienti dai servizi cartacei a quelli digitali per ridurne i costi.

Troppo spesso le comunicazioni con i clienti tentano di mascherare questi sforzi di riduzione dei costi, giustificando tale passaggio con appelli di marketing ambientale infondati come “Go Green – Go Paperless” e “Scegli la fatturazione elettronica e aiuta a salvare un albero”. “Non solo queste affermazioni costituiscono attività di greenwashing che violano le regole di marketing ambientale, ma sono enormemente dannose per un settore che ha un record ambientale solido e in continuo miglioramento”, afferma Massimo Ramunni, Country Manager di Two Sides Italia. “Lungi dal ‘salvare alberi’, una filiera virtuosa per i prodotti forestali come quella cartaria incoraggia la crescita a lungo termine delle foreste attraverso una gestione forestale sostenibile. Molte delle organizzazioni con cui ci impegniamo sono sorprese nell’apprendere che le foreste europee sono effettivamente cresciute di 1.500 campi da calcio ogni giorno” spiega Ramunni. “Resta fondamentale l’attività di monitoraggio sul greenwashing per garantire che le perfomances ambientali della filiera cartaria siano riconosciute e che i dipendenti del comparto non siano danneggiati da marketing fuorviante e non supportato da dati scientifici” dice Ramunni.

Una recente ricerca in Europa, condotta da Two Sides e Censuswide nel 2021, ha rilevato che solo in Europa il greenwashing minaccia la perdita di 337 milioni di euro di valore all’anno per l’industria della carta e della stampa e della corrispondenza, una filiera che in Europa impiega 1.096.000 addetti. “In Italia” conclude Ramunni “la filiera della carta e della stampa produce annualmente circa 23 miliardi di Euro con un peso sul PIL dell’1,3%”. Il team di Two Sides a livello italiano ed europeo è grato per la collaborazione delle centinaia di organizzazioni che hanno cambiato o eliminato le affermazioni di greenwashing dai loro messaggi, e ringrazia gli stakeholder del settore e i consumatori che hanno segnalato esempi di greenwashing. Two Sides continuerà a sfidare attivamente il greenwashing nell’interesse di tutta la filiera della carta e della stampa.

Vanguard Europe, inaugurata la nuova sede a Bressanone

All’interno dell’innovativo Durst Kraftwerk è stata ufficialmente inaugurata la nuova sede di Vanguard Europe, filiale europea della statunitense Vanguard Digital Printing Systems, acquisita da Durst Group nel 2020, e protagonista in America con una produzione di oltre 200 sistemi di stampa digitale all’anno. All’interno degli oltre 5.300 mq del Durst Kraftwerk, adiacente all’headquarter Durst di Bressanone, trovano ora spazio la sede centrale, gli impianti produttivi e il nuovo Customer Demo Center di Vanguard Europe.

Forte di un consolidato know how a livello globale, Vanguard Europe punta a diventare protagonista nei mercati entry e mid-level della produzione di sistemi di stampa digitale flatbed e UV per settori quali segnaletica, decorazione, corporate, industria e imballaggio, replicando i successi di vendita della casa madre americana. Dalla sua costituzione, meno di un anno fa, sono già state effettuate più di 25 installazioni in tutta Europa.

La guida di Vanguard Europe è affidata a Fabian Sottsas (a destra nella foto), che vanta un’esperienza ventennale all’interno del Gruppo Durst, dove ricopre anche il ruolo di Chief of Staff. Al suo fianco Yiannis Apostolidis, business development director, che insieme al nuovo team lavorerà a stretto contatto con partner e rivenditori, ponendo grande enfasi sul servizio e sulle relazioni con i clienti.

L’attività di Vanguard Europe è partita subito con grande slancio, in linea con l’obiettivo di far crescere organicamente l’azienda grazie alla collaborazione tra il team interno, i rivenditori e i distributori”, ha dichiarato Sottsas. “Da sempre alla base della nostra attività c’è la passione per l’avanguardia tecnologica. Con Vanguard puntiamo a sviluppare sempre di più il nostro business al fianco dei clienti entry e mid-level, a cui proponiamo sistemi di stampa digitali flatbed e UV progettati in America e assemblati in Europa, con la garanzia del Gruppo Durst”. “Vanguard Digital Printing Systems, infatti, è nata negli Stati Uniti solo 7 anni fa, ma è cresciuta esponenzialmente in pochissimo tempo fino a diventare leader di mercato. Un successo che vogliamo replicare anche in Europa, dove abbiamo già in programma importanti novità”, ha aggiunto Apostolidis.

Per un’agenda comune sul caro energia e sulla transizione ecologica

Gli impatti del “caro energia” e della recente direttiva imballaggi sulla filiera della carta e della stampa e trasformazione oggetto della lettura congiunta inviata ai Ministri dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, delle Imprese e del Made in Italy, del Lavoro e delle Politiche Sociali dalle organizzazioni datoriali e sindacali.

La filiera della carta, della stampa e della trasformazione insieme a CGIL-SLC, FISTEel-CISL, UILCOM e UGL Chimici hanno inviato in questi giorni una lettera congiunta con una agenda condivisa dalle parti sociali, ai Ministri dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, delle Imprese e del Made in Italy, del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Obiettivo della lettera la condivisione di una agenda comune tra organizzazioni datoriali e OO.SS. sul tema del caro energia e della transizione ecologica.

“A rischio occupazionale” affermano le organizzazioni datoriali e sindacali nella lettera “una filiera essenziale e competitiva che esprime un valore di 22 miliardi di € di fatturato (1,2% PIL), generato da circa 160.000 addetti diretti in 16.600 imprese. Una filiera che produce imballaggi per medicine, per alimenti e mangimi (primari e di trasporto), a catene di approvvigionamento cruciali in Italia ed Europa con una forte attenzione alla sostenibilità ambientale e all’economia circolare tanto da raggiungere il tasso di riciclo dell’85% negli imballaggi di carta con anticipo rispetto all’obiettivo UE (dell’85% al 2030).

Un quadro di partenza complessivamente positivo, che rischia però ora di compromettersi irrimediabilmente se non si prende urgentemente atto di uno scenario radicalmente mutato, con la necessità di azioni indispensabili nel breve e medio termine sul caro energia ma anche sulla bozza di revisione a livello UE della normativa sugli imballaggi, che punta al riuso piuttosto che al riciclo.

Un rischio concreto sia nell’attività di produzione della carta (un settore energivoro e quasi integralmente consumatore di gas e quindi oggi in una situazione competitiva di forte svantaggio rispetto ai produttori di altri Paesi europei), sia in quella della stampa (editoriale e commerciale) e della trasformazione, dalla produzione di scatole in cartone ondulato a quella di astucci, sacchi, shopper, etichette, tubi, packaging flessibile (che deve far fronte a uno straordinario rincaro della principale materia prima, oltre che di tutti gli altri propri fattori produttivi).

L’Italia ha introdotto alcune misure importanti e bisogna darne atto al Governo italiano che, di trimestre in trimestre, ha trovato risorse consistenti per affrontare il “caro energia” tramite il credito d’imposta, che dev’essere mantenuto e consentito di utilizzare fino a giugno 2023.

Molto importante anche la recente modifica alla Gas Release introdotta dal Governo il 4 novembre che ne estende l’applicazione. Importante che venga resa disponibile ai settori gasivori ad un prezzo ragionevole e che esso non venga fissato ad un livello minimo con una norma primaria. “Diversi interventi strutturali vanno negoziati ed ottenuti in Europa. Su questo obiettivo il nuovo Governo dovrà essere fortemente focalizzato. In particolare” secondo le organizzazioni datoriali e sindacali della filiera della carta, della grafica e della trasformazione “è necessario sostenere:

– un price cap riguardante le forniture di gas in Europa;
– una riforma del mercato elettrico, che preveda, come primo passo, il disaccoppiamento tra prezzo dell’elettricità e prezzo del gas;
– una maggiore regolamentazione del TTF, come una vera borsa;
– una sospensione e una revisione del sistema ETS, che eviti pressioni speculative;
– infine, ma non meno importante, una vera transizione ecologica, che consideri il tema energia sotto il profilo dell’autonomia e della sovranità europea, accelerando sì verso le fonti rinnovabili, ma senza dimenticare mai le esigenze specifiche dell’industria e della manifattura di ciascun Paese”.

“Con riferimento la transizione ecologica è forte il timore” si legge nella lettera “che gli investimenti fatti in materia di Economia Circolare (e quelli prossimi anche in sede di PNRR) vengano vanificati senza vantaggi in termini ambientali, ma con un impatto certo sotto il profilo sociale. L’Italia è un paese trasformatore e industriale. Se non ci saranno misure strutturali, la perdita di competitività e di mercati da timore diventerà, purtroppo, una prospettiva concreta. Con significativi impatti anche sulla sostenibilità ambientale (l’attività di riciclo) e con una recrudescenza del cosiddetto “dumping ambientale” (a Paesi extra europei come Turchia e Cina)”.

Calendario Epson 2023, protagonista la gentilezza

Si rinnova il consueto appuntamento del Calendario Epson giunto quest’anno alla sua 23esima edizione nella nuova Collezione dedicata all’Illustrazione e curata da Gianluca Folì, illustratore e art director della collana. Protagonista di quest’anno è il tema della gentilezza, raccontata da piccoli gesti che emergono nelle tradizioni e culture di tutto il mondo con la poesia caratteristica della cifra stilistica dell’artista italo-thailandese Elisa Macellari.

Le 12 tavole del Calendario 2023 “Forms of kindness” esprimono con delicatezza come la gentilezza prenda forma in luoghi e tempi diversi, raccontando l’attenzione per gli altri che non conosce confini geografici e culturali. Un’attenzione che genera compassione ed empatia e che, grazie alla vitalità dei colori e alla potenza del tratto, prende vita nei riti che celebrano momenti di transizione nelle tradizioni culturali presenti in tutto il mondo. È un modo per celebrare un momento di passaggio vissuto a stretto contatto con l’ambiente, con la storia, con l’altro e con noi stessi. Le scene ricche di visi, persone, abiti tradizionali, raccontano il Capodanno, il Carnevale di Venezia, il solstizio, la luna piena, la fioritura, la rigenerazione e in ognuna di esse si riconosce il sapiente uso cromatico e il segno narrativo che descrivono i grandi eventi che si rincorrono nel corso dell’anno, nel mondo: immagini caratterizzate da un’alternanza di colori pieni ora vivaci ora delicati che richiamano un mondo ludico e fanciullesco, con un’aura di magia.

Elisa Macellari, autrice del calendario Epson 2023

“In questo lavoro – afferma Elisa Macellari – ho cercato di far emergere una qualità umana di cui sento particolare bisogno in questo momento storico. E ho cercato di farlo con vitalità e colore per coinvolgere l’osservatore, per farlo partecipare con empatia alle scene illustrate”.

Abbiamo bisogno della gentilezza

“Con le sue illustrazioni – spiega Massimo Pizzocri, amministratore delegato di Epson Italia – Elisa Macellari apre una finestra sul mondo: dalle tavole emerge un’aria di festa grazie a un’armonia di forme e colori. Ma soprattutto quello che comunica con straordinaria potenza è soprattutto il tema della gentilezza che seppure espresso in forme minime e sommesse ci arriva forte e chiaro in un momento in cui proprio questo messaggio è importante per la quotidianità di tutti noi. Epson, dal canto suo, ha supportato la creatività di Elisa grazie alla tecnologia di stampa che ha saputo riprodurre fedelmente la bellezza di queste creazioni”.

“Elisa Macellari – commenta Gianluca Folì, art director della Collana dei Calendari Epson dedicata all’illustrazione – interpreta la terza edizione del Calendario Epson con il suo linguaggio ricercato, esotico, contemporaneo. È un viaggio che passa attraverso grandi eventi mondani sparsi per il mondo, ma che al contempo sono uniti da un unico elemento. Questo elemento che sa scorrere nel tempo, Elisa ci invita a cercarlo, grazie al sapiente uso cromatico e al ritmato segno narrativo, scoprendolo finalmente nel dettaglio che sta dietro ogni persona, ogni evento, ogni elemento della composizione: la gentilezza”.

Dal digitale alla carta fine art per un risultato che esalta il lavoro di Elisa Macellari.

Opificio Arte Stampata ha utilizzato due stampanti Epson SureColor SC-P7500 per trasformare in stampe originali su carta fine art le tavole disegnate in digitale da Elisa con Procreate e Photoshop. Sono stati necessari più di tre mesi di lavoro per stampare ben 10.400 fogli in formato A3+ nei quali l’ampia gamma colore ottenibile con gli inchiostri UltraChrome Pro12 ha permesso di mantenere la straordinaria vitalità cromatica dei disegni originali.

Nasce così un oggetto da collezione a tiratura limitata, un manufatto che ogni anno viene realizzato con cura e maestria: solo 800 copie numerate, dove ogni mese, così come ogni esemplare, è di fatto un originale.

Prima di Elisa Macellari, altri due importanti illustratori hanno avuto il privilegio di lavorare per il calendario Epson: Gianluca Folì, nel 2021, oggi curatore della Collana dei Calendari dedicati agli illustratori, e Marco Goran Romano che ha realizzato il Calendario 2022.

Contatto con alimenti, valutare il rischio

Il mercato richiede prodotti che siano sostenibili. È però essenziale ricordarsi che la sostenibilità non deve mai compromettere la sicurezza. Accanto a eco-design e studi di LCA, il settore ha un alleato nella prevenzione attraverso analisi di laboratorio, anche con approcci innovativi.

La sostenibilità del prodotto è tra gli obiettivi principali delle aziende. Esistono però esigenze normative da rispettare e aspetti pratici da tenere in considerazione, tra cui la sicurezza del consumatore finale, che deve essere garantita sempre; un aspetto da valutare anche in fase di analisi. Proprio della valutazione del rischio di materiali a base cellulosica e di indagini su sicurezza, composizione e conformità al loro utilizzo finale ha parlato al Congresso Aticelca 2022 Marinella Vitulli, owner&director di Food Contact Center.

Il concetto di sostenibilità

Per verificare e provare la sostenibilità ambientale di un prodotto esistono diversi schemi, a partire da quelli creati dalla Commissione europea sino alle linee guida approntate dal mondo industriale, le PCR (product category rules) ovvero quell’insieme di regole e requisiti per lo sviluppo di EPD, le dichiarazioni ambientali di prodotto. Per chi è deputato a effettuare analisi, uno strumento ideale è la valutazione del ciclo di vita o LCA (life cycle assessment), secondo le norme ISO 14040 e ISO 14044.

In ambito di economia circolare, tra le azioni della cosiddetta “Regola delle 5 erre” per giungere a un modello di economia a zero sprechi – ridurre, riutilizzare, riciclare, raccogliere e recuperare –, quella che dimostra di avere il maggiore impatto ambientale è il riciclo, ma il tema diventa particolarmente delicato quanto si entra nell’ambito di utilizzo di materiali riciclati per alcuni tipi di prodotto, soprattutto quando devono andare a contatto con gli alimenti.

«Se consideriamo un oggetto di cellulosa vergine o realizzato con un materiale riciclato, dobbiamo comunque considerare che la sicurezza è un must. Nel contatto con alimenti l’articolo 3 del Regolamento quadro – Reg. CE n. 1935/2004 – dispone che l’oggetto non deve costituire pericolo per la salute umana, comportare modifiche dell’alimento o anche semplicemente modifiche sensoriali». Questa è la regola generale che si applica a tutti i manufatti cartari, però occorre poi capire come dimostrare la conformità in base a regole specifiche. Ed è qui che la situazione si complica.

Da regole generiche a regole specifiche

Il problema principale è dato dal fatto che la carta non abbia un regolamento armonizzato europeo. Diventa quindi una via obbligata il dovere fare riferimento a «leggi nazionali, documenti prodotti dalle associazioni, piuttosto che a risoluzioni del Consiglio d’Europa». A tale proposito Food Contact Center – che è un laboratorio accreditato per effettuare le analisi Moca (materiali a contatto con alimenti) – ha sviluppato un proprio strumento denominato Matrix, «una matrice di regolamenti che permette di verificare, a livello europeo, tutti i Paesi che hanno una legge specifica per un dato materiale, in questo caso per carta e cartone. Lo strumento» spiega Vitulli «dimostra che la situazione è decisamente complicata, anche se, quando si parla di “alimentarietà” di un materiale, questa alla fine viene rappresentata dalla conformità alle leggi italiana, francese e tedesca».

Per alcuni aspetti la normativa sul food contact in Italia è molto più severa che in altri Paesi, «per quanto riguarda i materiali che contengono riciclato, il contatto può essere fatto solo con alimenti secchi» prosegue Vitulli. Questo implica che per il contatto con alimenti non secchi, per esempio la pizza, sia necessario avere solo materiali in pura cellulosa.

Diversa invece è la situazione in Francia «dove vi è un nutrito elenco di sostanze con limiti molto sfidanti, soprattutto per gli ftalati e i reticolanti. Vi è la possibilità di eseguire analisi anche tramite solventi e simulanti, però il confronto con la legge deve essere fatto relativamente alla migrazione all’interno dell’alimento».

La Germania, infine, si rifà alle BfR ovvero raccomandazioni – che nei fatti hanno valore di legge – nelle quali, per quanto riguarda i materiali riciclati, si riporta una tabella con i parametri delle varie sostanze. Anche in questo caso si può dimostrare la conformità con prove di migrazione all’interno dell’alimento.

Le analisi di laboratorio

Quando si procede ai controlli, il primo step consiste nelle prove estrattive sui campioni da analizzare. Una volta individuati i valori dei contaminanti, occorre valutare l’esposizione del consumatore. Solo dopo questi calcoli si può arrivare a dimostrare la conformità o meno del materiale. «Cerchiamo sempre di dimostrare la reale esposizione al consumatore» spiega Vitulli, «perché la sola presenza dei contaminanti di per sé non è sufficiente a dimostrarne la pericolosità per la salute umana, bisogna verificare se veramente esista il rischio e se ci sia una reale esposizione».

Il team di Food Contact Center ha eseguito di recente uno studio in collaborazione con il gruppo del CNR di Pisa e di Siena proprio in questo ambito. «La ricerca è stata effettuata su parametri analizzati in parallelo: il nostro gruppo ha eseguito le analisi su carta e cartone, mentre il gruppo del CNR su campioni biologici».

Innanzitutto è stato condiviso l’approccio analitico che sarebbe stato poi adottato.

«Per quanto riguarda i contaminanti organici si è trattato di analizzare sostanze volatili, semi volatili e non volatili, con la tecnica GC/MS gascromatografia-spettrometria di massa, mentre per i contaminanti tipici di carta e cartone, volatili e non volatili, è stata utilizzata la tecnica liquido-cromatografica».

La difficoltà nell’uso di questa tecnica, soprattutto in ambito di screening, è l’assenza sul mercato di librerie. «Nel 2018» precisa Vitulli «con la collaborazione della società Sciex e sotto la supervisione del CNR di Pisa, abbiamo portato avanti la costruzione di una libreria – nostro progetto già da alcuni anni – poi pubblicata e distribuita nel 2020».

La libreria si basa sulla tecnica LC Q TOF ed è costantemente implementata. Al momento raccoglie 12mila sostanze contaminanti di materiali in carte e cartoni – sia a contatto con alimenti sia non –, oltre ad altre 1.700 sostanze caratterizzate anche da tempo di lievitazione e massa/massa.

I risultati ottenuti

Le analisi effettuate su campioni di carta e cartone – sia di carte vergini sia di carte riciclate – si sono concentrate sulla presenza di ftalati analizzati in gasmassa e di bisfenoli analizzati in liquidomassa. I risultati ottenuti, spiega Vitulli, hanno mostrato come «circa il 10% di campioni di pura cellulosa avesse questi contaminanti come contenuto, mentre per i campioni in carta riciclata i valori fossero molto più alti: più del 90% degli stessi ha registrato la presenza di queste sostanze».

«Con la tecnica di screening abbiamo potuto anche investigare la presenza di altri contaminanti, che sono stati riconosciuti grazie al nostro database».

Le prove eseguite su campioni biologici da parte del CNR hanno evidenziato, invece, «soprattutto la presenza di metaboliti e biftalati all’interno dei campioni di urina».

Questo studio ha dimostrato che i contaminanti effettivamente sono ingeriti dall’uomo, con un indubbio impatto biologico; tuttavia occorre considerare un aspetto importante, «stiamo parlando di contaminanti ubiquitari» precisa la direttrice «e ciò significa che l’esposizione degli esseri umani nasce dalla combinazioni di più fattori e non è detto che questa assunzione derivi dal manufatto cartario».

Il passaggio successivo dello studio, quindi, è stato di cercare di capire se effettivamente le sostanze riscontrare nelle prove di estrazione corrispondessero a una reale migrazione.

Le prove sono state fatte sui bisfenoli con solventi estrattivi e i risultati poi sono stati pubblicati in una tesi svolta in collaborazione con l’Università di Firenze. Ma non è tutto, la prova di migrazione di bisfenoli all’interno della pizza – effettuata attraverso un’analisi di migrazione all’interno dell’alimento accreditata da Food Contact Center con Accredia – ha dimostrato come la migrazione non ci sia. In pratica gli stessi campioni risultati non conformi con i test con solventi estrattivi sono risultati invece conformi al test di migrazione nell’alimento. Un dato raggiunto anche quando il campione è stato sottoposto a condizioni fortemente peggiorative – per esempio il provino in cartone è stato scaldato in forno per 24 ore.

«Con questo approccio i risultati mostrano che la migrazione non c’è, anche perché i bisfenoli sono sostanze pesanti e quindi è veramente difficile che riescano a migrare. Diversa la situazione per gli ftalati che, invece, un po’ di migrazione l’hanno fatta registrare, però sempre nel rispetto dei limiti di legge».

Un altro parametro che gli analisti hanno considerato e che è previsto dal BfR tedesco riguarda l’analisi dell’alluminio. «Anche in questo caso abbiamo eseguito la migrazione nell’alimento – l’anno scorso abbiamo accreditato Accredia anche le migrazioni di alluminio e di ferro all’interno dell’alimento. Anche in questo caso, per gli stessi campioni che davano la non conformità siamo riusciti a dimostrare la conformità».

Prevenire è meglio che curare

La prova di conformità tramite l’approccio di analisi all’interno dell’alimento non è però sempre consentita dalla legge. Per questo motivo Food Contact Center, sempre in collaborazione con il CNR, ha validato un metodo Fast di screening concentrato sui principali contaminanti e soprattutto sulla presenza di sbiancanti, sostanze normate dalla UNI EN 648:2019. «Considerando quindi che per gli sbiancanti si deve necessariamente applicare questa norma, può essere utile in fase preventiva sapere se ci sia già, all’interno del materiale che poi andrà come componente di riciclo, una certa quantità di imbiancanti, per di più tenendo conto che successivamente la cartiera andrà ad aggiungerne altri. Per questo motivo» spiega Vitulli «abbiamo realizzato un metodo di screening e una specifica libreria di sostanze imbiancanti» che potranno essere molto utili ai produttori di carta.

«Dunque si può lavorare sulla prevenzione, ricordando sempre che, in ambito cartario, il ricorso al riciclo è molto vantaggioso, ma la sostenibilità non può compromettere la sicurezza e per dimostrare quest’ultima possono esserci approcci tradizionali e approcci innovativi che vadano a valutare le possibilità della legge».

Grande formato, come preparare le immagini

La risoluzione ottimale nella stampa grande formato è sempre un tema caldo, per certi versi forse di più di quanto non lo sia quello della risoluzione tout court. Vi diciamo noi come fare ad affrontarlo correttamente.

Non di rado sui diversi gruppi sui social ci si imbatte in una domanda periodica ricorrente del tipo: «Devo realizzare un grande formato di dimensioni XY (generalmente un 6×3, ma c’è di tutto), come devo preparare il file?». E generalmente qui piovono interventi con dati più o meno corretti, a volte decisamente fantasiosi, basati molto spesso sull’esperienza di chi risponde che, nonostante possa anche essere pluriennale, non genera necessariamente risposte correttamente strutturate.

Alcune risposte sono perfettamente coerenti, ma per chi ha posto la domanda sono solo una parte di quelle ricevute, difficile pertanto scremare indicazioni e dati anche molto contrastanti.

In questa sede affronterò quindi la questione con un approccio un po’ diverso da quanto già fatto in precedenza partendo da questi aspetti:

  • Quali dimensioni finali sono da considerare grande o grandissimo formato
  • Come determino la risoluzione ottimale dei contributi raster, immagini o trasparenze convertite che siano
  • Come mi comporto con gli elementi di natura vettoriale, testi compresi
  • Quali limiti presentano in questo contesto i classici applicativi e i formati di file
  • Ricampionare, serve davvero oppure no?
  • Come mi devo relazionare (e accordare) con il fornitore di stampa.

Le dimensioni del grande formato

La questione non ha una risposta univoca, per comodità si può considerare grande formato un supporto con dimensioni superiori all’A2 o al 50×70, anche se non c’è un vero e proprio valore soglia che faccia da spartiacque. Per chi opera abitualmente nell’editoria tradizionale anche un 35×50 può essere considerato più grande del solito, mentre per chi opera abitualmente nei formati molto più grandi queste dimensioni non vengono considerate interessanti.

Di certo l’evoluzione dei sistemi di stampa degli ultimi 30 anni ha reso via via più accessibili formati come A3+ e SRA3 anche alla fascia consumer, e i formati più grandi su plotter fino all’A0+ di qualità fotografica (indipendentemente dalla tecnologia) si possono ben trovare intorno ai 1500 € (a salire, e di parecchio anche).

La maggior diffusione di questi formati anche negli ambienti consumer e prosumer ha diffuso la problematica di come preparare correttamente i file di progetto, in parte per le diverse logiche di progettazione grafica vera e propria (che non tratteremo) e in parte per i megapixel necessari per avere risultati raster ottimali.

In sintesi: ho sempre letto che per l’alta qualità di stampa servono 300 ppi, li considero anche per un manifesto 100×140? La risposta è “generalmente no, ma dipende”, e la affrontiamo nel prossimo paragrafo.

La risoluzione nel grande formato

Se una risoluzione di 300 PPI è didatticamente e tradizionalmente indicata per risultati ottimali (non DPI, parliamo di Pixel, non di Dot, cioè punti stampa, abbiamo sviscerato la questione nel nostro speciale sulla Risoluzione), nel mondo reale le eccezioni si sprecano, con valori anche superiori o molto inferiori a seconda dei casi, con riferimenti esotici a 72, 96 o altri numeri magici.

Tralasciando il fatto che cliccando su “stampa” solitamente qualcosa prima o poi esce, concentriamoci su come ragionare per impostare i valori corretti massimizzando la qualità e ottimizzando tempi e dimensioni dei file.

Il primo discriminante nella determinazione della risoluzione di riferimento è la distanza di visione a cui deve essere visto lo stampato: se la distanza è intorno ai 20/30 cm allora si possono considerare valori di anche 400 PPI (per ora tralasciamo la possibilità di riprodurli adeguatamente in stampa, dove generalmente il limite di 300 o 360 PPI è un tetto oltre il quale i dati vengono scartati), mentre se tale distanza è di 10 metri o più allora un valore soglia di 10/15 PPI può essere ancora accettabile.

Questi numeri si possono e si devono ricavare a partire dal potere risolvente dell’occhio umano medio, a sua volta fisiologicamente determinato dai fotorecettori presenti nella fovea: noi possiamo risolvere un dettaglio minimo corrispondente, semplificando, ad un angolo di visione di 1’ di grado.

Cosa comporta questo? Che a distanze ravvicinate un arco sotteso ad 1’ di grado sarà molto piccolo, mentre a distanze elevate avrà ovviamente misure maggiori, facciamo qualche esempio.

A 1 metro di distanza un arco di questa ampiezza corrisponde a 0,29 mm circa (per approssimazione si può fare il calcolo della circonferenza di raggio 1 metro e divisione del risultato per 360 e per 60), quindi il dettaglio più piccolo che possiamo correttamente definire sarà di poco inferiore ad 1/3 di mm, e questa è definita come acutezza di risoluzione. Questo non significa che non possiamo percepire qualcosa di più piccolo, anzi, possiamo percepire l’esistenza di oggetti anche 10 volte più piccoli, semplicemente non li possiamo mettere a fuoco e identificare in modo netto, e questa è la cosiddetta acuità di visibilità.

C’è un terzo tipo di acuità visivo che però difficilmente viene chiamata in causa con le immagini raster, l’acutezza di allineamento, che diventa invece potenzialmente critica con gli elementi vettoriali, per questo ne parleremo meglio nel prossimo paragrafo.

Traducendo in risoluzione il ragionamento delle righe sopra si deduce che a 1 metro di distanza la risoluzione limite è di 2,54 cm/0,29 mm, che dà circa 87 PPI.

Quindi questo valore è obbligatorio per tutti gli elementi raster osservati da non meno di 1 metro? Naturalmente no, è un’indicazione di soglia, più propriamente un intorno, da considerare come riferimento sotto al quale la qualità dell’immagine risulta di scarsa qualità, tanto più percepibile quanto più se ne discosta.

La proporzione a partire da questo valore è lineare, vale a dire che:

     ⁃            a 2 metri la risoluzione soglia è 87/2 (circa 44 PPI)

     ⁃            a 10 metri è 87/10 (circa 9 PPI)

     ⁃            a 50 cm è 87/0,5 (circa 175 PPI)

     ⁃            a 29 cm è 87/0,29, cioè 300 PPI, valore mediamente ottimale per gli elementi raster su prodotti stampati da tenere in mano, a distanza generica di lettura.

A margine di quanto sopra le risoluzioni video dei cellulari o dei tablet raggiungono PPI molto superiori ai soliti 300, che possono arrivare anche oltre i 500 PPI, questo per 2 motivi: il primo è che vengono guardati a distanza anche inferiori ai 20 cm (per chi ci riesce, tipicamente i giovanissimi, che poi avranno rapidamente bisogno di occhiali da vista per tutta una serie di conseguenze), il secondo è che la sensazione generale di dettaglio ne trae comunque giovamento, anche se il pixel non è comunque più identificabile intorno ai 400 PPI.

Tornando alle nostre immagini per il grande formato: se quelle da rappresentare sono ricche di dettagli sottili (microdettagli) e/o tessiture geometriche facilmente riconoscibili con contrasti forti, allora è bene aumentare la risoluzione, anche del doppio o triplo, perché la nostra risoluzione di allineamento (o di nonio) permette di percepire disallineamenti (come l’aliasing) anche molto piccoli.

Viceversa, nelle immagini con volumi plastici di grandi dimensioni, privi o quasi di alte frequenze (microdettagli), ci si potrà anche accontentare di valori inferiori, senza compromettere significativamente la visualizzazione.

Detto questo avrebbe ancora senso ostinarsi a usare, supponiamo, un’immagine da 6×3 m a 300 PPI?

Se non è un problema gestire oltre 2,5 gigapixel di immagine allora si può procedere, con tutte le conseguenze di richiesta hardware e tempi di elaborazione che questa strada comporta. Viceversa, se si opera in contesti diversi dalla fantascienza allora si deve fare i conti con l’efficientamento dei tempi e dei costi di produzione, quindi conoscere il ragionamento opportuno per la scelta del miglior compromesso diventa fondamentale, oltre che necessario.

Ci sono contesti dove la risoluzione deve essere mantenuta a valori molto elevati nonostante le dimensioni fisiche dello stampato?

Certamente sì, alcuni legati al mondo delle riproduzioni d’arte (Haltadefinizione o Factum Arte, giusto per citarne un paio), e altri legati a esigenze specifiche come potrebbero essere le gigantografie di luxury brand (fashion, gioielli…) esposte in zone di passaggio con distanza di visione ben al di sotto del metro.

Altri esempi particolari possono essere le mappe dei parchi divertimenti, tendenzialmente ricche di dettagli e illustrazioni, che invitano l’osservatore ad avvicinarsi molto nonostante le dimensioni dello stampato possano anche superare i 2 metri.

L’elenco potrebbe continuare ma il principio portante dovrebbe essere già chiaro.

In questo esempio abbiamo stimato delle dimensioni plausibili (non importa che siano esatte per quanto segue) per rispondere al quesito pratico «che risoluzione deve avere l’immagine del cellulare?»

Tra l’osservatore e il soggetto rappresentato possiamo considerare un minimo di 5 m, il che suggerisce un valore soglia di 18 PPI. Ci sono dettagli da considerare? Si, non molti ma sono fondamentali. Il prodotto può “tollerare” rappresentazioni meno che ottime? Direi di no. Sulla base di queste considerazioni il valore soglia deve essere aumentato, personalmente andrei anche a 50 PPI per stare tranquillo, anche se è decisamente sovrabbondante. L’immagine utile avrebbe circa 1,3 gigapixel, ottenibile da uno scatto singolo di una mirrorless di fascia alta, o, molto più improbabilmente, da un render.

Gli elementi vettoriali

Dal punto di vista della risoluzione qui siamo piuttosto tranquilli, data la loro ben nota scalabilità le dimensioni finali non rappresentano un grosso ostacolo. Ci sono però un paio di considerazioni da fare, una riguarda il processo di conversione delle trasparenze e una il (vecchio) limite dei circa 5 m sui PDF. Il processo di conversione delle trasparenze subentra quando negli applicativi introduciamo variazioni di trasparenza sugli elementi, con l’aggiunta di ombre, bagliori, metodi di fusione ecc…

In questi casi, se si sceglie per l’esportazione la versione 1.3 di PDF, l’elemento vettoriale può passare per un processo ROOM (Render Once Output Many) di rasterizzazione preliminare in cui entra in gioco il valore di rasterizzazione nella conversione delle trasparenze, un valore basso qui rischia di compromettere il risultato di stampa.

Il limite dei 5 metri invece è frequente per i PDF conformi al primo standard ISO 32000, in cui la dimensione limite è 14.400 PDF units in ogni direzione.

Una PDF unit corrisponde a 1/72 di pollice (quindi a 1 punto tipografico, 0,35 mm), e tradotto significa 0,35 mm x 14.400= 5040 mm

Si può anche non rispettare lo standard di cui sopra, in quel caso le dimensioni possono essere maggiori, ragion per cui un modo per “aggirare” questo limite era (è) quello di esportare in EPS a dimensioni reali e poi distillare un PDF ad hoc.

Anche per i testi, notoriamente vettoriali, vale la pena spendere due parole: fino a poco più di un anno fa tutti gli applicativi Adobe potevano gestire font di corpo fino a massimo 1296 punti (circa 45 cm tra spalla inferiore e superiore), e anche in altri applicativi di Desktop Publishing mi risulta ci sia questo vincolo, superato solo da Illustrator 24.2 che lo ha decuplicato.

Per testi più grandi (raro, ma possibile) bisognava ingrandire il testo manualmente, oppure convertirlo preventivamente in tracciati e a quel punto gestirlo come un oggetto vettoriale qualsiasi.

Personalmente non ritengo particolarmente critico quest’ultimo aspetto, ma per onor di cronaca era giusto riportarlo.

I limiti degli applicativi e dei formati dei file

Per la preparazione di file con dimensioni fisiche molto grandi è bene considerare che anche gli applicativi e i formati di esportazione presentano dei limiti, alti certo, ma ci sono.

L’unico applicativo Adobe in grado di eccedere il vecchio limite di cui ho parlato nel paragrafo precedente è Illustrator, che dalla versione 24.2 del maggio 2021 ha decuplicato i limiti lineari della sua area di lavoro, passando da 227 pollici (576,58 cm) a 2270 pollici (oltre 57 m di lato), mentre Affinity Designer già da prima offriva un limite di 21,6 m. Indesign ha un limite per singola pagina pari a 216 pollici di lato (5,48 m) che in combinazione con la possibilità di affiancare fino a 10 pagine offrirebbe un massimo di 54,86 metri complessivi, può funzionare egregiamente ma personalmente non userei Indesign in questo modo.

Con Photoshop questi limiti ha più senso esprimerli in pixel anziché in cm, dato che la risoluzione permette di stabilire la densità di pixel per misura fisica e un’immagine di 100 pixel a 1 PPI sarebbe già oltre i 2 metri e mezzo senza per questo risultare usabile (a meno di non volere 1 mosaico).

Il suo primo limite è di 30.000 px su almeno una delle due misure, ed entro questo valore per esportarlo possiamo usare parecchi formati immagine, il suo secondo limite è di 300.000 px su almeno un lato, e in questo caso per esportarlo disponiamo solo dei formati PSB, PNG, TIFF e WEBP.

Sono valori decisamente elevati per un’immagine: 30.000 pixel a 300 PPI corrispondono a 2,54 m, e per 300.000, beh… sono 90 gigapixel e passiamo i 25 m, sempre a 300 PPI…

Per quanto possano sembrare tanti, e lo sono, considerate che l’immagine digitale più grande al momento risulta essere la riproduzione de “La ronda di notte” di Rembrandt, una composizione di 8.439 immagini da 100 Mpixel cad, per totali 717 gigapixel, Photoshop non la gestirebbe neanche pregando.

Infine resta l’interrogativo di come esportare file grafici così grandi: PDF è una buona scelta, a patto di usare la versione 1.6 o superiore, invece dall’1.5 o precedenti tutto quello che eccede i 227 pollici verrà scalato fisicamente di un fattore 10.

Questa proporzione nel ridimensionamento è un metodo manuale molto usato da chi si occupa di file grandi, e in generale funziona: per un 6×3 in formato immagine si può dimezzare la misura fisica e raddoppiare la risoluzione, sarà poi lo stampatore a “proiettare” il file raddoppiando le misure lineari.

Anche pannellizzare il file principale in file più piccoli può essere una soluzione, e i modi per farlo sono molteplici.

Se si vuole seguire questa strada bisogna ricordarsi di prestare attenzione alle disattivazione delle impostazioni di downsampling (per immagini superiori a xxx PPI) del file PDF: scalando di un fattore 10 le dimensioni e moltiplicando per 10 la risoluzione, che lascia di fatto tutti i dati digitali intatti, si potrebbe subire un ricampionamento automatico verso il basso perché il valore in ingresso risulterebbe elevato, ad esempio da 300 ppi a 3000 ppi con dimensioni fisiche ridotte a un decimo.

Un dettaglio della Ronda di notte, acquisito in modo tale da restituire sostanzialmente la stessa sensazione di dettaglio del dipinto originale. Tali dettagli sono visibili a distanza molto ravvicinata, mentre da distante il nostro occhio non è in grado di percepirli

Ricampionare, si o no?

Considerando tutto quello di cui si è parlato nelle righe sopra è logico farsi prendere dalla tentazione di ingrandire le eventuali immagini per avere più pixel a disposizione, ma a conti fatti, serve davvero?

Il ricampionamento è un processo di calcolo che genera informazioni fittizie a partire dalle informazioni di partenza, in sostanza genera dettagli che prima non c’erano sulla base dei dettagli originari. Gli algoritmi che operano questi calcoli sono molteplici, e negli ultimi tempi è esploso l’apporto dell’intelligenza artificiale che consente di ricostruire la realtà con elementi davvero realistici, anche se non reali. Dell’intervento dell’AI traggono giovamento soprattutto alcuni soggetti, ad esempio i volti, mentre altri che non vengono considerati importanti non trovano riscontri nelle banche dati mondiali da cui dovrebbero venire rigenerate. Il risultato finale potrebbe presentare aree positivamente ri-dettagliate in contrapposizione ad aree poco definite, restituendo nel complesso un risultato non omogeneo, e questo potrebbe avere un indesiderabile effetto boomerang.

In sintesi: se un ricampionamento è ben eseguito e controllato può essere una buona operazione a patto di non chiedere l’impossibile.

L’immagine sottostante è stata ricampionata verso il basso al 20% della sua dimensione originale, poi è stata nuovamente ricampionata verso l’alto del 500%, in 5 modi diversi. Questa comparativa semplificata replica la logica delle GAN (Generative Adversarial Network) dove due sistemi automatici (i.e. computer) comparano l’efficacia degli algoritmi di interpolazione rispetto agli originali, migliorandoli passo passo. Al di là dell’evidente qualità di alcuni algoritmi rispetto ad altri, visibile soprattutto nel dettaglio dell’occhio, è chiaro che nell’immagine più grande (che qui è comunque un ritaglio di un’immagine ben più grande) tali differenze sono molto meno evidenti. Questo è ciò che succede all’aumentare della distanza di visione

I rapporti con lo stampatore

L’obiettivo principale del progetto grafico tout court è quello di restituire al cliente un prodotto di qualità adeguata, possibilmente molto elevata, per questo, al di là della teoria ottimale bisogna evitare contrasti tra i vari professionisti coinvolti nel processo produttivo, e fare in modo che tutto funzioni.

Questo aspetto non è secondario, e confrontando le specifiche (a volte contrastanti) richieste da molti service di stampa, online e non, o le risposte nei vari gruppi social, sorgono inevitabilmente forti interrogativi su chi sia attendibile e chi no.

Purtroppo la teoria strutturata non sempre è conosciuta o condivisa da tutti, ma fortunatamente ci sono buoni margini di approssimazione che spesso consentono di ottenere un risultato accettabile “perdonando” gli errori sui numeri.

Il sistema percettivo umano è fortemente adattativo, ed essendo naturalmente portato a ricostruire le informazioni mancanti sulla base di continui campionamenti del campo visivo può essere “accontentato” bilanciando oculatamente vari artifici ottici, come le varie maschere di nitidezza o l’aggiunta di disturbo.

K 2022, successo per la partecipazione di Ulmex al fianco di Zecher

Grande interesse a K 2022 per il debutto in anteprima mondiale della nuova release di Evolux presentata da Ulmex in collaborazione con lo storico partner Zecher. Disponibile in tre modelli, diversificati per luce, potenza e velocità, tutti con certificazione Industry 4.0 ready, la nuova Evolux è contraddistinta da design ergonomico, inedita funzione Speedy Clean, grande versatilità e idoneità all’utilizzo intensivo 24/7. Durante la manifestazione fieristica l’innovativo concept per la pulizia laser degli anilox ingegnerizzato da Ulmex ha catalizzato l’attenzione di clienti e prospect, con i quali sono già state avviate numerose trattative. Un successo coronato dalla vendita della macchina in mostra allo stand, acquistata da un’azienda tedesca presso cui verrà installata nelle prossime settimane. “Nel corso della kermesse abbiamo avuto modo di confrontarci con operatori provenienti da tutto il mondo”, commenta Angelo Maggi, amministratore di Ulmex Italia. “Un dialogo che ha confermato la validità della tecnologia laser che abbiamo messo a punto”.

Tra le caratteristiche della nuova Evolux che hanno destato l’interesse dei visitatori di K, prima fra tutte la sostenibilità ambientale, una tematica particolarmente sentita non solo dagli stampatori europei, ma anche dai numerosi operatori provenienti da mercati emergenti, come India e Cina. In questo senso, l’esclusiva sorgente laser a impulsi che rappresenta il cuore tecnologico di Evolux è l’unica soluzione realmente “green” per la pulizia degli anilox, in quanto non richiede l’impiego di solventi chimici, detergenti, bicarbonato o altre sostanze inquinanti. Inoltre, la nuova release di Evolux è stata potenziata per migliorare ulteriormente i livelli di efficienza, con l’obiettivo di garantire significativi vantaggi in termini di ottimizzazione dei processi, riduzione dei consumi, anche energetici, e contenimento dei costi di produzione.

Altro plus di Evolux particolarmente apprezzato, la possibilità di attuare un processo di controllo analitico e strutturato finalizzato alla gestione ottimale dell’interno parco anilox aziendale. Un approccio innovativo, che va oltre la pulizia fine a se stessa, orientato al raggiungimento di nuovi livelli di qualità ed economicità nella gestione di qualsiasi tipologia di anilox, sia ceramici sia cromati, sia sleeve sia rulli. Ciò è possibile grazie al lavoro congiunto del microscopio 3D, integrato direttamente nella macchina, e del software proprietario di processo DAM (Dynamic Anilox Management). Il microscopio, infatti, permette di effettuare accurate misurazioni il cui output sono informazioni che vengono successivamente elaborati dal software, dando vita a una banca dati funzionale al monitoraggio continuo e puntuale del parco anilox in ottica di manutenzione predittiva. Ciò permette di valutare caso per caso se procedere con la pulizia oppure se pianificare la rigenerazione, garantendo una corretta manutenzione degli anilox e allungandone il ciclo di vita.